Fino al 20 giugno, su Netflix, c’è un film che merita attenzione. Si chiama 12 Soldiers (titolo originale: 12 Strong). È un kolossal bellico ispirato a fatti realmente accaduti. Una pellicola che mescola azione, tensione e umanità. Un racconto dimenticato. Ma che ha lasciato il segno.
Il protagonista è Chris Hemsworth. L’attore australiano, noto per il ruolo di Thor, interpreta un uomo comune in una guerra straordinaria. Accanto a lui, nomi importanti come Michael Shannon, Michael Peña, Navid Negahban, Trevante Rhodes e Rob Riggle. Quest’ultimo è stato davvero un ufficiale dei Marines. E ha servito in Afghanistan.
La regia è di Nicolai Fuglsig, fotografo di guerra. Il film è tratto dal libro Horse Soldiers di Doug Stanton. A produrlo è stato Jerry Bruckheimer, lo stesso di Black Hawk Down. Ma qui la guerra è diversa. Meno spettacolo, più emozione.
12 Soldiers racconta l’inizio della guerra in Afghanistan. Subito dopo l’11 settembre. Dodici soldati americani partono per una missione suicida. Devono riconquistare Mazar-i-Sharif, città chiave per abbattere i talebani e Al Qaeda. A cavallo. In mezzo al nulla. E con un solo alleato: il generale afghano Abdul Rashid Dostum. Questa non è una guerra di droni o jet. È una guerra fatta di mani, cavalli e fiducia. Il Capitano Mitch Nelson guida la squadra ODA 595. Combattono in inferiorità numerica. Ma senza perdere nessuno. Dopo 23 giorni, vincono. Eppure nessuno ne parla. Fino a oggi.
Quello che colpisce in 12 Soldiers è la verità. I personaggi sono ispirati a uomini reali. Mitch Nelson, ad esempio, rappresenta Mark Nutsch, il vero comandante. I nomi sono cambiati per motivi legali. Ma l’anima della storia resta intatta. I soldati combattono su un terreno impossibile. Devono imparare a fidarsi di Dostum. Capire una cultura diversa. Rischiano ogni giorno. Non per gloria. Ma per dare una risposta a ciò che è successo l’11 settembre. Per onorare chi è caduto. E per proteggere chi è rimasto.
Il film mostra anche momenti simbolici. Come il frammento delle Torri Gemelle portato in Afghanistan. Nel film lo riceve Hemsworth. Ma nella realtà lo portò il Colonnello Bowers. Lo seppellì a Mazar-i-Sharif, dopo la vittoria. Un gesto potente. Una memoria sepolta tra la sabbia e il dolore. 12 Soldiers non ha vinto grandi premi. Ma ha lasciato un’impronta. È stato lodato per il suo realismo, per l’attenzione ai dettagli, per il rispetto verso i protagonisti reali. Non è un film facile. Ma è un film necessario.
L’alchimia tra Hemsworth e Negahban è magnetica. Il rapporto tra Nelson e Dostum evolve lentamente. Da diffidenza a rispetto. Da nemici a fratelli d’armi. Un legame umano, fragile e potente. Come solo la guerra può forgiare. Elsa Pataky, moglie di Chris Hemsworth, interpreta la sua compagna anche nel film. Una scelta intima, che aggiunge verità alle scene familiari. Quelle che mostrano cosa si lascia indietro quando si parte per il fronte.
Il film ha anche ispirato altri registi. Ha mostrato che si può parlare di guerra senza retorica. Con silenzi, cavalli e sguardi. Ha aperto la strada a opere più intime. Che raccontano conflitti con realismo e delicatezza. 12 Soldiers non è solo un kolossal. È un documento umano. Un affresco di coraggio, sacrificio e lealtà. E per pochi giorni ancora, è visibile su Netflix. Poi sparirà. Come molte storie vere dimenticate. Guardalo adesso. Prima che sia troppo tardi.
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