Il 20 luglio, in seconda serata su Rai Movie, va in onda Fortapàsc, il film che racconta la vera storia di Giancarlo Siani, giornalista ucciso dalla camorra a soli 26 anni.
Diretto da Marco Risi e interpretato da un straordinario Libero De Rienzo, il film è una delle opere più intense e necessarie del cinema italiano degli anni 2000. Fortapàsc è stato acclamato ai Nastri d’Argento, nominato ai David di Donatello, e ha vinto riconoscimenti come il Globo d’Oro e il Premio Sergio Amidei. Girato in Campania, il film segue gli ultimi mesi di vita di Siani, cronista de Il Mattino di Torre Annunziata, città ribattezzata nella pellicola “Fort Apache” per la sua pericolosità.
Il titolo, Fortapàsc, deriva proprio dalla pronuncia dialettale di quel soprannome. Un richiamo a un territorio di frontiera. Dove il confine tra legalità e criminalità è sottilissimo. Siani lo oltrepassava ogni giorno. Con il taccuino in tasca e la voce sottile, scriveva pezzi che facevano tremare i clan. Non era un eroe. Era un giovane che voleva solo fare bene il suo mestiere. E per questo è diventato un simbolo della libertà di stampa, e un martire della verità.
Libero De Rienzo, nel ruolo di Siani, è magnetico. Rende il personaggio umano, vulnerabile, vicino. È stato premiato più volte per questa interpretazione, tra cui al Invisible Film Fest come miglior attore protagonista. Accanto a lui troviamo Valentina Lodovini, Michele Riondino, Massimiliano Gallo, Ernesto Mahieux, Ennio Fantastichini, Daniele Pecci, Ivano Marescotti e altri. Tutti straordinari nel restituire l’atmosfera tesa e compromessa di quegli anni.
La regia di Marco Risi è asciutta, elegante, priva di retorica. Contribuisce a rendere il film ancora più forte. Franco Piersanti firma una colonna sonora toccante, premiata con il Ciak d’Oro. Ma è nei dettagli che il film colpisce più forte. Come la vera Citroën Méhari verde di Siani, ritrovata per caso in Sicilia e usata nel film. Un oggetto diventato simbolo. E reliquia laica.
Il film è anche un omaggio a un padre. Durante la preparazione, il grande Dino Risi — padre del regista — muore. Le riprese vengono interrotte. Ma poi riprendono. E diventano un atto di memoria doppio. Fortapàsc non è solo un film. È una ferita ancora aperta. È un modo per ricordare chi ha pagato con la vita il diritto di raccontare la verità. Ed è anche un punto di svolta. Dopo la sua uscita, il cinema civile italiano trova nuova linfa. Arrivano altri film sulla legalità, sull’informazione libera, sulla resistenza alla criminalità organizzata.
Oggi più che mai, mentre il giornalismo affronta nuove minacce e nuove zone grigie, questo film torna a parlare con voce forte. In tv una volta sola. Ma dentro, resta per sempre. Non è solo un evento cinematografico. È un invito alla coscienza. Domenica 20 luglio, su Rai Movie, in seconda serata: Fortapàsc. Non lasciatelo passare.
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