
Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile
Simone Ombuen
n.6 novembre/dicembre 2019
Una legge statale, alla cui proposta di stesura abbiamo avuto modo di collaborare all’interno del Gruppo di lavoro del Cnappc, occorre che si sviluppi secondo due dimensioni essenziali.
Anzitutto considerando le competenze legislative esclusive dello Stato – come la definizione e l’ordinamento delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, la fiscalità e le modalità di perequazione delle risorse finanziarie, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – devono essere garantite su tutto il territorio nazionale la disciplina generale della materia ‘edilizia’, la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Essa occorre che consideri poi gli oggetti e le funzioni per le quali le competenze legislative risultano concorrenti fra Stato e Regioni, e in particolare abbia cura delle competenze statali esclusive che poi per complementarietà definiscono lo spazio della legislazione regionale concorrente. Ciò vale per materie legislative come i principi fondamentali nel governo del territorio, la protezione civile, la tutela e la valorizzazione dei beni culturali.
La prospettiva della sostenibilità, propria della Presidenza von der Leyen della Commissione europea e del nuovo mandato quinquennale del Consiglio europeo, rinvia alla necessità della assunzione dei principi e dei metodi dello Sviluppo sostenibile nell’azione pubblica. In via di estrema sintesi:
• Assunzione degli obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Onu
• Assunzione degli obiettivi di Agenda 2030 dell’Ue, e in particolare degli obiettivi sfidanti relativi ad ambiente, energia e clima
• Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile in raccordo con la Strategia nazionale
• Sostenibilità multidimensionale
• Decarbonizzazione, economia circolare, neutralità climatica, transizione energetica
• Raccordo con la programmazione comunitaria
• Importanza degli outcomes, non solo degli outputs
Ma a tale prospettiva politicoculturale è necessario affiancare un’altra fondamentale dimensione di riforma del governo del territorio, che in Italia attende da ormai troppi anni. Ci si riferisce qui alla assunzione della modalità strategica quale principio fondamentale per il governo del territorio.
Per ciò si intendono diversi elementi concettuali, fra loro strettamente correlati: l’introduzione del principio di coerenza nel governo del territorio; il superamento dei principi di competenza e di conformità quali riferimenti unici dell’azione amministrativa; la formazione di quadri conoscitivi pertinenti e di indicatori popolabili e operabili (rif. SDGs) per tutto il sistema di piani, programmi e politiche, come del resto esplicitamente richiesto dal Regolamento generale varato dalla Commissione europea per il settennio di programmazione 2021-2027; la sostituzione logica di descrizioni statiche del futuro con l’assunzione di scenari di riferimento, e di scenari-obiettivo, come del resto da vari anni praticato nella politica economica del Governo e nella gestione del DEF; l’assunzione di obiettivi, generali e specifici, quale modalità a regime di progettazione, gestione e monitoraggio delle politiche pubbliche per il territorio e lo sviluppo sostenibile; la definizione e implementazione di azioni coerenti agli obiettivi (le azioni non sono solo opere pubbliche); l’assunzione sistematica di stringenti termini temporali per la produzione degli effetti attesi; l’implementazione sistematica degli atti di monitoraggio dell’attuazione, per poter valutare e apportare le necessarie correzioni nel corso delle azioni, anche in considerazione della mutabilità crescente degli scenari di riferimento.
Tali prospettive rinviano alla individuazione di altri principi fondamentali da perseguire nello sviluppo dell’azione pubblica. Fra di essi si segnalano la necessità di considerare l’insieme degli atti costituenti l’azione rigenerativa come interesse pubblico complesso, superando una concezione dell’interesse pubblico solo incorporato nell’opera pubblica; il recupero del principio di controprestazione, vale a dire l’applicazione di una corrispondenza fra carico fiscale applicato ed erogazione delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (i servizi), uscendo da una dimensione esclusivamente nominalistica e assumendo la prospettiva di fondo dell’erogazione effettiva anziché della garanzia di dotazioni teoriche; un conseguente riordino generale della fiscalità immobiliare, e una revisione del catasto per la riqualificazione della base imponibile di tutta la fiscalità immobiliare; una riforma degli oneri di urbanizzazione, prevedendo che paga soprattutto chi beneficia, e non (come oggi) solo chi trasforma; un generale ripristino della effettività del sincretismo decisionale della PA, oggi gravemente lesionato; la pratica del contemperamento degli interessi pubblici differenziati nella prospettiva dell’unità di tempo; la riforma generale del procedimento amministrativo nel TUEL. In particolare, il gruppo di lavoro ha fatto sua la proposta di inserire come allegato al Documento di Economia e Finanza un atto statale di programmazione ordinaria per le politiche urbane e la rigenerazione. Ciò consentirà di assumere la rigenerazione di città e territori come obiettivo di lungo periodo della Repubblica, dando stabilità e prospettive a una intera filiera di politiche.
In particolare occorre poi la definizione di una Strategia nazionale per la rigenerazione urbana, ovvero di una Agenda urbana nazionale, attraverso l’inserimento di un capitolo permanente nel bilancio dello Stato (allegato al DEF) così come già accade ad esempio per l’Allegato infrastrutture.
Ne seguirà la costruzione di una programmazione multilivello di respiro pluriennale per la convergenza delle risorse fra Stato, Regioni e Comuni verso il circoscritto numero di obiettivi prioritari che l’Agenda urbana individuerà per il periodo di programmazione, in raccordo di bilancio con la programmazione comunitaria, i suoi cicli e le sue modalità operative specifiche, sperando così di superare definitivamente il sempiterno conflitto fra coerenza delle azioni agli obiettivi e conformità degli atti alla gabbia delle competenze costituite, nel quale il sistema italiano si dibatte confusamente sin dal tempo delle leggi n.142 e 241 del 1990.

