Serena Bortone è in viaggio, ma non uno qualunque: questa volta ha lasciato gli studi televisivi, il ritmo serrato di Roma e la radio per salire su un’auto, accendere la musica di Ray Charles e viaggiare verso la Colombia.
Sui social appare rilassata. Indossa un cappello di paglia e una camicia rossa, sorride davanti a uno specchio per strada. Il paesaggio cambia: da vetrine colorate a botteghe di artigianato, da fiumi maestosi a murales che raccontano la memoria. E tra tutte le tappe, ce n’è una che le ruba il cuore. Il villaggio si chiama Santa Bárbara. A parlare sono immagini da lei diffuse su Instagram. L’architettura coloniale, i muri dipinti di storia, le lettere giganti che urlano “Yo amo Santa Bárbara” davanti a una chiesa bianca dal tetto rosso acceso. Sembra quasi Spello, o uno di quei borghi dell’Umbria dove il tempo si ferma.
Ma qui, al posto delle botteghe medievali, trovi spezie, erbe e prodotti misteriosi. Olio di feromoni, essenze africane, simboli religiosi mescolati a profumi antichi. Una sinfonia sensoriale che non esiste in Europa. Un caos affascinante, che racconta una cultura intensa, viva, orgogliosa. In una foto, Serena è in auto lungo una strada di montagna. Sullo sfondo, case appoggiate al verde, fili della luce sospesi nel cielo. A fianco, un cartello stradale giallo avverte una curva imminente. E forse è davvero una curva nella sua vita quella che ha scelto di prendere, almeno per un po’.
Santa Bárbara si trova nel cuore dell’Antioquia, una regione montuosa e profonda della Colombia. Il tempo qui ha un altro ritmo. Le persone si conoscono tutte, si salutano per nome, e la vita scorre lenta tra la piazza e il caffè del mattino. Serena Bortone arriva in punta di piedi, con lo sguardo curioso. Si ferma davanti a una vetrina che espone abiti da cerimonia, piccoli scarpini, nastri colorati. Forse immagina una storia, forse una madre, forse un rito. Fotografa e va oltre.
Un murale colpisce più di tutti. È un grande tricolore colombiano, su cui si legge: “En memoria de las 3359 víctimas del conflicto armado en Santa Bárbara”. Accanto, un verso struggente chiede a Dio di non essere indifferente alla guerra. C’è la morte dipinta come un’ombra, e accanto, una mela rosso sangue che spunta da un albero. Non è un luogo da cartolina. Ma è vero. E Serena, che per mestiere cerca storie e verità, non poteva che innamorarsene.
Nel video successivo, il paesaggio si apre. La strada corre lungo la montagna, circondata da vegetazione lussureggiante. “Colombia”, scrive. E basta questa parola per raccontare tutto. Il viaggio prosegue, ma quel villaggio rimane impresso. Come certi posti che non si dimenticano. Perché ti parlano in silenzio, senza slogan. Perché ti cambiano senza far rumore. Perché sono pieni di anima. Oggi Serena Bortone è lontana dai riflettori. Ma è vicinissima all’essenza del viaggio: scoprire, ascoltare, camminare.
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