Carlo Degli Esposti, il produttore che ha reso Montalbano un’icona, frena sul gran finale.
RICCIONE – Serafico, con quel tono che mescola garbo bolognese e spigolosità d’autore, Carlo Degli Esposti ha riportato la platea dell’Italian Global Series Festival con i piedi per terra. Alla domanda che tutti gli appassionati si pongono da anni: “Vedremo mai gli ultimi due episodi del Commissario Montalbano?”, la risposta è arrivata secca, misurata, definitiva: “Per ora, no”. Una dichiarazione che pesa come un verdetto, e che conferma ciò che da tempo si sussurra ma nessuno osa dire a voce alta: l’era Montalbano, così come l’abbiamo conosciuta, è ferma. Non chiusa, ma in sospensione emotiva. E quando a parlare è proprio Degli Esposti, l’uomo che ha trasformato un commissario letterario in un fenomeno popolare da record, allora il silenzio ha un altro peso.
“Non ci sto lavorando. È finito il primo tempo. Ci sarà eventualmente un secondo tempo, ma non è all’ordine del giorno. Occorrerebbe un regista metafisico che non c’è e non sarebbe una chiusura. Per cui alla luce dei nostri ragionamenti. Il primo tempo è concluso e non ci faremo mai ritorno”.
Durante l’incontro al festival tra Rimini e Riccione, Degli Esposti ha affrontato il nodo più delicato per tutti i fan della saga di Andrea Camilleri. La mancata messa in onda degli ultimi due episodi girati e completati prima della pandemia, Il metodo Catalanotti e Riccardino. Episodi che, secondo la cronologia letteraria, avrebbero dovuto dare un congedo definitivo (e struggente) al Montalbano di Luca Zingaretti. Una chiusura emotiva e narrativa fortissima, ma attualmente non ci sono i presupposti. Non un problema tecnico, ma una scelta artistica, emotiva, quasi sentimentale. Non si vuole chiudere una porta per il gusto di farlo. Quel finale merita il momento giusto. Per Degli Esposti però, “quel” capitolo si è concluso. Tra il pubblico, un brusio. Perché in fondo, lo sappiamo tutti: Montalbano non è solo una serie. È un’abitudine. Una voce familiare. Una cena davanti alla tv con un piatto di pasta alla norma e il profumo del mare siciliano che arriva dallo schermo.
Classe 1953, bolognese con cuore romano e sguardo internazionale, Carlo Degli Esposti ha fondato Palomar nel 1986 con l’ambizione (poi mantenuta) di costruire una narrazione italiana di qualità. Con “Il commissario Montalbano” ha creato non solo una serie, ma una grammatica. Ha trasformato il ritmo dei romanzi di Camilleri in immagini, ha dato corpo ai silenzi della Sicilia, ha costruito un mondo credibile e nostalgico senza mai cadere nel folklore. Il rapporto con Andrea Camilleri è stato “non abbiamo mai avuto nemmeno uno screzio”, come lui stesso lo ha raccontato. Una complicità profonda, che ha resistito al tempo, alla distanza, alla morte.
E che, proprio per questo, non può essere chiusa con leggerezza. Nessun addio, ma nemmeno un ritorno: lo stallo emotivo di Montalbano. Il futuro della serie, oggi, è come sospeso in una bolla. Le ipotesi ci sono: un “terzo Montalbano”, magari più giovane, magari rivisitato, magari in occasione del centenario di Camilleri nel 2025. Ma Degli Esposti resta cauto, quasi gelido con questa dichiarazione odierna. E intanto, Zingaretti tace. Il regista Sironi non c’è più. E gli episodi dormono in un archivio Rai, come lettere d’amore mai spedite.
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