Lucio Corsi si prende tutto: dall’ascesa dopo Sanremo al film che debutta a Roma.
Lucio Corsi non è più soltanto il cantautore con l’aria sognante e i testi che sembravano scritti a margine di un diario segreto. Dopo il Festival di Sanremo 2025, il ragazzo venuto dalla Maremma è diventato un nome che pesa, capace di stare dentro le playlist mainstream senza perdere la sua aura da outsider. Il suo percorso non ha seguito i binari tradizionali: nessun compromesso evidente, nessuna rinuncia al suo immaginario poetico fatto di fragilità, durezza e ironia. Al Teatro Ariston ha portato Volevo essere un duro, un brano che è diventato quasi subito virale, adottato dai ragazzi su TikTok, cantato dalle famiglie in macchina, discusso sui giornali. Secondo posto in classifica, Premio della Critica Mia Martini, e un impatto che ha travolto la scena italiana.
Non un fuoco di paglia: il disco omonimo è schizzato al numero uno della classifica FIMI, ha conquistato l’oro, e soprattutto ha preso due Targhe Tenco, confermando che quel ragazzo dalla voce sottile aveva scritto una pagina nuova del cantautorato. Il post-Sanremo ha accelerato la sua corsa. Tour sold out da Nord a Sud, l’Eurovision chiuso con un quinto posto che ha fatto scoprire il suo nome anche fuori dall’Italia, le prime collaborazioni di peso, persino qualche incursione nel cinema e nell’animazione. Lucio Corsi è diventato un artista trasversale, difficile da confinare dentro un solo ruolo.
E adesso, come se non bastasse, arriva il cinema. Ad ottobre, alla Festa del Cinema di Roma, sarà presentato La Chitarra Nella Roccia, il film-concerto girato dentro l’Abbazia di San Galgano. Un luogo che sembra uscito da una fiaba medievale: senza tetto, con le rovine che incorniciano il cielo della Toscana. L’idea nasce più di dieci anni fa da una conversazione tra Corsi e il regista Tommaso Ottomano. Un sogno a lungo rimandato: suonare tra quelle mura e trasformare l’energia in un’opera visiva, catturata rigorosamente su pellicola 16mm. Nel film ci sono due amplificatori giganteschi, sedici musicisti, la luce che entra dalle navate aperte e, soprattutto, c’è la musica che, pur senza tetto, sembra rimanere sospesa nell’aria.
“Suonarci dentro è stata un’esperienza che non potevamo lasciare svanire”, ha raccontato Corsi. E infatti il progetto non si ferma al film: le canzoni registrate a San Galgano diventeranno anche un disco, atteso nei prossimi mesi. Con questa iniziativa Lucio Corsi mostra ancora una volta di non essere soltanto un cantante, ma un artista che si muove in territori diversi, senza paura di mischiare linguaggi e spingersi oltre. Non si limita a fare musica: costruisce immaginari, crea visioni, mette insieme estetica, parole e immagini. La traiettoria di Lucio Corsi racconta una verità semplice: non serve rinunciare alla propria identità per arrivare al grande pubblico. La sua forza sta nell’aver saputo trasformare una sensibilità fragile in una bandiera pop, senza perdere autenticità. E oggi, tra un album che ha già lasciato il segno, un Eurovision che lo ha consacrato fuori confine e un film che porta la sua musica dentro il tempio del cinema italiano, Lucio Corsi si prende davvero tutto.
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