Tutto quello che ho clona una fiction tra le più viste su Rai 1? Il dubbio

Tutto quello che ho: la fiction di Canale 5 convince il pubblico, ma ricorda troppo un’altra serie con Vanessa Incontrada.

La prima puntata di Tutto quello che ho, andata in onda ieri in prima serata su Canale 5, ha conquistato il pubblico. Una storia intensa, ispirata a fatti realmente accaduti, che ha subito fatto breccia per la forza emotiva della trama e la performance intensa di Vanessa Incontrada. L’attrice veste i panni di Lavinia, un avvocato stimato e madre della giovane Camilla, scomparsa misteriosamente. Al suo fianco, il marito Matteo (Marco Bonini), poliziotto con il volto segnato dalla preoccupazione e da un senso di giustizia che spesso si scontra con la razionalità.

tutto quello che ho
Una scena struggente da Tutto quello che ho su Canale 5

La narrazione mescola dramma familiare, tensione investigativa e riflessioni sociali, in particolare sui pregiudizi e la difficoltà di guardare oltre le apparenze. Il personaggio di Kevin, giovane con un passato difficile, diventa infatti uno dei fulcri del sospetto, mentre Lavinia inizia un percorso doloroso alla scoperta di una figlia che conosceva forse meno di quanto pensasse. Un prodotto solido, ben confezionato, che ha ottenuto ottimi consensi e coinvolto emotivamente molti spettatori. Tuttavia, non sono mancate le critiche.

Tutto quello che ho ricorda troppo Scomparsa: un déjà vu narrativo che rischia di stancare

A guardarla con attenzione, Tutto quello che ho presenta somiglianze troppo marcate con un’altra fiction che vede protagonista sempre Vanessa Incontrada: Scomparsa, andata in onda su Rai 1 nel 2017. Cambiano i nomi (ma neanche troppo: la figlia si chiama sempre Camilla), cambia la città, ma la struttura narrativa è quasi speculare. Anche in Scomparsa, la protagonista è una madre single (Nora) alla ricerca della figlia misteriosamente sparita dopo una festa. Anche lì, le indagini si intrecciano con segreti sepolti, relazioni ambigue e una tensione crescente che tiene lo spettatore incollato allo schermo. Il dolore materno, la scoperta di una figlia diversa da quella immaginata, il coinvolgimento della comunità, il percorso psicologico ed emotivo che attraversa ogni personaggio: gli elementi sono praticamente identici.

Questa ripetitività narrativa solleva un interrogativo più ampio sull’attuale panorama delle fiction italiane. Il successo delle serie drammatiche con madri disperate, figlie scomparse e misteri da svelare sembra spingere produttori e sceneggiatori verso formule già collaudate, ma non sempre fresche. Se da un lato garantiscono l’empatia del pubblico e buoni ascolti, anche purtroppo a seguito di tutti i veri drammi che ascoltiamo quotidianamente al telegiornale, dall’altro rischiano di saturare il genere e renderlo prevedibile. Anche l’utilizzo ricorrente di volti noti, come Incontrada, ormai simbolo di questi ruoli intensi e drammatici, contribuisce a un senso di déjà vu che può penalizzare la percezione di originalità, nonostante la qualità recitativa sia indiscutibile.

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