C’è chi lo guardò al cinema nel 1999 e ne uscì con la sensazione di aver assistito a qualcosa di mai visto prima: c’è chi lo scoprì anni dopo, su un DVD consumato o su una piattaforma digitale tipo Netflix, e ne rimase folgorato. Ora Matrix, il film che ha cambiato per sempre la fantascienza, lascia il colosso dello streaming il 31 ottobre. Un addio che profuma di nostalgia e grandezza.
Diretto da Lana e Lilly Wachowski, “Matrix” è un viaggio che mescola azione, filosofia e ribellione. Al centro c’è Thomas Anderson, programmatore e hacker tormentato, interpretato da un magnetico Keanu Reeves. Di giorno vive in un mondo di apparenze. Di notte, cerca la verità. Finché incontra Trinity (Carrie-Anne Moss) e Morpheus (Laurence Fishburne), due figure destinate a cambiare il suo destino. Da quel momento nulla sarà più lo stesso: Neo scopre che la realtà è solo una simulazione creata dalle macchine. L’umanità intera è prigioniera in una rete artificiale chiamata Matrix. Lui è “l’Eletto”, colui che può spezzare le catene e risvegliare il mondo. È una storia di libertà e consapevolezza, di dubbi e risposte che ancora oggi risuonano potentissime. La scelta tra la pillola rossa e quella blu è diventata un simbolo universale: il coraggio di vedere la verità, anche quando fa male.
“Matrix” non è solo una trama mozzafiato. È una rivoluzione visiva e concettuale. Il celebre bullet time — le scene al rallentatore in cui il tempo si piega — ha ridefinito l’estetica del cinema d’azione. Ogni inquadratura, ogni movimento di camera, ogni combattimento è studiato come una coreografia perfetta, ispirata ad anime giapponesi e arti marziali orientali. Ma dietro lo spettacolo c’è anche la riflessione: cos’è reale? Siamo liberi o solo convinti di esserlo? Le Wachowski intrecciano filosofia, teologia e cultura hacker in un racconto che parla di identità, controllo e rinascita. Col tempo, il film è stato letto anche come metafora della transizione personale e del coming out, legata al percorso delle registe.
Uscito nel 1999, “Matrix” conquistò pubblico e critica. Vinse 4 Premi Oscar: Miglior Montaggio, Miglior Sonoro, Miglior Montaggio Sonoro e Migliori Effetti Speciali. Fu un trionfo tecnico e artistico. Con un budget di 63 milioni di dollari, incassò oltre 467 milioni nel mondo, aprendo la strada ai due sequel — “Reloaded” e “Revolutions” — e a una saga che ancora oggi ispira cineasti e filosofi digitali. “Matrix” ha influenzato film, serie, videogiochi e perfino la moda. Le sue immagini in verde e nero, gli occhiali scuri, i lunghi cappotti di pelle sono diventati icone culturali. E la sua domanda centrale — “che cos’è la realtà?” — continua a tornare nei dibattiti sull’intelligenza artificiale e sul metaverso.
È raro che un film riesca a restare così vivo dopo più di vent’anni. “Matrix” ci è riuscito. Ogni generazione lo guarda e lo interpreta a modo suo. Ma dal 31 ottobre, il cult uscirà dal catalogo Netflix. Restano pochi giorni per rivivere le scene che hanno riscritto la storia del cinema. Chi non l’ha mai visto ha davanti un’occasione imperdibile. Chi lo conosce a memoria può goderselo ancora una volta, prima del suo silenzioso addio. Perché certi film non invecchiano: si aggiornano dentro di noi. “Matrix” è in streaming su Netflix fino al 31 ottobre.
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