Stasera in tv su Rai 3, alle 21:20, va in onda Papillon, il film del 2017 diretto da Michael Noer, con Charlie Hunnam e Rami Malek. Una pellicola ruvida e potente, tratta dalla vera storia di Henri Charrière, detto “Papillon”.
Non è una storia di finzione. È un grido. Una testimonianza estrema di libertà, amicizia e resistenza umana contro la disumanizzazione totale. Papillon non è solo un remake del cult del 1973 con Steve McQueen e Dustin Hoffman. È una nuova immersione nell’inferno carcerario più spietato della storia, la colonia penale della Guyana Francese, dove l’aria era sofferenza e le celle divoravano l’anima.
Henri “Papillon” Charrière è un ladro della Parigi degli anni ’30. Un uomo che vive ai margini, ma con un codice d’onore. Viene accusato di un omicidio che non ha mai commesso. La condanna è l’ergastolo. La destinazione: l’Isola del Diavolo. Un lembo di terra maledetto, circondato da acque infestate e guardie pronte a spezzarti, dentro e fuori. Un luogo dove l’unico orizzonte è il filo spinato e l’odore è quello della paura. Sul battello che lo porta via dalla civiltà, Henri incontra Louis Dega, un raffinato falsario interpretato da Rami Malek. È fragile, spaesato, ma ha soldi. Tanti. Papillon lo protegge. Nasce un legame. Forse l’unico ancora umano in mezzo a quel mondo disumano.
Henri tenta l’impossibile. Più volte. Fuga dopo fuga. Ogni volta è punito. Viene rinchiuso in isolamento. Fame. Solitudine. Silenzio. Perde oltre 18 chili. Ma non perde mai la speranza. Mai la libertà interiore. Perché “Papillon”, farfalla in francese, è il soprannome legato al tatuaggio sul petto. E lui, anche da recluso, resta libero dentro.
Il film si regge sulle spalle di Charlie Hunnam, in una prova fisica e mentale che lo trasforma. Il corpo si consuma, lo sguardo si svuota. Ma il fuoco resta. Rami Malek, ancora prima del successo con Bohemian Rhapsody, regala un Dega fragile, umano, commovente. Lontano dal Dustin Hoffman originale, ma più intimo, più vicino a noi. Accanto a loro: Roland Møller, Christopher Fairbank, Yorick van Wageningen e Eve Hewson. Tutti danno corpo a un mondo dove ogni parola pesa come una condanna.
Il film è stato presentato al Toronto International Film Festival e all’Edinburgh Film Festival, ma non ha raccolto premi importanti. Eppure dietro i numeri ci sono storie. Emozioni. Scene girate in Montenegro, Malta e Belgrado per ricreare quel senso di isolamento tropicale. E un omaggio velato al film del ’73: quando un secondino urla “Hoffman!”, chi ha memoria sente il brivido. Papillon del 2017 non ha influenzato altri film. Non ha generato cloni o ondate. Ma ha riaperto una ferita. Ha ricordato a molti che la libertà non è uno spazio. È una scelta. Anche in cella.
Perché guardarlo stasera? Perché non è solo una storia vera. È una verità nuda, difficile da ignorare. Ti entra sotto pelle. Ti lascia con il respiro corto. E ti spinge a chiederti: cosa avrei fatto io? Papillon non è per tutti. È per chi cerca nel cinema una prova. Un viaggio. Una cicatrice che racconta molto più di mille parole. Se sei tra questi, stasera in tv alle 21:20 su Rai 3 hai un appuntamento con l’inferno. E con un uomo che ha saputo attraversarlo.
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