Stasera in tv su Rai 3: Nanni Moretti ci regala il suo capolavoro più umano e struggente.
Ci sono film che non passano, film che non invecchiano, che continuano a dire qualcosa anche dopo tredici anni. Habemus Papam non è solo uno di questi, è il ritratto vivo di una crisi che ci riguarda tutti, anche se a indossare i paramenti bianchi è un uomo che si sente inadatto a fare da guida al mondo. Stasera in tv su Rai 3, Nanni Moretti torna con uno dei suoi titoli più potenti e meno riconcilianti, una parabola laica e profondamente spirituale sull’incapacità di reggere il peso dell’autorità. E lo fa con un film che sembra parlare ancora più forte oggi. La voce spezzata del cardinale Melville (Michel Piccoli), la sua fuga tra le strade di Roma, lo sguardo smarrito davanti al ruolo che dovrebbe incarnare.

È in quel momento che il cinema di Moretti trova una delle sue forme più pure: quella del dubbio, della vulnerabilità, della rottura. Non c’è satira, non c’è ironia fine a se stessa. Habemus Papam è un colpo di teatro, e non solo perché Melville ritrova sé stesso in una compagnia di attori: è uno strappo nella narrazione trionfale del potere. A fare da contraltare al dramma del Papa fuggitivo, c’è lui, Moretti, psicanalista ateo chiuso in Vaticano, incapace di curare una crisi che non è solo personale, ma sistemica. Le stanze dorate, le cerimonie blindate, l’impalcatura della Chiesa vacilla sotto il peso di un uomo che dice “non ce la faccio”. E quella confessione, pronunciata davanti a una Piazza San Pietro gremita, suona come uno dei momenti più alti del cinema italiano degli ultimi vent’anni.
Nanni Moretti stasera in tv: c’è anche una travolgente Margherita Buy
Stasera in tv, dunque, va in onda molto più di un film: va in scena una resa dei conti. E va detto: Habemus Papam è forse l’opera che più di ogni altra racconta il Moretti regista maturo, quello capace di allontanarsi dall’io autobiografico per restituire un’immagine collettiva, anche scomoda, del nostro tempo. Non è un film comodo, né indulgente. È una riflessione a cuore aperto sulla paura di fallire, su quella sensazione universale che ti prende allo stomaco quando ti accorgi che gli altri ti guardano, ma tu non sai più chi sei. Michel Piccoli è magistrale nel restituire questa fragilità. E Margherita Buy, Jerzy Stuhr e gli altri cardinali completano un affresco amarissimo, fatto di silenzi, di attese, di sguardi.
C’è qualcosa di liturgico e insieme profondamente profano in questo film. Una messa in scena (letteralmente) dove si celebra la caduta, non l’ascesa. Dove la verità non sta nei dogmi, ma nelle incertezze. E Moretti, che da sempre ci racconta i cortocircuiti dell’individuo di fronte alle grandi strutture, firma un’opera che va oltre la cronaca del conclave: ci restituisce l’immagine di un’umanità che, nel momento decisivo, ha il coraggio di fermarsi e dire “non sono pronto”. Se non lo avete mai visto, stasera non perdetevelo. Se lo avete già visto, riguardatelo: Habemus Papam non è mai uguale a sé stesso. Come tutte le cose vive.
