Era il 1960 quando John Ford, già leggenda del western classico, decise di rompere gli schemi con I dannati e gli eroi (titolo originale: Sergeant Rutledge), una storia dura che torna stasera in tv. Una storia vera nel cuore. Ma troppo scomoda per l’America di allora. E, forse, anche per il cinema di sempre.
Il protagonista non è il solito cowboy bianco, solitario e romantico. È Woody Strode, attore afroamericano dal volto austero e dallo sguardo dignitoso. Interpreta il sergente Braxton Rutledge, accusato ingiustamente di violenza e omicidio. Un eroe dimenticato prima ancora di essere riconosciuto. Stasera in tv, martedì 3 giugno, il film torna in prima serata su Iris (canale 22) alle 21:13. E non è solo una messa in onda. È una chiamata alla memoria. È cinema che fa giustizia.
La trama si muove come un’indagine. Il film inizia dopo i fatti. Rutledge è fuggito, inseguito da un esercito e da una società che l’ha già condannato. Nessuna prova, solo la pelle. Ma nel suo gesto c’è un’altra verità: prima di arrendersi, salva Mary Beecher (interpretata da Constance Towers) da un attacco Apache. Un gesto che lo definisce meglio di qualsiasi accusa.
A difenderlo in tribunale, il giovane tenente bianco Tom Cantrell, interpretato da Jeffrey Hunter. Un militare che crede nella legge, ma ancora di più nella coscienza. Il film si dipana attraverso flashback e testimonianze, rivelando a poco a poco ciò che è accaduto davvero. E quando la verità viene fuori, lo spettatore non può restare indifferente. Ford gira tutto nella magnifica Monument Valley. Una terra epica, dove il western si è fatto mito. Ma stavolta il paesaggio non nasconde i conflitti. Li incornicia. Li amplifica. Qui non si parla solo di pistole e cavalli. Si parla di identità, ingiustizia, razzismo.
All’uscita nelle sale americane, la critica fu divisa. Il pubblico? Spiazzato. Il film incassò poco: circa 784.000 dollari negli Stati Uniti. Meglio all’estero, con 1,7 milioni. Ma non bastò. I dannati e gli eroi rimase fuori da ogni premiazione. Troppo presto, troppo diretto. Troppo scomodo, appunto. Eppure fu una pietra miliare. Per la prima volta, un afroamericano non era né servo né spalla. Era protagonista. E non di un film qualunque, ma di un western. Il genere più bianco d’America. Woody Strode offrì una performance intensa, controllata, monumentale. Senza retorica, ma con tutto il peso del tempo.
Oggi possiamo vederlo come un antesignano di pellicole come Django Unchained o The Harder They Fall. Ma nel 1960 era un atto radicale. Ford lo sapeva. Per questo scelse di impedire l’accesso in sala agli ultimi dieci minuti del film. Un colpo di scena doveva restare tale. E colpire duro. Nonostante la forma impeccabile, la regia classica e i paesaggi da cartolina, il film parla di oggi. Di processi sommari. Di giustizia mancata. Di uomini che pagano colpe non loro. E proprio per questo, non andrebbe più dimenticato.
Viviamo tempi in cui la memoria è selettiva. In cui i film che raccontano storie scomode rischiano di scomparire. I dannati e gli eroi non deve fare quella fine. È cinema che insegna, emoziona e interroga. E lo fa con gli strumenti del grande cinema: una storia forte, attori straordinari, regia senza tempo. Stasera in tv non c’è solo un film. C’è un’occasione per riscoprire un’opera che ha avuto il coraggio di parlare quando il silenzio era più comodo. Un western di parola, non di pallottole. Un pezzo di verità che merita di essere ascoltato. Anche – e soprattutto – oggi. Se non preferisci un kolossal del cinema bellico, non perdetelo alle 21:13 su Iris.
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