Lato sud Fondazione Prada

Una modernità medievale, OMA

Testo di Francesco Tosetto

n.4 luglio/agosto 2019

Intervenire su manufatti architettonici del passato è una tematica di estrema contemporaneità; il progetto che Rem Koolhaas disegna per la Fondazione Prada è un manifesto ragionato di come progettare su questi contesti. Passato e presente dialogano equilibratamente per ridefinire il futuro, non solo dell’esperienza museale, ma anche per riqualificare un’intera parte della città di Milano

A distanza di oltre un ventennio dalla nascita della Fondazione Prada, con sedi a Venezia e Milano, la stilista Miuccia Prada raccoglie oggi in un unico museo il rilevante patrimonio artistico accumulato, al fine di renderlo fruibile al grande pubblico. La dichiarazione d’intenti  che condensa questa volontà, riassunta in calce al testo Unveiling the Prada Foundation di Rem Koolhaas e OMA del 2008, è il preludio a un sodalizio che sancirà uno dei matrimoni intellettuali più prolifici dell’inizio di questo secolo, quello appunto tra Prada e OMA; un rapporto che trova similitudini in un passato che si rifà più all’Italia rinascimentale – per quanto concerne la relazione tra architetto e committente – che al nostro presente. Un sodalizio capace di mettere in atto, su scala urbana, un processo di cambiamento e riqualificazione virtuoso, realizzando un singolo manufatto architettonico che nasconde al suo interno la sfaccettata complessità della città stessa, esattamente come accadde in passato nella Città Storica

La Fondazione Prada potrebbe essere definita come ‘palazzo in forma di città’, proprio per la sua capacità di accogliere al suo interno una gamma di spazi più simili a quelli che  caratterizzano i piccoli centri storici italiani, piuttosto che a un museo moderno: un luogo dove il movimento avviene libero, catalizzato da poli attrattivi, anziché definito da uno spartito imposto dal progettista.  Questo principio di occupazione-accettazione della preesistenza prende forma dal concetto di ‘città nella città’ – teorizzato dallo stesso Koolhaas assieme a Osvald Mathias Ungers verso la fine degli anni Settanta del secolo scorso, in The City in the City – e irradierà questa sua specificità su una zona d’influenza molto più ampia della periferia milanese.

L’anomala armonia degli spazi, che caratterizza l’interno dell’isolato dell’ex scalo di Porta  Romana dove è ospitata la Fondazione, non segue quindi l’imposizione di un’egida progettuale rigida, che tirannescamente ridefinisce la relazione tra gli edifici, ma piuttosto è l’auscultazione accorta di tutta quella serie di vocazioni spaziali derivanti dalla relazione espressa da un insieme di corpi di fabbrica che già di per sé si mostrava con la complessità tipica di un corpus urbano storicizzato. Una sequenza giustapposta di elementi caratterizzati da una propria funzione specifica, che perderebbe potenza espressiva se si negasse la relazione d’uso che esiste tra loro; è proprio su questa relazione che l’architetto olandese decide di intervenire, integrandone ed esaltandone le tensioni intrinseche.

Esattamente come accade nella città storica, i diversi fabbricati che componevano il complesso industriale (ex distilleria Società Italiana Spiriti) del 1910 si sono sviluppati in rapporto di reciprocità d’uso tra loro; queste tensioni hanno instaurato un delicato equilibrio all’interno del complesso edilizio che azioni troppo invasive avrebbero compromesso per sempre. La peculiarità compositiva dell’isolato, chiamato a ospitare la Fondazione, ha portato dunque l’architetto olandese, a capo dell’Office of Metropolitan Architecture, a esprimere un atteggiamento al contempo critico e organico durante la fase progettuale: Koolhaas non si rapporta agli edifici nella loro singolarità, bensì ne accoglie l’eterogeneità, esaltandone le caratteristiche, che stabiliscono tra di loro una tensione con fattezze urbane.

L’autonomia dei corpi di fabbrica, dettata dal rapporto funzionale per il quale sono stati costruiti, viene tradotta in un insieme museale complesso, nel quale i singoli contenitori espositivi non perdono la loro indipendenza e la loro libertà espressiva, piuttosto ne fanno la loro raison d’être. La sapiente accettazione delle relazioni sottese al brano preesistente, permette di sviluppare un’area museale dove l’individualità – quella dei singoli contenitori e quella dei singoli fruitori – configura un ambito critico nel quale la scelta libera del percorso è la chiave per esaltare l’essenza e l’equilibrio espressi dagli spazi dell’antica fabbrica. Questa presa di posizione svela un approccio squisitamente teorico da parte dell’architetto, volto a rimettere in uso un manufatto con un’organicità tipologica più simile a un palazzo rinascimentale, che a quella di una cattedrale della cultura moderna. Un atteggiamento che ricade programmaticamente sull’azione pratica, traducendosi nella definizione di un modus operandi e, conseguentemente, degli strumenti attraverso i quali si agirà fisicamente sul brano edilizio.

Il progetto di Koolhaas per la Fondazione Prada si rapporta sì a un’edilizia ordinaria (dell’inizio del secolo scorso) ma lo fa con una posizione teorica a cavallo tra il principio di restauro conservativo e quello di restauro critico; oblitera la tabula rasa, che avrebbe potuto portare solo alla cancellazione delle stratificazioni dell’isolato industriale.

Per intervenire su un corpus di edifici sicuramente non monumentale, ma con un proprio equilibrio estetico, l’architetto arriva a definire una serie di vocaboli/strumenti di azione, attraverso i quali ottenere l’attualizzazione d’uso del complesso; a questo scopo entra in gioco l’esperienza criticoprogettuale che Koolhaas riassume in Elements (testo uscito in occasione della sua curatela alla 14. Biennale di Architettura): l’agire sulla storia, al fine di aggiornarne l’uso, passa necessariamente attraverso la comprensione dei dispositivi spaziali presenti e la conseguente giustapposizione di nuovi elementi – anch’essi con un’identità propria – che diventano i veri e propri strumenti per realizzare il processo di attualizzazione. Se letta in quest’ottica, la Fondazione si apre dunque a due versi di lettura: uno che si origina da un punto di vista esterno e l’altro da un punto di vista interno al complesso.

L’azione progettuale svolta dall’architetto è tesa a riattivare dei processi immaginifici radicati profondamente nel bagaglio culturale del futuro visitatore, al fine di trasformare un’architettura all’apparenza comune in un complesso monumentale, capace di accendere nell’individuo che lo visita una serie di immagini e di sequenze di spazi – o per meglio dire, di processi percettivi – caratteristici della città storica, ai quali è già stato educato.

Proprio come avviene in un complesso medievale o rinascimentale (una cittadella o un palazzo) – si pensi a Palazzo Ducale di Urbino o a Palazzo Orsini a Bomarzo – la Fondazione ha più fronti: uno interno e uno esterno, i quali permettono di strutturarne due letture complementari, ma con elementi caratteristici propri e specifici.

Dall’esterno, le Mura che originariamente cingevano lo stabilimento industriale, una volta ripristinata la loro grigia durezza, proteggono e definiscono il confine della Fondazione, configurando un témènos, un recinto sacro, all’interno del quale è accolto il complesso museale. Dal recinto affiora, anche da grande distanza, la Haunted House che in questa lettura simboleggia il Palazzo o la Cattedrale, proprio grazie alla scelta di ricoprirla in lamina d’oro; quest’operazione non solo nobilita la vecchia distilleria, ma ne unifica gli stilemi: ricoprire un intero edificio di un materiale atavicamente riconosciuto come il più ricco, cambia radicalmente il significato semantico di una struttura che nacque con una vocazione completamente diversa. Infine, la Torre, bianca, costruita ex novo, sorge all’estremo spigolo nord-ovest del lotto, per difendere idealmente il museo e manifestare al contempo la presenza della Fondazione alla città; esattamente come accadeva nelle cittadelle medievali, si attesta in una posizione di privilegio, in adiacenza con gli altri corpi di fabbrica ma separata dalle mura, dalla quale afferma l’autonomia dell’intervento e chiama a raccolta le forze intellettuali, che riqualificheranno un’intera area della città.

Aggirate le mura, continuando questo percorso di lettura, s’incontrano gli ingressi all’area: il Portale e il Passaggio Segreto, rispettivamente il vecchio cancello del complesso industriale e l’attuale ingresso al bar, disegnato dal regista Wes Anderson. Questi due varchi introducono il visitatore a due spazi percettivamente agli antipodi: il Portale, ingresso principale di una cittadella, si apre su una vera a propria promenade, che funge da spina dorsale per la sequenza di piazze interne; mentre il Passaggio Segreto introduce il visitatore, mediante un ponte levatoio ribaltato, in un mondo altro, eterotopico, rievocato citando i Giardini romani di Murray che Rem Koolhaas descrive minuziosamente nel suo Delirious New York. Questo misurato sistema distributivo ordina una sequenza di squarci prospettici, che altro non sono che gli originali spazi di manovra dell’antica fabbrica. Il Viale che si sviluppa dalla Porta principale, le due piazze su cui insistono il Podio, l’edificio del Cinema e la Piazza coperta richiamano una spazialità propria della città storica: una sequenza di luoghi, attraverso i quali il visitatore scivola liberamente all’interno del complesso museale. La gestione dei salti di quota e le variazioni di scala realizzano una sequenza eterogenea di piazze, coperte e non, le une subordinate alle altre, tutte connesse dualisticamente attraverso il movimento del fruitore e degli stessi edifici: il Podio si apre celando quando necessario le sue porte; il Cinema ripiega un proprio fianco, aggettando sulla piazza antistante un secondo palco; infine, lo spigolo dell’ala sudovest accoglie la vera e propria piazza coperta, che funge da cerniera tra la prima galleria, la torre e l’ultima piazza concatenata alla promenade.

Questo insieme di dispositivi, giustapposti e armonizzati alla preesistenza, esplicitano un’azione progettuale organica, capace di innescare un processo di rigenerazione virtuoso in un’intera parte di Milano, che per sua natura non era chiamata a fungere da polo attrattore e nobilitatore del tessuto urbano.

La Fondazione è come una foto dove i ricordi riaffiorano in maniera casuale, dove l’ordine delle cose non è gerarchizzato, dove la memoria si muove schizofrenicamente da un episodio spaziale all’altro, per ricostruire un’immagine vivida di un’esperienza ‘che potrebbe anche non essere mai esistita’.

Crediti
Oggetto
Fondazione Prada
Localizzazione
Milano, Largo Isarco 2
Progetto
OMA Team
Committente
Fondazione Prada
Gruppo di progetto
Rem Koolhaas, Chris van Duijn (Partner in Charge), Federico Pompignoli (Project leader)
Consulenze
Alvisi Kirimoto & Partners, Atelier Verticale (architetti locali) Favero&Milan, Prisma Engineering, SCE Project (strutture) Level Acoustics (acustica) Ducks Sceno (scenografie)
Imprese
Colombo Costruzioni (strutture e opere murarie) Tono Impianti (impianti meccanici tecnici) ALPIQ (impianti elettrici ed elettronici)
Forniture arredo
Fav Wood Working, Marconi Arredamenti, Knoll, Tecnolegno, Erco
Superficie
18.900 m²
Fase di progetto e costruzione
2011; 2013 – 2018
Lato sud Fondazione Prada
Cantiere Fondazione Prada
Planivolumetrico Fondazione Prada
Pianta Fondazione Prada
Pianta Fondazione Prada
Pianta Fondazione Prada
Sezione Fondazione Prada
Sezione Fondazione Prada
Dettaglio materiali Fondazione Prada
Biglietteria Fondazione Prada
Edifici Fondazione Prada
Piazze Fondazione Prada
Bar Fondazione Prada
Podio Haunted House Fondazione Prada
Piazze Fondazione Prada
Piazze Fondazione Prada
Dettaglio Alusion Fondazione Prada
Maquette Fondazione Prada
Maquette Fondazione Prada
Archi Fondazione Prada
Archi Fondazione Prada
Ala sud Fondazione Prada
Corridoio Fondazione Prada
Podio Fondazione Prada
Ala ovest torre Fondazione Prada
Interno scala Torre Fondazione Prada
Base torre Fondazione Prada
Finestre Torre Fondazione Prada
Sezione viva Torre Fondazione Prada
Sala espositiva Torre Fondazione Prada
Interno sale Torre Fondazione Prada
Interno sale Torre Fondazione Prada
Nord ovest Torre Fondazione Prada