Non sarà mai come Bridgerton: il nuovo Cime Tempestose divide già il pubblico.
L’hype intorno al nuovo Cime Tempestose firmato da Emerald Fennell non accenna a diminuire. L’uscita del poster e del trailer ha acceso il dibattito: c’è chi si aspettava un riadattamento in stile Bridgerton, elegante e intriso di atmosfere romantiche, e chi invece ha subito percepito l’impronta visiva della regista, nota per non scegliere mai la strada più semplice. La verità è che i due prodotti non possono essere paragonati, se non per il fatto che entrambi raccontano storie in costume. Tutto il resto, dall’estetica al linguaggio, si muove su binari opposti. Il successo di Bridgerton ha reso naturale il paragone con qualsiasi nuova produzione ambientata in epoca Regency o vittoriana. Il pubblico ha imparato ad associare i drammi in costume a un mix di sensualità raffinata, coreografie sentimentali e atmosfere da fiaba.
Nel nuovo film con Margot Robbie e Jacob Elordi, invece, questo approccio lascia spazio a una dimensione molto più inquieta. Le prime immagini mostrano corpi e sguardi che non puntano alla bellezza estetica, ma a raccontare il lato ossessivo e distruttivo della passione. La serie di Shondaland ha reso la sensualità accessibile e rassicurante. Le scene intime sono pensate come parte di un percorso di emancipazione, soprattutto femminile. Il desiderio viene raccontato con delicatezza, in un contesto visivo opulento e colorato che celebra l’amore come esperienza di gioia e scoperta. È un erotismo che diventa racconto di formazione, mai disturbante, sempre controllato.
Fennell non lavora per rassicurare lo spettatore. Lo aveva già dimostrato con Una donna promettente e soprattutto con Saltburn, dove il glamour si fondeva con l’horror psicologico e con una critica sociale feroce. La sua regia esplora i dettagli, indugia sui corpi, crea atmosfere volutamente ambigue. Non c’è spazio per la leggerezza: ogni immagine è carica di simboli, ogni gesto porta con sé tensione. È questo lo sguardo che porta in Cime Tempestose, trasformando il romanzo di Emily Brontë in una storia ossessiva, radicale e a tratti scomoda. Il trailer uscito oggi ha polarizzato l’audience. C’è chi elogia l’alchimia tra Robbie ed Elordi e la capacità di restituire la natura tossica della relazione tra Catherine e Heathcliff.
Altri parlano di un’opera “abrasiva”, più vicina al cinema d’autore disturbante che al classico dramma romantico. La colonna sonora ipnotica, i colori saturi e le inquadrature claustrofobiche rafforzano questa sensazione di scomodità. Non è un film che cerca di piacere a tutti, ma di imprimere un segno forte e divisivo. Perché non sarà mai come Bridgerton? Il cuore della questione è proprio questo: il nuovo Cime Tempestose non cerca di replicare il successo popolare di Bridgerton. Dove la serie Netflix celebra la dolcezza del desiderio, Fennell scava nel lato oscuro dell’amore e della dipendenza affettiva. Non c’è glamour consolatorio, ma la rappresentazione di una passione che divora e annienta. È cinema autoriale, con i suoi eccessi e le sue provocazioni, destinato a dividere il pubblico ma anche a farsi ricordare.
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