Stasera in tv, lunedì 28 luglio 2025, alle 21:10 su La5 va in onda La voce dell’amore (One True Thing), uno di quei film che arrivano dritti allo stomaco. Nessuna scena d’azione. Nessun colpo di scena forzato. Solo la verità cruda delle relazioni familiari. E due attrici che scavano nel dolore con una delicatezza disarmante: Meryl Streep e Renée Zellweger.
Il film, uscito nel 1998 e diretto da Carl Franklin, è tratto dal romanzo di Anna Quindlen, vincitrice del Premio Pulitzer. Una storia che parla di vita, morte, e tutto ciò che ci sta in mezzo. Il titolo italiano non mente: questa è davvero la voce dell’amore, ma anche del sacrificio, del rancore, del non detto. E, soprattutto, della perdita. Al centro della trama c’è Ellen Gulden, giovane giornalista newyorkese, ambiziosa e brillante. Interpretata da una Zellweger intensa e contenuta, Ellen torna nella sua città natale per festeggiare il compleanno del padre, George (William Hurt), un professore universitario molto stimato. Ma la festa è solo una scusa. La verità emerge poco dopo: sua madre Kate (Meryl Streep) è malata. Gravemente.
Costretta ad accantonare carriera e libertà, Ellen resta per occuparsi della madre. Inizia così una lenta immersione nel mondo domestico che aveva sempre rifiutato. Ma è proprio lì, tra pentole, medicine e silenzi, che si nasconde la vera forza di Kate. E anche la sua fragilità. Il rapporto madre-figlia cambia, si trasforma, esplode. Fino a che il dolore diventa troppo grande. E la scelta, forse, inevitabile. Quando Kate muore, un’autopsia rivela un’overdose di morfina. Ellen viene interrogata. Ha aiutato sua madre a morire? Il film non offre risposte semplici. Ma costringe lo spettatore a guardarsi dentro. E a chiedersi: cosa avrei fatto io?
Non è un caso se Meryl Streep ha ricevuto sei candidature per questo ruolo. Tra queste, l’Oscar e il Golden Globe come migliore attrice protagonista. Anche se non ha vinto, la sua prova resta una delle più intense della sua carriera. Nessuna teatralità. Solo verità. Solo umanità pura. Renée Zellweger, ancora lontana dal successo di Bridget Jones, esplode in un ruolo che segnerà la svolta della sua carriera. La sua Ellen è credibile, nervosa, autentica. Una figlia moderna, spigolosa, incapace di capire la madre. Almeno finché non è troppo tardi.
Il regista Carl Franklin costruisce ogni scena con cura chirurgica. Niente è lasciato al caso. Gli sguardi contano più delle parole. Le pause più dei dialoghi. Anche i dettagli domestici – una spugna da cucina, una tazza di tè – diventano simboli potenti. La casa non è solo il luogo dove si muore. È anche quello dove, a volte, si capisce cosa conta davvero.
Il film ha lasciato un segno profondo nel cinema degli anni Duemila. Ha anticipato con delicatezza temi come l’eutanasia, la ridefinizione dei ruoli familiari, il senso di colpa dei figli adulti. Pellicole come Still Alice, Pieces of a Woman o anche La stanza del figlio ne portano l’eco. Ma nessuna con quella sobrietà elegante e devastante.
Perché certe verità fanno male. Ma servono. Perché tutti, prima o poi, ci troviamo a fare i conti con un addio. E perché alcuni film non intrattengono: accompagnano. Come una mano sulla spalla nei momenti peggiori. Questo è uno di quelli. Appuntamento stasera in tv su La5, alle 21:10. Ma preparatevi. Non sarà una visione leggera. Sarà un viaggio nella fragilità, nella forza nascosta delle madri, e in tutto ciò che non sappiamo dire finché abbiamo tempo. “La voce dell’amore” non è un film. È una confessione.
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