L’allieva è finita al momento giusto: continuare avrebbe rovinato tutto.
C’è qualcosa di disarmante nell’aver rivisto L’allieva nei pomeriggi di Rai 1. Non tanto per l’effetto nostalgia, che fa sempre il suo dovere, ma per quel senso di incompiuto che alcuni fan continuano a provare. Sui social, nei forum, nelle stories malinconiche su Instagram: “Perché non fanno la quarta stagione?”, “È finita troppo presto!”, “Ridateci Alice e Claudio!”. Eppure, a distanza di anni dalla fine della serie, è forse arrivato il momento di dirlo con chiarezza: L’allieva è finita quando doveva finire. Né prima, né dopo. Tre stagioni bastano, se ben costruite. E nel caso di questa fiction targata Rai Fiction, con Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale, lo erano eccome.
Il finale dell’ultima stagione ha fatto quello che troppe serie italiane ed estere hanno paura di fare: ha chiuso il cerchio. Non ha lasciato fili sospesi, non ha promesso spin-off, non ha strizzato l’occhio a una quarta stagione mai arrivata. Ha avuto il coraggio di dire: basta così. Alice e Claudio si sono detti sì con la giusta dose di emozione e ironia. Le indagini, che erano il cuore tecnico della trama, si sono concluse con dignità. Le sottotrame sentimentali e personali, da Giacomo a Silvia fino a Manes, sono state tutte portate a compimento. Un vero finale, insomma. Se la serie fosse andata avanti per inerzia, col solo obiettivo di capitalizzare su un fandom affezionato, avrebbe rischiato di trasformarsi in una soap mascherata da crime. E invece L’allieva ha scelto l’altra strada: quella del racconto che si chiude prima di snaturarsi.
I dati parlano chiaro: 5,6 milioni di spettatori nella seconda stagione, share record, repliche pomeridiane ancora oggi seguitissime: la serie regge tra i titoli più visti su RaiPlay. Un fenomeno, certo. Eppure il successo non basta per giustificare nuove stagioni, non se il rischio è spegnere la magia che aveva reso unica la serie. C’è una lezione qui per tutte le fiction, italiane e non che rincorrono il rinnovo a ogni costo. Le storie hanno bisogno di un ritmo, di una coerenza. L’allieva ha avuto entrambi. La sua trama ha vissuto, evoluto, si è conclusa. Come dovrebbe essere sempre.
Il fatto che i fan la rivogliano, che sperano in un ritorno, è un merito. Nostalgia è sinonimo di impatto. È la prova che la storia è rimasta nel cuore. Ma proprio per questo bisogna proteggerla da sequel forzati, reboot tiepidi, operazioni di marketing travestite da epilogo. Alessandra Mastronardi ha raccontato più volte di aver salutato il personaggio con affetto e gratitudine. Lino Guanciale ha voltato pagina, pur ammettendo quanto Claudio Conforti sia stato centrale nel suo percorso attoriale. E la stessa Rai ha scelto di non spremere ulteriormente un titolo che aveva già dato tutto. Una scelta coraggiosa, e per certi versi rara. L’allieva merita di restare così: con quell’auto che si allontana, Alice che guarda avanti e il pubblico che sorride.
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