Vanessa Incontrada e Lino Guanciale. Due volti amatissimi della fiction italiana. Due serie, una Mediaset, l’altra Rai apparentemente lontane: Tutto quello che ho e Il Commissario Ricciardi.
La prima, una produzione Mediaset in onda su Canale 5, racconta il dramma di una madre che cerca la verità sulla scomparsa della figlia. La seconda, ambientata nella Napoli del dopoguerra e trasmessa da Rai 1, segue un commissario malinconico che indaga grazie a un dono misterioso: sente le ultime parole dei morti. Sembra non esserci nulla che le leghi. E invece c’è qualcosa. Un filo sottile ma potente.
In Tutto quello che ho, Vanessa Incontrada interpreta Lavinia Santovito. È una madre che si impone di restare lucida, mentre il dolore la divora dentro. In Il Commissario Ricciardi, Lino Guanciale veste i panni di Luigi Alfredo Ricciardi, un uomo tormentato che porta il peso di ogni morte che incontra. Due personaggi diversi. Due contesti narrativi opposti. Ma un solo motore interno: il dolore trasformato in indagine.
Tutto quello che ho è una fiction moderna. Parla di sospetto, giustizia e lutti privati che diventano pubblici. Ambientata in una città contemporanea, ruota intorno a una madre e a un padre, Matteo Santovito (Marco Bonini), divisi dal modo di affrontare la tragedia. Lavinia sceglie la freddezza. Analizza. Osserva. Mette in discussione ogni testimone. Non piange davanti alle telecamere. Ma cerca risposte. Con ostinazione. Ricciardi invece si carica sulle spalle ogni vittima. Porta la morte con sé, ovunque vada. Non cerca giustizia per dovere, ma per liberarsi da un tormento che lo accompagna da sempre. Questa è la chiave. Il punto di contatto nascosto fra queste due fiction così diverse.
In Tutto quello che ho, la ferita è ancora aperta. La figlia, Camilla, è sparita. Il sospetto cade su Kevin, un ragazzo enigmatico, osservato da tutti ma conosciuto da nessuno. Il dolore non è passato. È presente, tangibile, dentro ogni scena. Ne Il Commissario Ricciardi, la ferita è cronica. Ricciardi ha imparato a convivere con essa. Ogni caso lo riapre. Ogni voce gli ricorda che la morte è ovunque, e lui non può ignorarla.
Ciò che unisce Lavinia e Ricciardi è questo: non possono voltarsi dall’altra parte. Il loro dolore è lenti di osservazione, ma anche motore d’azione. Non si piangono addosso. Agiscono. Vanessa Incontrada interpreta una madre che non si concede il lusso della fragilità. Lino Guanciale è un uomo segnato, che nasconde la propria umanità dietro il dovere.
Entrambe le fiction usano il lutto come chiave narrativa. Ma non per commuovere. Per scavare. Per mettere lo spettatore davanti a un interrogativo: quanto dolore siamo disposti a tollerare pur di sapere la verità? Tutto quello che ho si avvia verso il gran finale. L’ultima puntata andrà in onda mercoledì 30 aprile. E promette nuove rivelazioni.
Il Commissario Ricciardi, già concluso e in attesa della terza stagione, ha lasciato il segno per il suo stile lirico e malinconico. Ma è proprio questo che lo rende vicino a Lavinia: non risponde al dolore. Lo ascolta. In fondo, sia Ricciardi che Lavinia sanno bene che la verità non consola. Ma, a volte, è tutto quello che resta.
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