Ha debuttato su Rai 1 lunedì 5 maggio 2025 e ha già acceso i social: la nuova fiction “Gerri”, diretta da Giuseppe Bonito, ha diviso il pubblico.
Il protagonista di Gerri, ieri sera in tv, è Giulio Beranek nei panni dell’ispettore Gregorio Esposito, detto – appunto – Gerri. È rom, tormentato, impulsivo e profondamente umano. Al suo fianco la bravissima Valentina Romani (Lea Coen), che torna in tv con un ruolo adulto e solido dopo La porta rossa e Mare Fuori. Il cast include anche Fabrizio Ferracane, nel ruolo del dirigente Marinetti.
Eppure, qualcosa non ha convinto. Il debutto è avvenuto in una fascia nobile, quella del lunedì sera. Una scommessa forte per Rai Fiction. Ma i feedback non sono stati univoci.
La storia si apre a Trani, in una Puglia noir mai vista così. Una ragazza, Rossella Albani, viene trovata senza vita su una spiaggia. Il padre è un avvocato potente. I sospetti si moltiplicano. La città è un dedalo di silenzi e influenze: spuntano i Longo, il senatore La Guardia e una Procura che ricorda vecchie ferite.
Il primo episodio si intitola “I figli sono pezzi di cuore”. Gerri segue una pista diversa, scomoda, forse personale. Interroga Lavinia, l’amica di Rossella. Scopre una relazione nascosta. E lo spettro del passato torna a galla.
Il secondo episodio cambia tono. È la notte di Natale e Gerri indaga con Lea Coen su una sparatoria in un deposito abbandonato. L’arma usata è di una collega, ora scomparsa. Si apre un nuovo mistero. Spunta Villa del Possibile, rifugio e trappola per donne in difficoltà. Dietro i muri, traffici e violenze taciute. Fin qui, tutto promettente. Ma sui social, il pubblico si divide.
Su X (ex Twitter), i commenti spaziano dall’entusiasmo alla delusione. C’è chi scrive: “Serie carina, forse un po’ lenta. Ma diamo tempo di ingranare.” Altri sono più duri: “Una serie veramente banale #Gerri”, “Talmente lenta che mi è venuto un colpo di sonno“. Molti però salvano la fotografia e le interpretazioni. In particolare quella di Valentina Romani, che ha colpito per intensità e maturità. Anche Giulio Beranek ha convinto con un personaggio tormentato e vulnerabile.
Il problema sembra stare altrove. La narrazione è volutamente lenta, introspettiva. Ma questo ritmo non è per tutti. Alcuni spettatori si aspettavano un Coliandro o un Montalbano, ma Gerri è tutt’altro. Qui non c’è ironia. Non c’è leggerezza. Solo silenzi, indizi e ferite. Una fiction d’autore che non rincorre l’audience, ma cerca profondità.
Dopo la prima puntata, una cosa è chiara: Gerri non è una fiction per tutti. E va bene così.
Ma il rischio è che la lentezza narrativa e la mancanza di appigli emotivi forti scoraggino il pubblico generalista. Il personaggio c’è, è potente, ma non basta ancora a far decollare la serie. Serve un cambio di ritmo. Serve un gancio forte, una scena che scuota davvero. Tuttavia, è solo l’inizio. La seconda puntata potrebbe essere il momento della svolta. E allora sì, forse Gerri entrerà davvero nell’anima degli italiani. Per ora, ha solo bussato alla porta.
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