È uno di quei film che non urlano, ma restano addosso: Still Life, firmato da Uberto Pasolini e interpretato da Eddie Marsan e Joanne Froggatt, torna questa sera in tv alle 21:39 su TV2000. Un dramma silenzioso, ambientato nella periferia di Londra, che parla di solitudine, dignità e redenzione. Presentato alla 70ª Mostra del Cinema di Venezia, dove ha conquistato una pioggia di riconoscimenti e commosso pubblico e critica, è oggi considerato un piccolo capolavoro del cinema europeo contemporaneo. In un’epoca in cui i film corrono, Still Life sceglie di camminare piano. Ogni scena è una pausa, ogni gesto pesa e ogni silenzio racconta. E nel mondo di John May, protagonista assoluto, la lentezza diventa quasi una forma di amore.
John May lavora per il Comune. Il suo compito è semplice e terribile: rintracciare parenti o amici di chi muore da solo. Organizza funerali, scrive necrologi, sistema fotografie. Tutto con una precisione quasi sacra. Nessuno gli chiede di farlo, ma lui lo fa. Perché crede che ogni vita, anche la più dimenticata, meriti rispetto. La sua è una routine senza suoni. Casa, ufficio, archivio. Poi, all’improvviso, la crisi economica lo travolge. Il suo posto viene tagliato. L’ultimo caso che deve seguire riguarda Billy Stoke, un uomo solo e alcolizzato. Sembra una pratica come tante, ma non lo è. Nella sua indagine, John incontra Kelly Stoke – interpretata da Joanne Froggatt – la figlia che Billy aveva abbandonato. Da quel momento, qualcosa si incrina. L’uomo che viveva tra fantasmi comincia, per la prima volta, a sentire di nuovo la vita pulsare.
È un film sul confine tra l’esistenza e l’assenza. Tra chi resta e chi non è mai stato notato. E quando il destino, in un epilogo struggente, ribalta i ruoli, lo spettatore non può fare a meno di commuoversi. La scena finale – con le “anime” dei defunti che si riuniscono attorno alla tomba di John – è un colpo al cuore. Una delle più poetiche mai viste nel cinema europeo recente.
Still Life non ha effetti speciali, non ha clamore. Eppure ha tutto. È un film che parla a chiunque si sia sentito invisibile almeno una volta. Uberto Pasolini, già produttore di Full Monty, costruisce un racconto sobrio e intimo, girato con la fotografia morbida di Stefano Falivene, premiata con il Globo d’Oro. Ogni inquadratura sembra una “natura morta”, ma dentro quelle immagini si muove la vita, fragile e silenziosa. Al Festival di Venezia ha raccolto riconoscimenti prestigiosi: Premio Orizzonti per la miglior regia, Premio Pasinetti, Premio CIVITAS VITAE e Premio CICAE. Poi il Golden Puffin al Reykjavík International Film Festival. Una cascata di applausi per un’opera che non cerca il pubblico, ma lo trova nel cuore di chi resta seduto fino ai titoli di coda.
La storia nasce da un fatto vero. Pasolini, leggendo un articolo sui funzionari municipali incaricati di occuparsi dei funerali delle persone senza parenti, ha deciso di raccontare l’umanità nascosta dietro una burocrazia spesso fredda. Così ha trasformato un lavoro dimenticato in un atto di poesia civile. Al botteghino ha incassato poco più di 1,4 milioni di dollari, ma il suo valore non si misura in numeri. È diventato un film di culto nei circuiti d’essai e un riferimento per registi che cercano la semplicità come forma di bellezza. Oggi è citato nei corsi di regia per la sua capacità di “fare emozione con il vuoto”.
In un panorama dominato da rumore e velocità, Still Life ricorda che la gentilezza è ancora possibile. Che la dignità non è un lusso. E che, anche quando nessuno ci vede, la vita merita rispetto. Guardarlo significa prendersi una pausa, respirare e forse – per un istante – sentirsi meno soli. “Still Life” va in onda stasera su TV2000 alle 21:39. Non aspettarti azione. Aspettati verità. Perché certe storie non si guardano: si ascoltano in silenzio, come una preghiera.
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