Stasera in tv, una pietra miliare del cinema giudiziario che ancora oggi emoziona e divide: un film che ha fatto la storia. Trama, cast stellare e scene che hanno riscritto le regole del dramma giudiziario
Se ami il cinema che scava nell’anima e non si limita a raccontare, stasera in tv non puoi perdere un vero capolavoro del genere drammatico. Iris (canale 22 del digitale terrestre) trasmette alle 21:15 il film che ha consacrato tre leggende del cinema: Tom Cruise, Jack Nicholson e Demi Moore. Stiamo parlando di Codice d’onore, titolo italiano di A Few Good Men, pellicola diretta nel 1992 da Rob Reiner. Non è solo un film, è un concentrato di tensione morale, forza recitativa e verità scomode.
Tom Cruise, nel ruolo dell’avvocato militare Daniel Kaffee, incarna un giovane brillante e scettico, inizialmente interessato più a chiudere casi che a cercare giustizia. Al suo fianco, la determinata Demi Moore nei panni di Joanne Galloway spinge per andare fino in fondo, rifiutando ogni compromesso. Ma il vero cuore pulsante del film è il colonnello Nathan R. Jessup, interpretato da Jack Nicholson, in una performance da manuale che ha fatto scuola e ha regalato al pubblico la celebre battuta: “You can’t handle the truth!” (in italiano: “La verità? Tu non puoi reggere la verità!”).
Il film è stato candidato a quattro Premi Oscar, tra cui Miglior film e Miglior attore non protagonista per Jack Nicholson, e ha ottenuto enormi consensi di critica e pubblico. A più di trent’anni dall’uscita, Codice d’onore è ancora considerato uno dei migliori legal drama mai realizzati, con una scrittura affilata e un cast in stato di grazia. Merito anche della sceneggiatura firmata da Aaron Sorkin, che ha adattato la propria pièce teatrale con dialoghi serrati e taglienti, capaci di restare impressi nella memoria.
Questa pellicola ha aperto la strada a tanti film e serie tv che trattano il tema della giustizia militare e del conflitto tra etica e autorità, ispirando titoli come The General’s Daughter o Homeland. La forza di Codice d’onore risiede nell’attualità delle sue domande, che oggi come allora ci interrogano: fino a che punto un ordine può giustificare un’azione? Chi decide cosa sia giusto?
Dietro la macchina da presa troviamo Rob Reiner, regista noto per aver diretto anche Stand by Me e Misery non deve morire. Con Codice d’onore ha confezionato un film impeccabile, girato quasi interamente negli interni, con un’attenzione maniacale alle sfumature psicologiche dei personaggi. Tom Cruise, già all’apice della popolarità, dimostra in questo film una maturità recitativa sorprendente, reggendo il confronto con un monumento come Jack Nicholson, che ruba la scena ogni volta che entra in campo.
Demi Moore, da parte sua, interpreta con grinta una donna in divisa che lotta per farsi ascoltare in un mondo dominato dagli uomini. Il suo personaggio rompe gli stereotipi dell’epoca, anticipando molte figure femminili forti che vedremo nel cinema successivo. Al cast si aggiungono Kevin Bacon, Kiefer Sutherland, Kevin Pollak e un giovanissimo Cuba Gooding Jr., che contribuiscono a creare un microcosmo credibile e intenso.
Tra le curiosità più interessanti c’è il fatto che Jack Nicholson fu pagato circa 5 milioni di dollari per dieci giorni di riprese. Il suo tempo in scena, però, dura appena 20 minuti: eppure sono 20 minuti entrati nella storia del cinema. Non a caso, la scena finale del processo è considerata una delle più potenti mai girate: bastano uno sguardo, una parola, una pausa per far vibrare tutta la tensione accumulata.
Altro dettaglio affascinante: la famosa battuta “You can’t handle the truth” fu improvvisata da Nicholson sul set. Non era prevista in quei termini nella sceneggiatura originale, ma il regista decise di lasciarla perché perfettamente in linea con l’arroganza del suo personaggio. E da quel momento è diventata un punto fermo della cultura pop, citata in innumerevoli parodie e tributi, da I Simpson a Family Guy.
Anche sul piano simbolico, il film ha lasciato un segno profondo. Le divise, i saluti militari, le regole non scritte della gerarchia raccontano un mondo rigido e spietato, dove l’onore è spesso un pretesto per coprire abusi. In questo senso, Codice d’onore è ancora oggi un monito contro l’abuso di potere e la cecità dell’obbedienza cieca. Un messaggio forte, che risuona in ogni epoca e contesto.
Dal punto di vista tecnico, la regia di Reiner punta su inquadrature strette e movimenti misurati, per sottolineare la claustrofobia delle aule e la pressione sui protagonisti. La fotografia, firmata da Robert Richardson, alterna luci fredde e toni caldi con grande efficacia, mentre la colonna sonora di Marc Shaiman accompagna la narrazione con discrezione, lasciando spazio alle parole, vere protagoniste del film.
Il successo di Codice d’onore fu immediato: al box office incassò oltre 240 milioni di dollari in tutto il mondo, entrando di diritto tra i film più visti del 1992. Ma il suo impatto non si è limitato ai numeri (come nel caso di un altro film). Ha cambiato il modo in cui il pubblico guarda ai processi legali, introducendo una carica emotiva e morale raramente vista prima.
In un’epoca in cui tutto corre veloce, riscoprire questa perla del cinema è quasi un atto di resistenza culturale. Sedersi sul divano, ascoltare quei dialoghi, rivedere Tom Cruise lottare con se stesso, Jack Nicholson esplodere di rabbia e Demi Moore tenere il punto, è un’esperienza che vale ogni minuto. E soprattutto, ci ricorda quanto il cinema possa essere potente quando tocca le corde giuste.
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