Il primo amore non si dimentica. Specie se è quello che ti insegna chi sei davvero e questa serie su Netflix è un esempio.
C’è una nuova serie su Netflix che non assomiglia a niente di quello che hai visto finora. Non cerca di stupire con colpi di scena forzati o triangoli amorosi costruiti a tavolino. Qui si parla di cuore, di pelle, di identità. Di verità. Siamo a Los Angeles, nel 2018. Una città che pulsa, che brucia sotto il sole e sui social, dove un video può rovinarti la vita prima ancora che tu abbia capito chi sei. Keisha lo scopre troppo presto: promessa dell’atletica, ragazza brillante, costretta a cambiare scuola per sfuggire allo tsunami di vergogna scatenato da un ex vendicativo. Il suo volto diventa virale. Ma non per il talento.
Eppure è proprio da lì che nasce qualcosa. O meglio, qualcuno. Justin. Un ragazzo che interpreta il ruolo dell’atleta perfetto per compiacere una famiglia da copertina, ma che dentro ha la mente di un nerd e la sensibilità di chi osserva il mondo da una crepa. Si incontrano a Capodanno, in quella zona grigia tra il “non più” e il “non ancora”. E il loro amore, fatto di sguardi lunghi, mani che si sfiorano, e conversazioni che sembrano canzoni, esplode come una promessa sussurrata. Ma non tutto è rosa, e non tutto è drama. C’è molto di più.
Dimentica i cliché da soap per adolescenti. Qui non ci sono amori tossici mascherati da passione, né litigi infiniti per creare tensione narrativa. Quello che vediamo è reale: il primo amore come dovrebbe essere. Intenso, fragile, pieno di dubbi e di bellezza. Un amore che non cerca di salvarli, ma li accompagna mentre imparano a salvarsi da soli. Questa serie ha radici negli anni Settanta, ma la sua linfa è tutta del presente. Il romanzo da cui è tratta è firmato da Judy Blume, icona letteraria dell’adolescenza americana. Ma il merito dell’attualizzazione va tutto a Mara Brock Akil, che prende la trama e la innesta nel mondo digitale, fatto di Instagram, pressioni sociali, aspettative familiari, e crisi di identità. E lo fa senza retorica, senza paternalismi. Con empatia e verità.
Keisha e Justin non sono soli. Attorno a loro si muove un cast corale che dà voce a una generazione che chiede solo di essere ascoltata. Amici, fratelli, genitori: tutti con le loro contraddizioni, tutti con le loro ferite. Ogni personaggio è scritto con cura, con rispetto, con profondità. È raro vedere una narrazione teen così radicata nella contemporaneità Black, senza cadere nei soliti stereotipi. La serie mostra una comunità viva, complessa, piena di sfumature. Parla di successo e fallimento, di ferite e guarigione. Di sogni che non chiedono il permesso per esistere. Per chi ricorda il primo amore con un sorriso e un brivido. Per chi è cresciuto nel caos delle aspettative. Chi ha dovuto reinventarsi dopo essere stato messo in ginocchio. Per chi ha ancora delle domande. Per chi non ha mai avuto le parole, ma adesso le cerca in una storia che, guarda caso, sembra scritta proprio per lui.
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