Interni e magistratura

arch. Franco Frison

Tutte le comunità si sono sempre dotate di regole condivise, norme e convenzioni necessarie per una convivenza civile, fondamento per la certezza dell’agire e sintesi del sentire comune.

Anche la comunità degli architetti, a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta (1968), ha ritenuto necessario affiancare alle Norme ordinamentali, definite dal legislatore, un Codice Deontologico volto a declinare le regole fondamentali da adottare nello svolgimento della professione.

Negli oltre quarant’anni, tra la prima disposizione istitutiva degli Ordini (Regio Decreto n. 1395/1923) e gli anni Sessanta, non si era ritenuta necessaria l’istituzione di un Codice deontologico e probabilmente solo il travolgente ‘boom’ economico con le grandi trasformazioni territoriali che accompagnarono gli anni del dopoguerra, imposero alla comunità professionale una profonda riflessione.

Il Codice è stato periodicamente aggiornato, per adeguarsi alla naturale evoluzione del fare la professione e per recepire gli innumerevoli cambiamenti che la sottendono, con regole fondamentali e condivise, non solo volte a ribadire la centralità dell’etica, ma anche per concorrere alla realizzazione e alla tutela dei valori e degli interessi generali.

Nel 2014 il Codice ha recepito i cambiamenti sostanziali introdotti dall’articolato processo di revisione delle regole professionali, avviato dal governo tra il 2011 e il 2013, che ha introdotto l’obbligatorietà del contratto, dell’assicurazione, dell’aggiornamento professionale continuo, l’abrogazione delle tariffe, le nuove società tra professionisti e ha liberalizzato ogni forma di pubblicità professionale.

In questi ultimi anni ci sono state ulteriori e importanti integrazioni che hanno visto l’impegno costante del Gruppo operativo deontologia, del Consiglio nazionale, della Delegazione consultiva e della Conferenza degli ordini. Un reale esercizio di democrazia, non obbligato da fondamenti giuridici e pertanto non così scontato.

Le regole deontologiche sono dunque il riferimento fondamentale per ciascun professionista, esse determinano obblighi nei confronti del pubblico interesse e doveri specifici nei confronti della committenza, dei colleghi, dei propri dipendenti o stagisti, dell’Ordine, del Consiglio di disciplina e dell’intera società. Il D.P.R. n. 137/2013 ha istituito presso gli Ordini provinciali i Consigli di disciplina, ai quali è stato attribuito il compito di accertare i fatti oggetto di contestazione e di decidere le eventuali sanzioni da applicare.

Un tempo queste funzioni venivano svolte dai Consigli degli ordini, eletti dagli iscritti, poi in ossequio al principio della terzietà, con l’introduzione dei Consigli di disciplina la loro nomina è stata posta in capo al presidente del tribunale locale.

L’attività dei C.d.D. è centrale per l’intero sistema e deve tendere alla garanzia del diritto alla difesa e all’equo giudizio; gli effetti del giudizio disciplinare possono essere rilevanti fino a giungere all’interdizione dall’esercizio professionale a tempo determinato o all’interdizione definitiva, quando la gravità della mancanza commessa incide sull’affidabilità stessa dell’intera categoria e quindi sulla sua credibilità.

In analogia con l’ordinamento civile, penale e amministrativo, le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dinanzi al Consiglio nazionale e le decisioni di quest’ultimo essere appellate in Cassazione.

Il Dipartimento provvede allo svolgimento delle attività istruttorie di questa fondamentale attribuzione (già prevista in capo al Consiglio nazionale nel lontano 1925), al fine di consentire al Consiglio, nelle periodiche sedute dibattimentali di magistratura (a cui può partecipare l’iscritto che ha subito la sanzione e il rappresentante dell’organo che lo ha sanzionato) di valutare la fondatezza dei ricorsi, il corretto rispetto delle procedure, l’eventuale subentro della prescrizione, l’adeguatezza, l’equità e la proporzionalità della sanzione irrogata. Fino a qualche anno fa tali sedute venivano svolte presso il Ministero della Giustizia, ora presso la sede del Cnappc; le decisioni sono assunte in nome del popolo italiano.

Con il Gruppo operativo si è recentemente provveduto alla revisione delle Linee Guida ai procedimenti disciplinari, con allegati modelli e facsimili, importanti ausili operativi per l’attività dei Consigli di disciplina.

È di tutta evidenza quanto gli aspetti della deontologia debbano essere fondamento nello svolgimento della professione e pertanto, anche per promuovere una cultura sensibile a questo tema, con l’introduzione nel 2014 dell’aggiornamento professionale continuo per chi esercita la professione, è stata resa obbligatoria l’acquisizione ogni anno di 4 crediti formativi professionali sulle materie ordinistiche, prevalentemente quelle deontologiche.

L’azione che il dipartimento, congiuntamente agli uffici del CNAPPC, ai consulenti, al Gruppo operativo e all’Ufficio di presidenza della Conferenza degli ordini è anche quella di mantenere elevata l’attenzione e la sensibilità su questi temi, organizzando periodici seminari di approfondimento presso gli Ordini provinciali rivolti agli iscritti. Annualmente vengono inoltre organizzati dei momenti di confronto e di studio destinati ai soli componenti dei Consigli di disciplina. La sfida su cui ci stiamo impegnando è anche quella di riuscire a formare i futuri professionisti già nell’ambito del loro percorso universitario, mediante la possibile istituzione di seminari o corsi di deontologia volti a promuovere nelle giovani generazioni l’etica del fare una professione così importante.

Franco Frison
Nato a Roma nel 1961, si è laureato nel 1986. Presidente dell'Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Belluno dal 2001 al 2010, è al suo secondo mandato come Consigliere Nazionale.