Domenico Centamore non è più solo Piccionello :dopo il successo in Màkari, su Netflix l’attore siciliano sorprende con un ruolo che nessuno dimentica.
Incastrati è la prima serie scritta, diretta e interpretata da Ficarra e Picone. Una scommessa vinta, che fonde ironia, crimine e malinconia siciliana. Il pubblico l’ha amata fin da subito. E non solo per il duo comico. Tra gag geniali, colpi di scena e denunce sottili, spicca un personaggio che ha riscritto le regole della fiction mafiosa: Don Lorenzo “Primo Sale”, interpretato da Centamore. È lui il volto duro, grottesco e insieme buffo della nuova mafia seriale. Un mafioso pragmatico e imprevedibile. Ma anche una maschera tragica e divertente che lascia il segno.
Dimenticate le lacrime di Piccionello. Qui c’è cinismo, ironia e presenza scenica. Don Lorenzo è il braccio destro del boss, e lo è fino in fondo. La serie, ambientata in Sicilia, ha conquistato le classifiche di visione in Italia. Un successo costruito con attenzione e amore per il dettaglio. Accanto a Centamore, troviamo Salvatore Ficarra e Valentino Picone nei panni di Salvo e Valentino, due riparatori di elettrodomestici coinvolti in un omicidio.
Il morto? Il commercialista Gambino. Da lì tutto precipita. La mafia li osserva. La polizia li bracca. Gli equivoci si moltiplicano. A complicare tutto, c’è Agata, vicequestore e vecchia fiamma di Valentino. A dare intensità, invece, Anna Favella nei panni di Ester, sorella e moglie divisa. Tra i volti noti, anche Tony Sperandeo come “Cosa Inutile”, boss fallito in eterno conflitto con Don Lorenzo. I loro scontri sono tra i momenti più riusciti.
La regia è pulita, la fotografia firmata Daniele Ciprì. Le musiche di Paolo Buonvino accompagnano ogni svolta narrativa. Girata tra Palermo, Sciacca, Piana degli Albanesi e l’Abbazia di Santa Maria del Bosco, la serie respira Sicilia in ogni scena. Ma il paese? Totalmente inventato.
Incastrati non è solo una crime comedy. È un omaggio alla serialità moderna. Ogni episodio termina con un cliffhanger. Ogni svolta prende in giro le regole del genere. I protagonisti sono ossessionati da una finta serie americana: The Touch of the Killer. Una parodia sottile che riflette sulle nostre ossessioni da binge watching. Il finale della seconda stagione? Un “non-finale” geniale. Ironizza sul bisogno di lasciare tutto aperto, di rimandare il senso. Una scelta coraggiosa, piena di consapevolezza.
La critica ha premiato Incastrati. Due nomination ai Nastri d’Argento: miglior serie (2022) e miglior commedia (2023). Ma il vero premio è il passaparola. Netflix ha rilanciato con una seconda stagione, confermando il feeling con il pubblico. E molti parlano già di una terza.
Centamore, intanto, ha cambiato pelle. Da “buono per forza” in Màkari a “cattivo per vocazione” in Incastrati. Il salto è enorme. Ma la resa è impeccabile. La sua interpretazione tiene insieme paura e parodia, grottesco e carisma. Rappresenta la mafia come maschera teatrale. E fa ridere. Ma con un brivido. Il duo comico non rinuncia alla propria firma: ironia sociale, dialoghi serrati, personaggi minori iconici. Tutto raccontato con amore per la Sicilia e il suo caos poetico.
In un momento in cui la serialità italiana cerca identità, Incastrati apre una strada nuova. Contamina. Gioca. Insegna a non prendersi troppo sul serio. Ma lascia anche spazio all’impegno. I riferimenti a don Pino Puglisi e alla lotta alla mafia sono chiari. E vengono fuori con forza nel climax finale. Guardare Incastrati oggi non è solo una scelta di intrattenimento. È un modo per scoprire una Sicilia diversa. Più vera, più assurda, più umana. E se pensavate che Centamore fosse solo Piccionello, preparatevi a ricredervi. Don Lorenzo vi aspetta. Col sorriso. E con una pistola nella fondina.
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