Gerri su Rai 1 straccia Maria Corleone su Canale 5: ecco perché un personaggio ha vinto su tutta la linea (e non c’entrano gli ascolti).
Due protagonisti, due universi narrativi, ma un solo vincitore. Gerri e Maria Corleone hanno animato le fiction di Rai e Mediaset con storie potenti e caratteri forti. Ma guardando oltre i dati di share, emerge un verdetto chiaro: la scrittura di Gerri batte quella di Maria Corleone a mani basse. Non è solo questione di gusti, ma di struttura, profondità e autenticità. Gregorio “Gerri” Esposito, protagonista della serie di Rai 1, è un poliziotto di origine rom cresciuto in una casa-famiglia. La sua storia non si affida a effetti speciali o colpi di scena estremi. La forza sta nella sua umanità. Vive un conflitto interiore costante, diviso tra il desiderio di stabilità e i traumi mai superati dell’infanzia. Ogni scelta, ogni esitazione racconta qualcosa di autentico.
Gerri non è il classico ispettore duro e risoluto. È fragile, spesso sopraffatto dalle emozioni, soprattutto nei casi che coinvolgono minori o vittime vulnerabili. Questa empatia, rara nella narrativa crime italiana, lo rende diverso e incredibilmente vicino al pubblico. Le sue relazioni, in particolare con la collega Lea Coen non puntano su drammi urlati o colpi di scena, ma su silenzi, sguardi e piccoli gesti che raccontano verità profonde. La scrittura, ispirata ai romanzi di Giorgia Lepore, riflette questo approccio intimo, delicato ma potentissimo. E i risultati parlano chiaro: oltre il 20% di share alla prima puntata e un entusiasmo crescente sui social. Ma il vero trionfo è nella critica, che ha premiato la costruzione narrativa e la profondità psicologica del personaggio.
Maria Corleone nasce da premesse forti: figlia di un boss mafioso, cresciuta a Palermo e poi stilista a Milano. Dopo la tragica morte del fratello gemello, sceglie di tornare nel mondo criminale, mossa dalla vendetta e da un senso di lealtà familiare. Una trama carica di tensione e contrasti. Il problema? Troppe forzature, poca evoluzione vera. Il suo percorso segue binari già visti: la donna che sceglie la strada del crimine per proteggere i propri cari, il conflitto tra amore e potere, il melodramma che spesso prende il sopravvento sulla profondità. Il personaggio resta forte, ma prigioniero di archetipi. La seconda stagione della serie ha sofferto: gli ascolti sono scesi all’11% di share, segnale di un interesse in calo. E la critica ha evidenziato la mancanza di sfumature nella scrittura.
Il confronto, alla fine, è netto. Gerri è scritto con cura, attenzione ai dettagli e un realismo disarmante. Le sue fragilità non sono solo raccontate: si vedono, si sentono, diventano centrali nel racconto. Il suo percorso è autentico, privo di scorciatoie drammatiche. Maria, al contrario, appare costruita attorno a dinamiche già esplorate. Il personaggio è forte, sì, ma non sorprende né evolve davvero. Resta legata a un immaginario mafioso che ha già dato tutto quello che poteva dare. Ecco la verità: Gerri non vince per gli ascolti, ma per scrittura, profondità e umanità. È un protagonista che rompe gli schemi, che emoziona senza urlare. Maria Corleone, pur con tutto il suo carisma, si ferma un passo indietro. E in una fiction che vuole durare, quel passo fa tutta la differenza.
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