Junior sbarca su Netflix: il flop milionario con Schwarzenegger che oggi è (quasi) un cult.
Nel 1994, il regista Ivan Reitman, lo stesso di Ghostbusters e I gemelli, porta sul grande schermo una delle commedie più bizzarre di Hollywood: Junior, con Arnold Schwarzenegger incinto. Sì, hai letto bene. Un esperimento scientifico finito “troppo bene”, una gravidanza maschile portata a termine e un mix surreale tra fantascienza, romanticismo e risate. Il risultato? Un flop colossale al botteghino, ma oggi, a distanza di 30 anni, il film sta vivendo una nuova vita. E con l’arrivo su Netflix, è pronto a conquistare una generazione che forse lo amerà proprio per la sua assurdità. La storia ruota attorno a due ginecologi-ricercatori: Larry Arbogast (Danny DeVito) e Alexander Hesse (Arnold Schwarzenegger). I due stanno testando un farmaco sperimentale, l’Expectane, che promette di prevenire l’aborto spontaneo.

Ma quando il progetto viene bloccato e i finanziamenti tagliati, decidono di testare tutto… su Alex. Con un ovulo rubato dal laboratorio della dottoressa Diana Reddin (Emma Thompson), nasce una delle premesse più strampalate del cinema anni ’90. Alex rimane incinto. Non per modo di dire, ma sul serio. E anziché interrompere l’esperimento come previsto, decide di portare avanti la gravidanza. Il tutto mentre si innamora della dottoressa da cui, accidentalmente, proviene l’ovulo.
Un cast stellare per un’idea folle: su Netflix è tempo di riscoprire Junior
Junior può contare su un trio di protagonisti d’eccezione: Schwarzenegger, DeVito e Thompson. La chimica tra loro funziona. La regia cerca di tenere in equilibrio il tono tra la farsa e la tenerezza. Schwarzenegger, notoriamente duro e muscoloso, diventa tenero e vulnerabile. Una scelta coraggiosa e paradossalmente efficace, che oggi fa sorridere per la sua stranezza. All’epoca della sua uscita, il film non ha convinto né la critica né il pubblico. Con un budget di circa 60 milioni di dollari, ne ha incassati appena 33-37 negli Stati Uniti. Solo grazie al mercato internazionale ha raggiunto i 108 milioni, salvandosi (parzialmente) dal disastro totale. Ma il danno era fatto. La critica fu spietata. L’unico a difendere il film con convinzione fu Roger Ebert, che lo premiò definendolo “più intelligente di quanto sembri”. Col tempo, Junior ha guadagnato un posto speciale nel cuore di molti spettatori. Non è diventato un cult nel senso classico, ma un film di culto anomalo.
Assurdo, unico nel suo genere, provocatorio. E soprattutto capace di anticipare con leggerezza temi che oggi sono al centro del dibattito, come la ridefinizione dei ruoli di genere, la genitorialità condivisa e la scienza applicata alla riproduzione. In un’epoca in cui il cinema mainstream ancora rifletteva su cosa potesse essere considerato “accettabile”, Reitman lanciava in sala una pellicola che ridefiniva il concetto stesso di gravidanza, ribaltando convenzioni e aspettative. La rinnovata popolarità di Junior su Netflix dimostra che certe idee, per quanto folli, possono invecchiare bene. Anche se all’epoca è stato deriso, oggi viene visto sotto una luce diversa: come una commedia visionaria, goffa ma sincera, che aveva il coraggio di osare. E in un panorama dominato da sequel e remake, film come questo tornano utili: ci ricordano che il cinema può ancora sorprendere, anche quando ci propone un Arnold Schwarzenegger incinto che partorisce una bambina in una clinica segreta.
