Ci sono film che nascono sfortunati: Blackhat, diretto da Michael Mann nel 2015, è uno di questi e torna stasera in tv su Canale 20 alle 20:58. Un thriller tecnologico con protagonista Chris Hemsworth, ambientato tra Hong Kong, Los Angeles e Jakarta. All’uscita fu un insuccesso bruciante. Il botteghino registrò appena 19 milioni di dollari, a fronte di un budget di oltre 70. Eppure, col tempo, il film è diventato un cult assoluto. Oggi viene considerato da parte della critica un’opera che aveva visto oltre, anticipando paure e scenari che sarebbero diventati realtà.
La sua storia è intrecciata con quella del mondo reale. Mann si ispirò al caso Stuxnet, il virus che colpì l’impianto nucleare iraniano di Natanz. Per la prima volta, il cinema mostrava in modo lucido e realistico la minaccia di un attacco informatico globale. Non una fantasia da blockbuster, ma un incubo possibile. La regia digitale di Mann, il suo stile asciutto e ossessivo, trasformarono un racconto di hacking in una discesa negli abissi della società iperconnessa. Il pubblico non era pronto. Ora, invece, sembra quasi profetico.
La trama è tanto semplice quanto inquietante. Un impianto nucleare di Hong Kong subisce un sabotaggio informatico. L’FBI è costretto a collaborare con le autorità cinesi. Viene liberato l’hacker geniale Nick Hathaway, interpretato da Hemsworth, in carcere per crimini informatici. Gli promettono una riduzione di pena se riuscirà a fermare la minaccia. Inizia così una caccia al fantasma digitale che attraversa continenti, speculazioni economiche e mercati globali. Ogni passo porta Hathaway più vicino a un nemico invisibile, pronto a colpire ancora.
Accanto a Hemsworth, spiccano Tang Wei nel ruolo di Chen Lien, ingegnera dal carisma discreto, e Leehom Wang nei panni del capitano Chen Dawai. C’è poi Viola Davis, che interpreta l’agente speciale FBI Carol Barrett con una durezza memorabile. Nel cast anche Ritchie Coster, Holt McCallany, Yorick van Wageningen e Andy On. Un mosaico di volti che mescola Hollywood e cinema asiatico, a conferma della natura globale della storia.
All’uscita, la critica si divise. Molti stroncarono il film, accusando Mann di aver scelto un attore troppo fisico per un hacker. Altri contestarono i dialoghi e la lentezza. Eppure, c’era chi già allora intravedeva una visione diversa. Oggi Blackhat viene visto come un film che ha aperto una strada. Un’opera che parlava del terrorismo digitale, della solitudine degli eroi contemporanei, del rifiuto dei codici morali classici. Non sorprende che alcuni critici l’abbiano inserito nelle loro best-of lists.
Il film ha raccolto pochi riconoscimenti ufficiali. Due Huading Awards per la regia e per Hemsworth, e una nomination ai Teen Choice Awards. Poco, rispetto alla grandezza del progetto. Ma i premi non raccontano sempre la verità. A volte sono gli anni, le nuove paure e gli sguardi più maturi a restituire valore a un film dimenticato.
Ci sono dettagli che rendono Blackhat ancora più affascinante. È il primo film interamente digitale diretto da Michael Mann. Una scelta stilistica radicale, che rafforza il legame con la materia raccontata: la tecnologia. Esiste una director’s cut con struttura narrativa diversa, apprezzata dai cinefili per coerenza e profondità. Un piccolo tesoro che circola tra appassionati e conferma la statura dell’opera. Il casting di Hemsworth fece discutere. Un hacker col fisico da dio nordico? Sembrava incongruente. Eppure, proprio quell’incongruenza ha finito per dare un’identità al film. Un uomo abituato a combattere con la forza costretto a muoversi in un terreno dove conta solo l’intelligenza. Una metafora potente.
Il vero impatto di Blackhat si misura però nel tempo. Non generò un filone immediato di cyber-thriller, frenato dal flop commerciale. Ma influenzò il modo in cui il cinema avrebbe trattato in seguito la criminalità informatica. Dal realismo tecnico alla paura di un nemico invisibile, la lezione di Mann è arrivata fino a oggi. Quando guardiamo serie come Mr. Robot o film che raccontano l’ombra del digitale, c’è un po’ di Blackhat in ogni frame. Rivisto stasera in tv, il film appare come un avvertimento. Una riflessione sul confine fragile tra sicurezza e caos. Non solo azione, ma un messaggio che ci riguarda da vicino. Forse il pubblico del 2015 non era pronto. Noi, nel 2025, lo siamo di più.
Gerry Scotti è pronto a un altro torneo in prima serata su Canale 5: non…
Ieri sera si è svolta una nuova manche di Sanremo Giovani, il format guidato da…
Stasera su RaiPlay potreste lasciarvi travolgere dalla magia di Eduardo De Filippo. Infatti, Maria Vera…
Netflix propone ogni giorno migliaia di contenuti ai suoi utenti. Tra film e serie tv,…
Aurora Ramazzotti e i consigli per far crescere una pianta di avocado in casa: ecco…
Il Paradiso delle Signore è uno dei prodotti più amati della Rai. Nato come fiction…