A Rimini Elena Sofia Ricci prende la parola al Teatro Galli. L’occasione è il Italian Global Series Festival, rassegna dedicata alla serialità italiana e internazionale, divisa tra Rimini e Riccione.
L’attrice riceve un premio importante. Ma non è la statuetta a restare impressa. È il suo discorso. Schietto, pieno di gratitudine, e insieme di riflessione. “Grazie a registi e produttori ho potuto cambiare, infilarmi nei panni di altre donne e poterle portare in scena” – dice dal palco. “E un grazie specialissimo va al pubblico che mi ha accolto così tanto bene e che è praticamente il mio datore di lavoro. Veramente grazie, grazie alla giuria, grazie per questo bellissimo festival”. Ma è subito dopo che arriva la frase che lascia il segno. Quella che si potrebbe definire “uno schiaffo dolce”.
Elena Sofia Ricci si sofferma sul cambiamento della televisione. Soprattutto del linguaggio. Di come chiamiamo le storie che entrano ogni sera nelle case italiane. “Perché io penso che le serie – oggi si chiamano così – da bambina, quando andavo sul set perché c’era mia mamma che era scenografa, si chiamavano sceneggiati. Poi fiction. Ora serie”. Una cronologia affettuosa e pungente. Un modo per dire che la serialità italiana esiste da sempre, anche se spesso è stata snobbata.
“Grazie a queste eccellenze internazionali, abbiamo qua grandi artisti internazionali… grazie a loro apprezziamo le nostre serie e tutti le vogliono fare” – aggiunge. Qui arriva il punto chiave. Un’osservazione limpida e insieme critica: per decenni l’Italia ha guardato altrove, incapace di riconoscere il proprio valore.
“Evviva, perché così entriamo nelle case, nel cuore delle persone per farle emozionare, divertire, riflettere. È un po’ una missione la nostra”. Una frase che accende la sala. Applausi sentiti. Perché Elena Sofia Ricci non ha solo raccontato se stessa, ma ha detto qualcosa che riguarda tutti. Ha parlato della fiction e di tutte le produzioni italiane con rispetto e lucidità. Ha ammesso che solo guardando all’estero, con una certa esterofilia culturale, siamo riusciti a ridare fiducia alle nostre storie.
Oggi “serie” è un termine nobile. Ma il cuore è sempre quello di prima. Quello degli sceneggiati, che raccontavano famiglie, segreti, passioni, drammi. Quello delle fiction che univano il Paese davanti alla TV. La sua frase, dolce e sferzante, ha riaperto una ferita ancora aperta nel mondo della produzione italiana: la rincorsa continua verso modelli esteri, a scapito dell’identità locale. Ma il suo messaggio è anche di speranza.
Oggi in tanti vogliono tornare a raccontare. E forse, proprio grazie a questa evoluzione di linguaggio e forma, l’Italia sta tornando a credere nel suo potere narrativo. Elena Sofia Ricci, ancora una volta, ha fatto centro. Senza urlare. Con una verità detta sottovoce. Ma che risuona forte dentro chi fa, ama e guarda le fiction italiane.
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