Stasera in tv un film imperdibile ispirato a un libro famosissimo. Ma facciamo un passo indietro. Leonardo DiCaprio era appena uscito dal fenomeno Titanic. Il mondo intero lo adorava. Hollywood non vedeva l’ora di rivederlo al cinema. E ci riuscì con La maschera di ferro, film tratto dal celebre romanzo Il visconte di Bragelonne di Alexandre Dumas.
Andato in onda per la prima volta nel 1998, torna stasera in tv, alle 21:30 sul NOVE. E lo fa portando con sé tutto il peso di una storia potente, di un successo commerciale clamoroso e di emozioni che hanno superato il tempo. Il film è ambientato nella Francia del 1664, durante il regno assoluto di Luigi XIV. Dietro una maschera di ferro si nasconde un segreto che potrebbe cambiare il destino della monarchia. Ma la vera forza del film è altrove.
È nei volti, nei legami, nelle verità nascoste. È in un cast internazionale che ha fatto epoca: Jeremy Irons, John Malkovich, Gérard Depardieu, Gabriel Byrne. E naturalmente lui: Leonardo DiCaprio, che interpreta due gemelli identici divisi dal potere, dal sangue e dalla verità.
Dietro la regia c’è Randall Wallace, lo sceneggiatore di Braveheart. Una garanzia. La colonna sonora firmata Nick Glennie-Smith ha fatto il giro del mondo: persino alle Olimpiadi di Salt Lake City 2002 fu usata per la medaglia d’oro del pattinatore Alexei Yagudin. Girato in location da sogno come Vaux-le-Vicomte e Fontainebleau, è un film che trasuda storia e bellezza visiva. Eppure, al tempo della sua uscita, fu accolto con freddezza dalla critica.
Nonostante tutto, il pubblico rispose in massa. Incassi mondiali da 183 milioni di dollari. In Italia superò i 9 milioni di euro. A fronte di un budget contenuto, fu un trionfo inaspettato. E mentre i recensori storcevano il naso, milioni di spettatori piangevano in silenzio. Non solo per la scena finale. Ma per ciò che rappresentava: l’amore taciuto di un padre, la rinuncia alla verità, il sacrificio per un ideale più grande.
La maschera di ferro non è solo un film in costume. È una riflessione amara sull’identità e sul potere. Sul diritto di esistere. Su chi viene nascosto solo perché il suo volto dà fastidio a qualcuno. Filippo, il gemello dimenticato, è tutto questo. Vive nell’ombra mentre il fratello comanda. Ed è solo grazie al coraggio degli ultimi tre moschettieri che avrà una possibilità. Aramis, Athos, Porthos: sono uomini stanchi, ma ancora capaci di cambiare il corso della storia. Per l’amicizia, per la giustizia. Per restituire un volto a chi lo ha perso. D’Artagnan, invece, combatte un conflitto più intimo. È il capitano del re, ma anche il padre segreto del ragazzo con la maschera. La sua lealtà è messa alla prova. E alla fine sceglierà di morire per salvare ciò che ama davvero.
Ciò che rende questo film unico non è solo la messa in scena. È il messaggio. La consapevolezza che l’eroe vero è spesso quello che non si vede. Quello che resta indietro, che tace, che muore senza essere riconosciuto. Rivederlo stasera in tv significa anche fare i conti con una storia che continua a parlarci. Che chiede giustizia, ma anche ascolto. Che nasce da un romanzo immortale e vive ancora in ognuno di noi. Perché alcune maschere sono di ferro. Altre, molto più sottili, ce le portiamo dentro ogni giorno.
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