Stasera in tv su Rai 5 l’ultimo film di Robin Williams: un addio silenzioso che spezza il cuore.
Boulevard, il film in onda stasera su Rai 5, è molto più di un semplice dramma indipendente. È l’ultimo sussurro cinematografico di Robin Williams, un addio intimo e struggente che sembra scritto per raccontare la malinconia che lo avrebbe accompagnato fino alla fine. Diretto da Dito Montiel nel 2014, il film racconta la storia di Nolan Mack, un uomo intrappolato in una vita che non gli appartiene, e diventa così una metafora potente della ricerca di sé, del coraggio di dirsi la verità anche quando è troppo tardi. Fin dai primi minuti, Boulevard si percepisce come un film “silenzioso”. Non ha grandi colpi di scena, non cerca l’applauso, ma parla piano, come farebbe chi ha imparato che la verità non sempre libera: a volte, semplicemente, ferisce meno della menzogna. Nolan, interpretato da un Williams che sembra spogliato di ogni maschera comica, vive un’esistenza ordinaria, fatta di routine e piccole bugie quotidiane.
Lavora in banca, torna a casa da una moglie affettuosa ma distante (una convincente Kathy Baker) e trascorre le notti in solitudine. Quando incontra Leo (il giovane Roberto Aguire), la sua vita cambia direzione: non per passione, ma per il bisogno disperato di sentirsi ancora vivo. È qui che la performance di Robin Williams diventa un testamento artistico. L’attore, che per decenni aveva fatto ridere milioni di persone con la sua energia travolgente, in Boulevard si ferma. Non recita, respira. Ogni sguardo è una confessione, ogni pausa un rimpianto. Non c’è nulla di teatrale nel suo Nolan: è un uomo fragile, che si aggrappa a un filo di speranza e, nel farlo, mostra tutte le crepe dell’anima.
Montiel costruisce intorno a lui un mondo grigio e ordinato, dove la luce sembra non entrare mai davvero. È una scelta estetica precisa: il regista lascia che la lente della macchina da presa diventi un filtro tra la realtà e il desiderio, accentuando la solitudine del protagonista. In questo contesto, Boulevard non è solo la storia di un uomo che scopre la propria identità sessuale in età adulta, ma anche il ritratto di un’intera generazione cresciuta nel silenzio, incapace di dichiararsi per paura del giudizio. La critica ha accolto il film in modo tiepido, ma col tempo Boulevard è diventato un titolo di culto. Non per la sua trama, né per la regia, ma per quello sguardo finale di Robin Williams, che sembra dire più di mille parole. Rivederlo oggi, conoscendo il destino dell’attore, trasforma ogni scena in un colpo al cuore.
È come se Williams avesse voluto lasciare al pubblico un ultimo messaggio: la libertà emotiva non è mai un fallimento, ma un atto di verità. Il film è anche una riflessione sull’amore non vissuto, sulla routine che anestetizza, e sulla necessità di riconoscere la propria autenticità. Boulevard non è un film da guardare distrattamente: va ascoltato, perché ogni silenzio pesa quanto una battuta. E quando scorrono i titoli di coda, resta un’unica sensazione: Robin Williams non se n’è mai davvero andato. In Nolan Mack ha lasciato il suo ultimo frammento di umanità, fragile e puro, come se avesse voluto consegnarci il suo addio più sincero.
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