Giovanna Mezzogiorno, Claudio Santamaria, Angela Finocchiaro e Sergio Rubini in un film su RaiPlay: quattro nomi che bastano a sollevare aspettative. Eppure, quando Educazione Fisica uscì nelle sale nel 2022, passò quasi inosservato.
Oggi, lo ritroviamo sulla piattaforma streaming della Rai. Ed è impossibile ignorarlo. Il regista Stefano Cipani dirige un cast corale dentro una palestra scolastica. Un unico spazio. Nessuna via di fuga. Solo parole, rabbia e silenzi assordanti. Tratto dalla pièce teatrale La palestra di Giorgio Scianna e sceneggiato dai fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, questo film racconta una storia semplice. Ma lo fa in modo spietato. Una preside convoca i genitori di tre studenti. Una ragazza li accusa di stupro. Inizialmente, la reazione è di negazione. Poi, la stanza si trasforma in tribunale morale. Tutti contro tutti. Genitori contro istituzioni. Adulti contro se stessi.
Raffaella Rea interpreta una madre disperata. Santamaria è il padre che non vuole credere a nulla. Rubini è il genitore che cerca di mantenere il controllo. Finocchiaro spezza il silenzio con l’ironia amara di chi ha troppo da perdere. Mezzogiorno è il perno. La voce scomoda che nessuno vuole ascoltare. Non ci sono scene d’azione. Nessun colpo di scena. Solo dialoghi. Ma la tensione sale minuto dopo minuto. Ed esplode.
Educazione Fisica è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma e ha aperto lo Sguardi Altrove Film Festival. Al box office ha incassato meno di 200.000 euro. Un flop? No. Piuttosto, un segnale: è un film che arriva tardi. Ma quando arriva, fa male.
Il film è girato interamente in una palestra ricostruita a Cinecittà. Un ambiente chiuso, asfissiante. Sembra teatro, ma è cinema. Un cinema crudo, feroce, necessario. Cipani si ispira ai cartoon anni ’70 di Ralph Bakshi, a Buñuel, a un’estetica punk che mescola ironia e crudeltà. Il risultato è disturbante. E profondamente attuale. Il linguaggio visivo è asciutto. La macchina da presa non cerca la bellezza. Cerca la verità. Anche quando fa male. Soprattutto allora. Il tema centrale è chiaro: l’educazione non è solo un compito scolastico. È una responsabilità collettiva. E quando gli adulti falliscono, i ragazzi si perdono. Nessuno è innocente. Nessuno è al sicuro.
Il film ricorda per intensità e struttura Carnage di Roman Polanski. Ma ha un’anima più italiana. Più ruvida. Più vicina a opere come La scuola di Riccardo Milani o ai drammi sociali che finiscono nei telegiornali. Il messaggio arriva chiaro. Non è il crimine il centro. È il silenzio. L’omertà. La paura di perdere la faccia, anche a costo della verità. Gli attori lo sanno. E recitano con ferocia. Come se non fossero personaggi, ma persone reali. Ogni sguardo pesa. Ogni parola è un’accusa. Anche quando sembra una difesa.
“Educazione Fisica” non è solo un film da vedere. È un’esperienza da vivere. Da discutere. Da digerire lentamente. E poi da rivedere. Perché il punto non è scoprire cosa è successo. Il punto è chiedersi: io, al posto loro, cosa avrei fatto? In un’Italia in cui la scuola sembra sempre più fragile, e le famiglie sempre più impaurite, questo film è uno specchio. E nessuno ama guardarsi davvero negli occhi. Se cerchi qualcosa di comodo, cambia titolo. Se invece vuoi un film che ti parla, ti mette alle strette, ti costringe a pensare — questo è quello giusto. Disponibile ora su RaiPlay. Gratuito. Ma non leggero.
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