Oggi su Netflix: L’abbaglio è la visione che non puoi assolutamente perdere.
C’è qualcosa di profondamente ipnotico nell’entrare dentro L’abbaglio, il nuovo film di Roberto Andò approdato oggi su Netflix. Un’opera che, con la sua sapiente miscela di verità storica e invenzione narrativa, promette non solo di intrattenere, ma di regalare una vera esperienza visiva. Un film che non guarda dall’alto l’epopea garibaldina, ma la scava dal basso, tra illusionisti, contadini e falsi preti.
Quando Toni Servillo, attore tra i più talentuosi e poliedrici interpreta Vincenzo Giordano Orsini, sai già che ogni scena diventerà un piccolo capolavoro di ambiguità e intensità. Accanto a lui, Salvatore Ficarra e Valentino Picone, rispettivamente nei panni di Domenico Tricò e Rosario Spitale, portano in scena un duo che mescola malinconia e leggerezza con una naturalezza rara. Tommaso Ragno nei panni di Giuseppe Garibaldi, Giulia Andò come Assuntina, e Leonardo Maltese nel ruolo del giovane Ragusin completano un mosaico di personaggi mai banali, mai retorici. Quest’ultimo nome ha brillato nei panni di Giacomo Leopardi su Rai 1: motivo in più per lasciarsi andare a questa incredibile pellicola.
L’abbaglio racconta un episodio poco noto della spedizione dei Mille: uno stratagemma per ingannare le truppe borboniche mentre i garibaldini puntavano su Palermo. Il genio sta nel tono: non è un racconto eroico da libro di scuola, è una narrazione viva, capace di oscillare tra il sorriso e l’amarezza. I volontari Tricò e Spitale, con la loro irresistibile arte dell’arrangiarsi, si trovano catapultati in ruoli surreali, travestiti da sindaco e da prete pur di salvare un paese dalla rappresaglia. Il sapore è quello di una ballata popolare che si sporca le mani nella polvere della realtà, dove il confine tra l’eroismo e la sopravvivenza è più sfumato che mai.
Un’esperienza sensoriale. La fotografia incanta con luci naturali che sembrano dipingere ogni inquadratura, mentre la regia di Andò si muove con eleganza tra campi lunghi e primi piani intimi. Persino i dettagli più minuti, come le ricette siciliane servite durante una cena improvvisata raccontano di un’Italia che ancora cercava di conoscersi. Non è un caso che critici come Gianmarco Cilento lo abbiano definito “un’Iliade dei furbacchioni”: L’abbaglio è una storia di piccole grandi astuzie che, in fondo, hanno costruito un pezzo della nostra identità nazionale. Una visione che in questa giornata particolare, che molti trascorrono lontano dal lavoro, è quasi un regalo da scartare al più presto: il contenuto non potrà mai essere una delusione.
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