Un Capodanno di fine secolo, un hotel tra le montagne svizzere e un regista che non ha mai smesso di provocare: Rai 3 – secondo quanto descritto dalla programmazione del cinema in tv – sarebbe pronta a riportare sullo schermo Roman Polanski con la sua commedia più irriverente e surreale: The Palace.
È la notte del 31 dicembre 1999. Il mondo attende l’alba del nuovo millennio tra ansie digitali e champagne che scorre a fiumi. Siamo nel cuore di Gstaad, tra neve, ricchezza e paranoia. Il Palace Hotel è il palcoscenico di una festa che sfugge a ogni controllo. Roman Polanski costruisce un affresco grottesco e scintillante, dove i personaggi si muovono come in un circo di lusso sul punto di collassare. E Rai 3 lo dovrebbe proporre durante le strenne come evento d’autore, un’occasione rara per riscoprire un film tanto discusso quanto ipnotico.
La storia si apre con Hansueli Kopf (interpretato da Oliver Masucci), il direttore impeccabile di un hotel che ospita una delle feste più esclusive dell’anno. Tutto deve essere perfetto, ma nulla lo sarà. Tra i corridoi si aggirano una nobildonna francese (Fanny Ardant), un banchiere in crisi, un gruppo di russi con valigie sospette, e un miliardario americano in declino (Mickey Rourke). La tensione cresce con il passare delle ore. Tra equivoci, cadute e inganni, il confine tra farsa e tragedia si assottiglia. Polanski gioca con le maschere dell’umanità, le svuota e le mostra nel loro splendore ridicolo. Ogni personaggio diventa il simbolo di un mondo che sta per finire: quello dell’eccesso e dell’apparenza.
Il tono è quello della commedia nera, ma il sapore è di una satira amara. C’è lo humour britannico di John Cleese, la malinconia di Joaquim de Almeida, l’eccentricità di Bronwyn James, e la presenza scenica di Fortunato Cerlino e Milan Peschel. Insieme compongono un mosaico di umanità isterica e fragile, racchiusa in un microcosmo dove il lusso diventa una prigione dorata.
The Palace è stato presentato Fuori Concorso alla 80ª Mostra del Cinema di Venezia, accogliendo più polemiche che applausi. Ma tra i suoi eccessi e la sua ironia, resta uno dei lavori più emblematici della fase finale del regista. Il premio Campari Passion for Film allo scenografo Tonino Zera ha celebrato l’incredibile resa visiva dell’hotel, un set che sembra uscito da un sogno distorto e scintillante. La fotografia firmata da Pawel Edelman è una carezza di luce e ombra, una danza di riflessi tra ghiaccio e velluto. Tutto nel film respira fine, eccesso e vanità. La notte del 2000 non è solo un passaggio temporale: è il funerale del vecchio secolo, un addio alla civiltà dell’opulenza che Polanski osserva con un sorriso tagliente.
Le curiosità non mancano. Le riprese, fortemente influenzate dalla reputazione controversa del regista, si sono svolte tra la Svizzera e l’Italia. Molti attori raccontano di un set teso ma surreale, dove ogni dettaglio era curato come in una pièce teatrale. Il regista, oggi ottantottenne, dirigeva ancora con la stessa ferocia e ironia dei tempi di Rosemary’s Baby. Tra gli elementi più celebrati ci sono i costumi d’epoca, gli interni ispirati alle fiabe mitteleuropee e il ritmo teatrale delle scene di ensemble. Polanski sembra divertirsi a distruggere ogni convenzione del buon gusto, trasformando una festa di Capodanno in un carnevale di maschere e disastri.
All’uscita, The Palace ha diviso la critica. C’è chi l’ha definito un autoritratto crudele, chi una commedia inutile. Eppure, il film resta una sorta di confessione mascherata. Una riflessione sul potere, sulla decadenza, sulla paura di invecchiare e perdere controllo. Non ha influenzato nuovi autori, ma ha lasciato una scia: quella di un cinema che osa ancora essere grottesco, visivo e imprevedibile. Portarlo su Rai 3 durante le strenne significa offrire al pubblico qualcosa di raro: la possibilità di ridere e pensare, nello stesso istante.
In un’epoca in cui tutto è filtrato e rassicurante, il ritorno di Roman Polanski è un gesto di disobbedienza culturale. La Rai non ha paura di mostrare il lato oscuro della festa. E in quella notte di lusso e delirio, il cinema torna a essere specchio dell’anima.
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