Su Netflix è disponibile un film che divide, incanta e sconvolge. The Hateful Eight, diretto da Quentin Tarantino, è un’esperienza cinematografica cupa, teatrale, violenta. Un western atipico che rifiuta i confini del genere.
Il cast è stellare. Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh. Ogni attore incarna un personaggio che esplode, lentamente, come una polveriera sotto la neve. Il ritmo? Esso è lento, ma mai noioso. Ogni parola conta. The Hateful Eight è ambientato nel Wyoming, pochi anni dopo la Guerra Civile americana. Una tempesta di neve obbliga otto sconosciuti a rifugiarsi nello stesso emporio di montagna. Tra loro: due cacciatori di taglie, una prigioniera, un sedicente sceriffo, un boia, un cowboy, un generale confederato e un messicano misterioso.
Il protagonista è John Ruth, detto “il Boia” (Kurt Russell). Sta trasportando Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh) a Red Rock per riscuotere una taglia da 10.000 dollari. Ma qualcosa non torna. I volti intorno a lui nascondono troppo. Le apparenze ingannano. La tensione è costante. Tra i rifugiati c’è anche il Maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson), ex soldato dell’Unione e altro cacciatore di taglie. Tra i due uomini si crea un’alleanza tesa, mai completamente fidata.
Il tempo passa. La bufera si infittisce. Le parole diventano accuse. Il caffè viene avvelenato. Il sangue scorre. Il film si trasforma. Da dialogo a massacro. Da indagine a vendetta.
La struttura del film è divisa in sei capitoli. Tarantino usa il montaggio come un bisturi. Flashback e colpi di scena si intrecciano. Lo spettatore viene spiazzato, coinvolto, trascinato fino all’ultimo fotogramma. Ogni dettaglio è costruito con precisione. L’ambientazione è claustrofobica. La luce è fredda, filtrata dai vetri ghiacciati. Il suono è magistrale. La colonna sonora di Ennio Morricone è inquietante, potente, inedita per un western.
Questa “perla nera” di Tarantino non ha solo diviso la critica: l’ha conquistata. The Hateful Eight ha vinto tre premi importanti. Oscar, Golden Globe e BAFTA, tutti per la colonna sonora di Morricone. Jennifer Jason Leigh ha ottenuto una nomination agli Oscar e ai Golden Globe. La sua interpretazione di Daisy Domergue è intensa, disturbante, selvaggia. Ogni smorfia, ogni sghignazzo, è un colpo al cuore dello spettatore. Robert Richardson, direttore della fotografia, ha ricevuto anch’egli una nomination agli Oscar. Le sue inquadrature gelide e teatrali trasformano l’emporio in una trappola mortale.
Nel cast brillano anche Walton Goggins (Chris Mannix), Tim Roth (Oswaldo Mobray), Michael Madsen (Joe Gage), Bruce Dern (Generale Smithers), e Demián Bichir (Bob). Piccolo ma cruciale ruolo anche per Channing Tatum, che compare in un flashback chiave.
L’impatto visivo è amplificato dal formato Ultra Panavision 70mm, una scelta audace. La pellicola restituisce dettagli estremi e una profondità che esalta la tensione e l’isolamento. Ma The Hateful Eight non è un film per tutti. È lungo, crudele, verboso. Ma è anche un thriller psicologico che scava nell’animo umano. Ogni scena serve a costruire un mosaico di inganni, patti non detti e odio sedimentato.
Netflix lo ripropone in catalogo. È l’occasione perfetta per (ri)scoprirlo. Soprattutto se ami Tarantino. Soprattutto se non l’hai mai visto fino in fondo. Non è solo un film. È una sfida. Chi sopravvive fino alla fine, merita di guardare i titoli di coda. Immergiti nell’universo spietato di The Hateful Eight.
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