Stasera in tv su Rai Movie alle 21:10 va in onda un titolo che non tutti ricordano, ma che chi lo ha visto non ha mai dimenticato: K-PAX – Da un altro mondo. Diretto da Iain Softley nel 2001, con protagonisti Kevin Spacey e Jeff Bridges, è uno di quei film che dividono, spiazzano, e proprio per questo restano impressi. Non urla, non cerca effetti speciali: si insinua e ti costringe a chiederti cosa sia reale e cosa no.
La vicenda ruota attorno a Prot, misterioso paziente ricoverato in una clinica di Manhattan. Prot sostiene di essere un alieno proveniente dal pianeta K-PAX, situato nella costellazione della Lira. È insensibile agli psicofarmaci, mostra conoscenze scientifiche che nessuno riesce a spiegare e affascina gli altri pazienti fino a conquistarne la fiducia. Mark Powell, lo psichiatra interpretato da Jeff Bridges, prova a scoprire la verità attraverso test, ipnosi e confronti serrati. Ma più scava, più il dubbio cresce: Prot è davvero un viaggiatore interstellare o solo un uomo ferito da un trauma indicibile?
In questa ambiguità si muove la forza del film. Non ci sono risposte definitive. Ci sono indizi, sguardi, simboli. C’è una promessa: Prot partirà per K-PAX e porterà con sé un paziente. Quando arriva la data stabilita, lo spettatore rimane sospeso tra incredulità e speranza. Ed è proprio lì che il film colpisce più forte, lasciando senza certezze ma con un brivido difficile da scrollarsi di dosso. Il cast è ricco di interpreti memorabili: Mary McCormack nel ruolo di Rachel Powell, Alfre Woodard nei panni della dottoressa Claudia Villars, e ancora David Patrick Kelly, Saül Williams, Peter Gerety, Celia Weston, Ajay Naidu, Tracy Vilar, Conchata Ferrell, Vincent Laresca. Ognuno aggiunge un tassello all’atmosfera sospesa della clinica, trasformando un dramma personale in un racconto corale di paure e speranze.
K-PAX – Da un altro mondo non fu un successo commerciale. Incassò meno del previsto e non conquistò premi prestigiosi. Ma raccolse comunque nomination significative: Kevin Spacey fu candidato ai Saturn Awards, Alfre Woodard ottenne una nomination agli NAACP Image Awards, e il film arrivò ai Golden Schmoes Awards come miglior pellicola di fantascienza. Risultati che, pur senza vittorie, testimoniano quanto la sua atmosfera insolita abbia colpito critica e pubblico.
La storia nasce dai romanzi dello psicologo Gene Brewer, capaci di intrecciare psicologia e fantascienza. Il pianeta K-PAX è una società utopica dove non esistono leggi ma un bene naturale che guida ogni scelta. Il nome stesso fu scelto perché suonava “alieno”, e in effetti ha la forza di un simbolo. La produzione, realizzata tra USA e Germania con la distribuzione di Universal, puntava a unire introspezione e mistero, regalando un film che ancora oggi resta difficilmente classificabile.
L’impatto di K-PAX sul cinema successivo è più sottile che evidente. Non ha generato mode, ma ha aperto strade: registi e sceneggiatori hanno trovato in questa pellicola il coraggio di affrontare il confine tra follia e realtà alternativa. Il film è stato citato come esempio di come la fantascienza possa parlare non solo di mondi lontani, ma delle fragilità nascoste dentro di noi. La prova di Kevin Spacey, in particolare, è rimasta come uno spartiacque: un’interpretazione sospesa tra lucidità e alienazione che ha fatto scuola.
Oggi K-PAX – Da un altro mondo è riscoperto come una gemma nascosta della fantascienza mainstream. Non tutti lo amano, ma nessuno resta indifferente. È un film che lascia segni, che divide e costringe a pensare. Per questo, a distanza di oltre vent’anni, continua a essere discusso, rivisto, condiviso. E per questo, stasera in tv, è un appuntamento da non perdere. Preparati a un viaggio che non offre risposte facili. K-PAX non consola, non rassicura. Ti cattura, ti spiazza, e soprattutto non ti lascia scampo. È un film vietato ai deboli di cuore, ma proprio per questo imperdibile.
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