Verso una vera sostenibilità: la casa a Mazzarrone

Testo di Walter Angonese

n.6 novembre/dicembre 2019

La flessibilità e la capacità degli spazi di adattarsi a diversi usi, senza perdere la loro essenza formale, sono tra i principi fondativi alla base di un buon concetto di sostenibilità. Nel progetto per la riconversione di un ex asilo in abitazione, la Cannizzo riesce, con rara maestria, a ridurre l’azione di progetto, dimostrando come l’architettura sia anzitutto una disciplina intellettuale che trova la sua sublimazione massima nella meticolosa cura del dettaglio
Foto di Giulia Bruno

La casa a Mazzarrone è un esempio di riuso consapevole e responsabile di una ex scuola materna ormai obsoleta, messa all’asta dall’amministrazione pubblica e acquistata da una famiglia di coltivatori diretti della zona. L’intervento sottolinea, tutt’altro che sorprendentemente, l’assoluta bravura di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo nell’interpretare luoghi apparentemente secondari caricandoli di nuovi valori e significati.
La riconversione dell’edificio, riletta in chiave residenziale, ci dà prova di come il patrimonio edilizio siciliano – meno considerato in quanto non ancora storico e spesso progettato per mano anonima, ma pur sempre di qualità – possa meritare una nuova considerazione o, come la definisce l’architetto, “una nuova vita”. Un messaggio importante in una regione in cui le eccellenze architettoniche storiche convivono con l’architettura abusiva, con il ‘mai finito’, in un contesto che conta poche architetture contemporanee di rilievo.
Credo che questa casa a Mazzarrone sia esemplare, in quanto dimostra come oggi l’architetto può contribuire, ragionevolmente e responsabilmente, alla gestione delle cosiddette energie grigie – uno dei grandi temi del futuro – confrontandosi, in maniera sostanziale e non solo retorica, con quel che è comunemente definito ‘sostenibile’. Questa abilità trova, in questo lavoro, una manifestazione estremamente riuscita, adeguata e legata a un’idea di responsabilità socioculturale. Maria Giuseppina Grasso Cannizzo si approccia al progetto da ‘architetto generalista’ – definizione tristemente caduta in disuso – senza perdersi nei tecnicismi e nella retorica di cui spesso si nutrono le inflazionate ‘Caseclima’ tanto care al mondo del marketing contemporaneo.
Per rispettare e prendersi cura dell’ambiente presente e futuro serve altro: è necessario interrogarsi a lungo e lavorare con attenzione per capire se ciò che facciamo sia veramente appropriato allo scopo e al luogo. Questo, a mio parere, può essere definito un approccio sostenibile alla progettazione architettonica, non la mera applicazione di soluzioni tecniche svuotate di senso che, spesso, non rispondono al luogo che le ospita. A chi si confronta con il lavoro di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, riconosciuta internazionalmente come forse il più interessante architetto italiano, non sorprenderà che, proprio lei, abbia saputo donare alla sua Sicilia un ulteriore progetto paradigmatico, quasi prototipico.
Un asilo circondato da un giardino, apparentemente senza grandi qualità, costruito grossomodo cinquant’anni fa da un ingegnere sconosciuto e collocato ai margini di un piccolo borgo abitato, ma con la fortuna di affacciarsi sul bellissimo territorio agricolo della provincia di Ragusa. Con il suo intervento di recupero valorizza quelle qualità che, a un primo sguardo poco attento, potevano sembrare modeste, di poco conto, ma che l’architetto ha colto e accettato come una delle sfide del progetto. Maria Giuseppina Grasso Cannizzo ha saputo trasformare un asilo dotato di tre aule, una mensa e alcuni spazi accessori in una villa, caratterizzata da una ‘nobile semplicità’, per citare le parole usate da Winckelmann nel descrivere quanto provato trovandosi davanti ai templi greci. Sono pochi gli interventi necessari alla progettista per raggiungere questa nobiltà ed eleganza; pochi, ma di massima chiarezza, precisione e poesia; qualità, queste ultime, che contraddistinguono il suo intero operato.
All’arrivo, ad accogliere il visitatore, si trovano due portali di ferro zincato che, seppur nuovi, a un primo sguardo sembrano essere lì da tempo, così come la rete a maglia e i muri di calcestruzzo che delimitano i margini della proprietà. È solo attraverso una osservazione più attenta che si percepisce la presenza di una orchestrazione di fondo e di un pensiero sensibile e riflessivo, guidato da grande coerenza e consequenzialità.
A uno sguardo attento si coglie che il percorso esterno, realizzato in lastre di pietra locale, è stato oggetto di una riflessione critica vicina a quella tipica del restauro architettonico; il lastricato, incidentato da alcune lacune, è stato sanato colmando i vuoti grazie al mattone, un materiale di facile reperibilità – in quanto uno dei materiali dell’edificio – e non con altre pietre prese in sito. Un approccio poetico e adeguato, rispettoso nei confronti della storia fragile e, per certi versi, povera dell’edificio. Così come il cambiamento dell’accesso al lotto che manifesta, anche semanticamente, il cambiamento d’uso che la riconversione ha portato, o anche il mantenimento delle piccole pergole colorate. Segni lasciati volutamente, per tenere in vita la memoria dell’uso originario; non solo questa memoria è necessaria per legittimare e descrivere l’intervento, ma è proprio la presenza di questa memoria a rendere unico questo approccio che racconta la solidità di un’architettura, a chi sa interpretarla. Una strategia che, per certi versi, ricorda quella del Denkmalschutz ohne Denkmalpfleger, ovvero ‘il conservare senza conservatorismi’, capacità che può essere riferita solo a una persona con una profonda cultura, esperienza e consapevolezza, in grado di orchestrare minimi gesti significativi in una grande composizione spaziale.
Che in questo intervento ci sia una continua verifica sull’adeguatezza delle scelte progettuali per non squilibrare mai troppo il carattere dell’edificio, lo dimostra ad esempio anche la dismissione dei pannelli di eternit, sostituiti con pannelli ondulati di fibrocemento, simili benché non del tutto uguali, ma pur sempre di provenienza industriale. Questa scelta consente di mantenere una continuità visiva degli elementi compositivi della facciata – mattoni, intonaco e i sopracitati pannelli – rispettando l’immagine, il carattere e le qualità sottili del manufatto senza prevedere l’aggiunta di nuovi elementi che, forse, sarebbero risultati disturbanti. Riconoscere questo equilibrio è segno di massimo rispetto verso il luogo, la sua storia e la sua cultura. Un’attitudine che oggi sembra scomparsa in un mondo architettonico troppo mediatico, solo legato al mero oggetto, spesso irresponsabile nei confronti del contesto che lo circonda, e, per questo, fallimentare.
Il nuovo accesso alla casa ridefinisce le gerarchie degli spazi esterni e interni, usa la composizione dei volumi preesistenti per generare un percorso nuovo sulla trama dell’esistente. Josef Frank, in un articolo del 1931, ha definito la casa una piccola città con strade e piazze che si allargano e stringono, dove i percorsi sono strade e gli spazi piazze. Per molti versi, la strategia usata nella progettazione di questa casa mi ricorda questa interpretazione. Chi accede alla casa trova una raffinatissima porta d’ingresso ad accoglierlo, una soglia eloquente, composta da profili assemblati su misura, precisissima come lo sono tutti gli infissi disegnati su misura.
Accedendo, si entra in uno spazio generoso a doppia altezza (la ex mensa) che oggi ospita il soggiorno, ‘la piazza principale’ – per parafrasare Frank – in cui le diverse generazioni che abitano la casa si incontrano e attorno alla quale sono dislocati gli spazi di servizio oltre a un piccolo appartamento per la madre della proprietaria. Ci si ritrova immersi in uno spazio abitativo molto generoso, per certi versi inaspettato; nonostante originariamente ospitasse una mensa, la generosità dello spazio riporta alla dimensione delle ville ottocentesche del ragusano.
Questa sensazione stupisce. L’architetto è stato capace di trasformare la Stimmung (‘l’atmosfera’, come la definiva Adolf Loos) di una mensa in quella di un nobile salone, il tutto senza intervenire sullo spazio se non attraverso pochi segni, come i necessari interventi di ripristino tecnico degli impianti e delle superfici. Il soggiorno, rivolto verso nord-ovest, si affaccia su una terrazza che, inquadrata da due piccoli volumi, proietta lo sguardo su uno splendido scorcio del paesaggio agricolo circostante. A sud-est, una preesistente scala a doppia rampa permette di accedere al primo piano.
La sua dimensione, originariamente pensata per garantire la fluida circolazione degli alunni all’interno della scuola materna, assume oggi una dimensione teatrale che la trasforma in oggetto di rappresentanza, legato alla nozione della ‘apparizione scenica’. Ovviamente anche questo aspetto, come ogni altro minimo dettaglio, è stato oggetto di una attenta riflessione spaziale magistralmente orchestrata. Non a caso, chi dal salone accede al primo piano, non trova l’ex corridoio di smistamento alle aule, ma un secondo soggiorno, una seconda ‘piazza’.
A differenza della prima, questa è più intima e privata, un luogo in cui la famiglia possa raccogliersi senza cercare il ‘palco pubblico’ del salone ma trovando comunque uno spazio generoso e raffinato ad accoglierla. Trovano qui spazio una serie di arredi disegnati su misura, raffinatissimi, non solo tecnicamente, come tutti gli interventi e i mobili su misura inseriti. Questa raffinatezza compositiva e materica ci accompagna in tutta la casa: la ritroviamo nelle camere da letto dei bambini come anche in quella dei genitori, in cui è stato inserito un box bagno-armadio di acciaio zincato e compensato marino – una vera ‘macchina per abitare’ – o nei bagni, in cui un ingegnoso insieme di marchingegni permette di leggere queste unità come staccate e indipendenti dall’involucro preesistente.
Questi interventi contribuiscono a esaltare la filosofia e l’approccio di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo; sempre attentissima nel dialogare tra preesistenza e contemporaneità, mai troppo dialettica come oggi pare di moda, costantemente alla ricerca di una dimensione interstiziale, a tratti ambivalente nel cercare di sorprendere chi accede o vive questi spazi. Per tutti questi aspetti, ritengo che la casa a Mazzarrone sia, come già accennato all’inizio, un vero prototipo, un modello interessantissimo da seguire in un contesto come quello italiano che sembra ignorare, o peggio aver perso, il suo legame con il contemporaneo del dopoguerra e che fatica a riconoscere che sono questi gli interventi di cui avrebbe bisogno. Progetti che riescono a cambiare un territorio, spesso degradato, rinunciando a curarlo con la forza, ma avvalendosi di piccoli gesti radicali. Chi conosce o si confronta con l’opera di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo sa quanto lei cerchi di non seguire mai un percorso lineare, troppo ovvio, e sa anche che sono progetti come questo a richiedere tutta la sua esperienza e passione, tutte le sue energie e risorse da professionista, da intellettuale, da donna di cultura.

Crediti
Riconversione di un ex asilo in residenza privata
Localizzazione
Mazzarrone, Catania
Progetto
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
Committente privato
Luisa Cassisi
Strutture
Gianluca e Salvatore De Francisci
Impianti
G.M.G. Engineering Project S.R.L.
Superficie lorda
Prima dell’intervento 508,51 m2 Dopo l’intervento 497,59 m2
Imprese
Costruenda s.r.l. (opere edili) Lattoneria Edile F.lli Pane (copertura tetti) Clima Impianti s.r.l. (impianto di riscaldamento) SIET di Dipasquale (impianto elettrico) Infissi Cassarino Srl (infissi esterni) Omet Snc (attrezzature mobili/porte)
Cronologia
2015-2018
Photo credits
© Giulia Bruno
Disegni e materiali riprodotti
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
veduta della casa a Mazzarrone
cantiere casa a Mazzarrone
piante della casa a Mazzarrone
Veduta cantiere a Mazzarrone
Prospetti e sezioni della casa a Mazzarrone
veduta edificio a Mazzarrone
veduta facciata sud-est della casa a Mazzarrone
fronte delle aule a Mazzarrone
interno camera della casa a Mazzarrone
disimpegno primo piano della casa del Mazzarrone
doppia rampa della casa a Mazzarrone
soggiorno della casa a Mazzarrone
soggiorno della casa a Mazzarrone
letto e box bagno della casa a Mazzarrone
locali servizio della casa a Mazzarrone