Ci sono film che non si limitano a raccontare una storia, ma riplasmano la memoria collettiva: War Horse, diretto da Steven Spielberg nel 2011 e stasera in tv su LA7 Cinema alle 21:15, è uno di questi. Una pellicola che ottenne sei nomination agli Oscar, tra cui Miglior Film e Migliore Fotografia, e che riportò il grande cinema epico al centro del dibattito culturale mondiale.
Tratto dal romanzo di Michael Morpurgo e dall’omonima pièce teatrale, il film ci trascina nella Prima Guerra Mondiale, mostrando l’orrore attraverso gli occhi di un cavallo, Joey, e del suo giovane amico Albert. Un’idea semplice e universale che commosse milioni di spettatori e rilanciò Spielberg come maestro di emozioni autentiche, capace di fondere spettacolo e umanesimo.
La trama si apre nel Devon, in Inghilterra. Il giovane Albert Narracott, interpretato da Jeremy Irvine al suo esordio, cresce insieme al puledro Joey. Un legame viscerale che supera la povertà della famiglia e la durezza della vita contadina. Ma il destino li separa: allo scoppio della guerra, Joey viene venduto all’esercito.
Da quel momento, il cavallo attraversa fronti e nazioni. Passa dalle mani di Tom Hiddleston, giovane ufficiale inglese, a quelle di Benedict Cumberbatch, fino a soldati tedeschi e civili francesi come il Nonno di Niels Arestrup e la piccola Emilie, interpretata da Céline Buckens. Ogni incontro diventa uno specchio dell’umanità piegata dal conflitto. E ogni scena sottolinea la resilienza di Joey, simbolo di speranza in un mondo devastato. Albert, intanto, non si arrende. Si arruola pur di ritrovare il suo cavallo. La guerra diventa allora il teatro di una ricerca disperata: un ragazzo e un animale legati da un destino che neppure le trincee possono spezzare.
Il film schiera attori del calibro di Emily Watson, Peter Mullan, David Thewlis, Toby Kebbell, Robert Emms e persino Liam Cunningham. Un mosaico di interpreti che accompagna lo spettatore in un viaggio corale, con volti che incarnano la dignità, la crudeltà e la fragilità dell’umanità. La forza di War Horse non sta soltanto nei nomi, ma nello sguardo di Spielberg. Il regista costruisce quadri visivi che richiamano John Ford e David Lean. Ci sono campi infiniti, cieli in tempesta, tramonti che sembrano dipinti. Ogni immagine diventa icona. Ogni silenzio pesa quanto un dialogo.
Il film ottenne riconoscimenti internazionali: sei nomination agli Oscar, due ai Golden Globe, cinque ai BAFTA. Vinse l’AFI Award come Movie of the Year e il premio del National Board of Review. Una pioggia di candidature che ne consacrò la portata universale.
Per dare vita a Joey furono utilizzati 14 cavalli diversi. Il più noto, Finder’s Key, era già apparso in Seabiscuit. In totale vennero impiegati oltre 5.800 comparse e 300 cavalli, a testimonianza di una produzione colossale. La vicenda prende ispirazione anche dal vero “Warrior”, il cavallo del generale Seely, sopravvissuto alle battaglie più feroci della Grande Guerra e celebrato come eroe nazionale. Un dettaglio che aggiunge spessore storico alla leggenda cinematografica.
Il film ha avuto un impatto duraturo. Ha ispirato altre opere sulla guerra viste attraverso gli animali, e ha contribuito a riportare il genere epico in primo piano. Ha dimostrato che anche i blockbuster possono veicolare umanesimo e poesia, andando oltre l’intrattenimento. Spielberg con War Horse non ha solo diretto un film: ha ricordato al mondo che il cinema può ancora commuovere, guarire e unire.
Stasera in tv, su LA7 Cinema alle 21:15, torna questa storia che strugge e accende speranza. Un’occasione per riscoprire il valore di un’opera che non invecchia. Un kolossal che sfidò film epocali agli Oscar (era lo stesso anno di The Artist o Hugo Cabret per citarne solo due), incantò il mondo intero e elevò Steven Spielberg a poeta dell’epica moderna.
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