Stasera in tv un gioco, sei sconosciuti, una promessa da diecimila dollari e una sola certezza: chi perde, muore.
Oggi, giovedì 5 giugno, alle 21:19, su Rai 4 (canale 21 del digitale terrestre), va in onda Escape Room, il thriller psicologico diretto da Adam Robitel che ha conquistato il pubblico mondiale con un incasso globale superiore a 133 milioni di dollari. La pellicola, uscita nel 2019, è diventata rapidamente un piccolo cult. Alla base del successo c’è un’idea semplice ma potentissima: trasformare l’esperienza delle escape room in un incubo a occhi aperti. E raccontare, attraverso stanze mortali, il trauma. Il dolore. La memoria che perseguita.
Il film è interpretato da Taylor Russell (Zoey), Logan Miller (Ben), Jay Ellis (Jason), Deborah Ann Woll (Amanda), Tyler Labine (Mike) e Nik Dodani (Danny). Tutti e sei ricevono un misterioso invito per partecipare a un’esperienza esclusiva, gestita dalla sinistra Minos Corporation.
Quella che sembra un gioco si rivela ben presto una trappola. Ogni stanza non è solo pericolosa, ma progettata per riflettere le paure più profonde dei protagonisti. Il ghiaccio, il fuoco, il vuoto. L’aria che manca. Le pareti che si stringono. Escape Room non è solo suspense. È una discesa nella parte più oscura della psiche umana. Robitel, già regista di Insidious: L’ultima chiave, costruisce un film che si muove rapido, con tensione crescente e pochi momenti di respiro. Ogni stanza è un piccolo capolavoro di scenografia, ma anche una metafora vivente del dolore dei personaggi.
Escape Room non è tratto da una storia vera. Ma ogni elemento è costruito con tale cura da farlo sembrare plausibile. Le ferite dei protagonisti non sono finzione: parlano di perdita, senso di colpa, solitudine, guerra interiore. Il pubblico si riconosce, anche inconsciamente. Il film è stato girato in Sudafrica, pur essendo ambientato a Chicago. Il regista ha ammesso di non aver mai partecipato a una vera escape room prima della produzione. Ma durante le riprese, ha voluto provare quell’esperienza. Ne è uscito trasformato, e questo si riflette nella regia.
Le ambientazioni sono studiate nei minimi dettagli. Ogni trappola ha un significato. Ogni stanza è il riflesso di un trauma vissuto. C’è una stanza che ricrea un incidente d’auto. Un’altra che riproduce un ospedale da campo. Ogni scelta registica è pensata per evocare una risposta emotiva forte, quasi viscerale. Il finale è aperto. Non c’è vera risoluzione, ma un messaggio sottile: forse, non si può fuggire da se stessi. Questo ha reso il film così amato da un pubblico giovane, appassionato di thriller psicologici e storie di sopravvivenza.
Il successo di Escape Room ha dato vita a un seguito: Escape Room 2: Tournament of Champions, uscito nel 2021. Ma ha anche ispirato la creazione di vere escape room promozionali in giro per il mondo, usate per junket stampa e marketing esperienziale. Ha riacceso l’interesse per il genere “gioco mortale”, ma con una veste meno splatter rispetto a saghe come Saw. È più psicologico. Più raffinato. Ma non meno crudele.
Stasera in tv – se non preferisci un kolossal di supereroi – non guarderai solo un film. Entrerai in un enigma che ti riguarda da vicino. Ti troverai a urlare, a cercare una via d’uscita. A chiederti cosa faresti tu. E forse, capirai perché certe porte rimangono chiuse per un motivo. Escape Room ti aspetta. Ma attenzione: non tutti riescono a uscire.
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