Tra i titoli più visti su RaiPlay, ma nessuno ne parla: un gioiello del cinema italiano che ti farà commuovere.
Tra serie tv americane, blockbuster rumorosi e film premiati agli Oscar, spunta un titolo tutto italiano che, senza fare rumore si è conquistato un posto nella top 10 dei più visti su RaiPlay. Si chiama Lontano lontano, è uscito nel 2019 e porta la firma di Gianni Di Gregorio, già noto per Pranzo di Ferragosto. Eppure, in pochi lo conoscono. Ed è un peccato, perché questa commedia malinconica è uno dei film italiani più sinceri e delicati degli ultimi anni. La storia ruota attorno a tre amici anziani, romani veraci: Giorgetto (Giorgio Colangeli), Attilio (Ennio Fantastichini, in una delle sue ultime interpretazioni) e il Professore (Gianni Di Gregorio). Tutti e tre vivono a Trastevere, ognuno con le proprie difficoltà economiche, abitudini e piccole frustrazioni quotidiane.
Un giorno, stufi della loro vita monotona e precaria, decidono di fare qualcosa di folle: lasciare tutto e trasferirsi all’estero. Dove? In un posto lontano, ma non troppo: le Azzorre. Quello che comincia come un sogno di fuga si trasforma però in un percorso di consapevolezza. L’incontro con Abu, giovane migrante maliano che sogna il Canada, cambia le carte in tavola. I tre anziani, senza retorica e senza proclami, decidono di regalare ad Abu i soldi messi da parte, capendo che il vero viaggio, quello che ti cambia, non è sempre verso un’altra terra. A volte, basta cambiare prospettiva.
Un film che parla di povertà, di vecchiaia, di sogni disillusi, ma lo fa con leggerezza. Non cerca il melodramma, non forza le emozioni. La regia di Gianni Di Gregorio sceglie i piccoli gesti, i silenzi, le espressioni del viso. C’è romanità vera, quella che passa dai vicoli di Trastevere, dai bar con le tovaglie di plastica, dalle battute in dialetto. Il tono resta sempre delicato, perfino quando tocca temi complessi come l’immigrazione o la solitudine. Il film racconta un’Italia che fa fatica, che tira avanti con la pensione minima, che sogna di scappare ma in fondo ha ancora qualcosa a cui aggrapparsi: gli affetti, i ricordi, il senso di comunità. Perché nessuno ne parla? Legittimo chiederselo. Il film è stato presentato al Torino Film Festival, ha ricevuto ottime recensioni dalla critica ed è stato molto apprezzato da chi l’ha visto. Eppure, non ha avuto una grande distribuzione nelle sale.
Uscito a febbraio 2020, è stato subito travolto dalla chiusura dei cinema per la pandemia. Nessuna promozione massiccia, nessuna spinta social, nessun attore da copertina: solo una bella storia, raccontata bene. Negli anni successivi, il passaparola ha fatto il suo lavoro. Ma ora che è disponibile su RaiPlay, qualcosa è cambiato: il film è tra i più cliccati sulla piattaforma, segno che il pubblico, anche quello più giovane, sta riscoprendo il valore del cinema italiano autentico. Dura appena 90 minuti. È il film perfetto per una serata tranquilla, magari con un bicchiere di vino e zero notifiche. Non ci sono effetti speciali, non ci sono supereroi. Ma c’è la vita vera, raccontata con tatto, ironia e un pizzico di amarezza. E soprattutto c’è Ennio Fantastichini, che con il personaggio di Attilio ci regala una delle sue interpretazioni più toccanti. Sapere che è stato il suo ultimo ruolo sul grande schermo aggiunge al film un valore ancora più profondo.
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