Cosa succede quando l’eleganza incontra il tormento? Il film più affascinante di Netflix ha già conquistato tutti.
Quando Jane Austen incontra Netflix, l’amore non è mai stato così instagrammabile. Persuasione, l’adattamento firmato da Carrie Cracknell, prende il romanzo più introverso dell’autrice britannica e lo trasforma in una favola Regency pop, immersa nel filtro seppia di un’estetica da #cottagecore. Tutto profuma di lino fresco, sospiri trattenuti e tazze di tè dimenticate sul davanzale. Ma a riscaldare la scena non è solo il sole inglese: è Dakota Johnson, magnetica e irriverente, che rompe la quarta parete con la stessa grazia con cui sfoggia abiti imperfettamente stropicciati e pettinature da sogno disordinato. Anne Elliot non è più la ragazza spenta e penitente dei classici BBC. È una donna che ha imparato a ridere della propria malinconia, che versa vino in bicchieri sbeccati e annota dolori su un diario che sa di Tumblr e heartbreak.
Frederick Wentworth, interpretato da un Cosmo Jarvis dal fascino ruvido e marittimo, torna nella sua vita con la stessa intensità di un messaggio lasciato su “visto” per otto anni. E il loro incontro, anzi, re-incontro ha il sapore sbiadito ma irresistibile di qualcosa che non si è mai davvero spento. Carrie Cracknell gioca a svecchiare Austen con l’irriverenza di chi ha appena scoperto Fleabag e ha deciso che anche Anne doveva parlare direttamente allo spettatore. Funziona? A tratti. Ma quando funziona, fa male come certe canzoni di Birdy che compaiono a sorpresa in sottofondo, e ti strappano un nodo alla gola prima ancora che tu capisca il perché. C’è il ballo, c’è il malinteso, c’è il biglietto lasciato sul tavolo: tutto c’è, ma mai come te lo aspetti.
E poi ci sono i dettagli che fanno la differenza. I costumi romantici, impalpabili, perfetti per una sfilata sul prato. La scenografia, che fonde nostalgia e Pinterest in un abbraccio visivo che ti fa desiderare di prenotare una casa nel Dorset. Il cast, inclusivo e raffinato, che aggiorna la società Regency con una sensibilità più contemporanea, meno ingessata. E tra tutti, Henry Golding in versione villain cortese: un piacere visivo, prima ancora che narrativo.
Ma è davvero Jane Austen? O è la sua ombra post-prodotta in chiave Netflix, più interessata a farci sospirare che a farci riflettere? I puristi storcono il naso, ma gli spettatori in cerca di eleganza, emozione e un tocco di ironia pop potrebbero restare incantati. Perché Persuasione non è un film perfetto, ma è un’esperienza estetica. E a volte basta una carezza ben fotografata, un dialogo sospirato, un abito color lavanda per ricordarti che l’amore, anche quando arriva in ritardo, ha sempre un suo perché.
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