Màkari e Blanca. Due fiction simbolo della Rai. Due protagonisti agli antipodi. Ma una sola serie che osa davvero. E che, nel farlo, dà una lezione memorabile.
Màkari 4 è tornato con la forza delle sue radici. Saverio Lamanna, interpretato da Claudio Gioè, ritrova la Sicilia luminosa e malinconica che il pubblico ama. Al suo fianco, l’immancabile Piccionello di Domenico Centamore e una Suleima (Ester Pantano) sospesa tra libertà e nostalgia. Eppure, mentre Rai 1 celebra il ritorno di una delle sue serie più popolari, un’altra fiction sta tracciando una nuova rotta. Blanca 3, con Maria Chiara Giannetta nei panni dell’investigatrice non vedente Blanca Ferrando, si spinge dove pochi avrebbero osato: dentro la fragilità, nel cuore del buio.
L’episodio del 20 ottobre, intitolato “Paura del buio”, segnerà un punto di svolta. Blanca dopo essere stata aggredita, si fermerà. Si allontanerà dal commissariato. Si ascolterà. È un gesto semplice, ma potentissimo. Un atto di verità che diventa simbolo di coraggio narrativo. È qui che Màkari riceve la sua lezione. Non per mancanza di valore, ma perché Blanca osa dove l’altra resta fedele a sé stessa. La differenza non è nella qualità, ma nel rischio. Nel mondo di Saverio Lamanna, ogni episodio è un ritorno. Nella Genova di Blanca Ferrando, ogni episodio è una rinascita. La prima fiction conforta, la seconda trasforma.
Blanca 3 è diventata la serie più intensa del momento. Rai Fiction e Lux Vide hanno scelto una direzione più cupa, più adulta, più sensoriale. Il risultato? Un racconto che parla al cuore prima che agli occhi. La regia gioca con il suono, con i respiri, con il silenzio. Ogni passo di Blanca è un’esperienza. Ogni scena è un’immersione emotiva. L’uso del buio non è più solo estetico: è una lingua nuova, una forma di percezione. Accanto a lei, Domenico Diele e Giuseppe Zeno mantengono viva la tensione sentimentale. Il loro equilibrio fragile regala sfumature inaspettate. E mostra quanto il piccolo schermo possa ancora raccontare l’amore senza cliché.
Màkari 4, invece, resta fedele al suo tono ironico e malinconico. Un giallo mediterraneo che profuma di mare, di memoria e di rimpianto. Bellissimo, ma prevedibile. Saverio osserva, riflette, scrive. Blanca vive, cade, si rialza. E in questa differenza si misura la forza delle due fiction. Il “dettaglio che fa la differenza” è proprio questo: la vulnerabilità come linguaggio narrativo. Blanca non teme di mostrare la paura. Màkari, forse, la nasconde dietro una battuta. Ma la televisione, oggi, premia chi sa emozionare in modo autentico.
Nel mondo affollato delle fiction Rai, Blanca 3 e Màkari 4 rappresentano due scuole di pensiero. Una guarda avanti, l’altra custodisce il passato. Ma solo chi evolve sopravvive. Con Maria Chiara Giannetta, Giuseppe Zeno e Matilde Gioli, la serie diretta da Nicola Abbatangelo ha superato i confini del giallo classico. Ha trasformato il dramma personale in un viaggio collettivo. E ha ricordato al pubblico che la diversità può essere una forza, non una barriera.
È questa la lezione che Màkari 4 incassa da Blanca 3: il coraggio di cambiare tono, ritmo e sguardo. Non basta raccontare bene, bisogna raccontare in modo nuovo. E Blanca lo fa con una semplicità disarmante. Nel suo buio ci sono tutti. C’è la paura di perdersi, la fatica di ricominciare, la voglia di capire chi siamo davvero. È per questo che Blanca tocca corde che Màkari sfiora soltanto. Perché la sua luce nasce proprio da dove il sole non arriva.
In un panorama televisivo pieno di repliche e comfort zone, Blanca 3 è la fiction che osa, Màkari quella che consola.
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