La fiction più intensa degli ultimi anni è su RaiPlay: sublime Valerio Mastandrea

Valerio Mastandrea è l’anima di una serie imperdibile su RaiPlay: il gioiello che non puoi perderti.

C’è una serie su RaiPlay che molti hanno dimenticato. E che non dovrebbe accadere. Perché La linea verticale non è solo una fiction intelligente, scritta con mano leggera e cuore pesante. È un pezzo di cinema dentro alla televisione, una delle cose più pure e dolorosamente belle che Mattia Torre abbia lasciato in eredità. E sì, c’è lui: Valerio Mastandrea, il volto umano più disarmante del nostro cinema. L’attore romano che, senza mai urlare, sa raccontare tutta l’Italia che soffre e ride, a volte nella stessa scena. Rivederla oggi, su RaiPlay, è un dovere emotivo e una coccola intelligente. Perché sì, in un’epoca in cui le piattaforme bruciano titoli come fiammiferi e le serie durano il tempo di un trend sui social, La linea verticale resta lì, elegante e inascoltata, con quella sua grazia che ti entra piano e poi ti travolge. La storia è semplice e universale.

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Valerio Mastandrea ne La linea verticale

2Valerio Mastandrea ne La linea verticaleLuigi ha poco più di quarant’anni, una moglie incinta, un secondo figlio in arrivo e una diagnosi che taglia in due la sua quotidianità: tumore al rene. La corsia d’ospedale diventa il suo nuovo habitat, tra compagni di stanza improbabili, medici teatrali e silenzi che pesano più di mille parole. È il corpo che cede, ma è la mente che cambia. E lì, in quel microcosmo ospedaliero, Mastandrea fa qualcosa che non tutti riescono a fare: non recita, è. In ogni sguardo, in ogni pausa, in ogni battuta che sembra detta per caso e invece è calibrata al millimetro, Valerio regala uno dei suoi ritratti più vibranti. Quello di un uomo normale, sopraffatto da una realtà che non controlla, e che proprio per questo diventa specchio nostro. Mastandrea non ha bisogno di espedienti retorici o lacrime facili. Il suo Luigi ride mentre soffre, scherza mentre ha paura. E noi con lui.

RaiPlay, la serie che non ti aspetti con Valerio Mastandrea: dialoghi e fotografia potentissimi

È proprio qui la forza della serie. In quell’equilibrio rarefatto tra commedia e tragedia, tra ironia e crollo, tra il riso e il pianto che spesso arrivano nella stessa scena, come due ospiti che non si conoscono ma si rispettano. La linea verticale riesce a parlare di malattia senza pietismo, con quella leggerezza profonda che era il marchio di fabbrica di Mattia Torre, genio gentile e acuto, che proprio con questa serie ha lasciato un testamento artistico e umano. E Mastandrea, che di Torre era amico e complice, non interpreta solo un personaggio. Diventa un conduttore emotivo, un testimone. Ci guida dentro stanze fredde, dentro esami, dentro paure che chiunque, oggi o domani, potrebbe vivere.

Ma lo fa con una dolcezza che commuove, senza mai volerci insegnare nulla. Solo mostrando. Solo restando. Come quei medici bravi che non parlano troppo, ma ci sono quando serve. Certe serie non fanno rumore, ma restano. La linea verticale è una di queste. Un piccolo gioiello da vedere (o rivedere) ora, subito, senza distrazioni. È disponibile gratis su RaiPlay, e basta una sera libera per ricordarci che la televisione, quando sa usare il cuore, può diventare arte. E con Valerio Mastandrea così ispirato, ogni episodio è un pezzo d’Italia vera. Quella che cade e si rialza. Quella che “vive in verticale”. Anche quando vorrebbe solo sdraiarsi e chiudere gli occhi.

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