
Tree hugger, ufficio del turismo di Bressanone, BZ
Testo di Matteo Scagnol
n.5 settembre/ottobre 2019
L’affascinante storia di un padiglione, oggi sede dell’associazione turistica di Bressanone, disegnato da Matteo Scagnol e Sandy Attia, dimostra come le forme contemporanee si possano legare al vissuto di un luogo con adeguatezza e precisione, senza rinunciare alla propria espressione, introducendovi anche soluzioni costruttive d’avanguardia
Costruire e progettare ai fianchi del Palazzo Vescovile brissinese, è stato fin dall’Ottocento causa di una catena di “omicidi” di architetture pregevoli dal carattere eccentrico. Una loggia, nido dell’aquila asburgica, è stata eliminata negli anni Trenta dalla raffinata linea modernista della nuova Azienda autonoma di Cura e Soggiorno, che è stata a sua volta soppiantata negli anni Settanta dal padiglione turistico dell’architetto Othmar Barth. Ariosità e levità accomunavano questi edifici mantenendo la memoria di ciò che si era cancellato.
Il nuovo edificio per l’associazione turistica, risultato vincitore del concorso indetto nel 2016, si confronta con gli antecedenti staccandosi da terra quasi camminando in punta di piedi, liberando spazio per la creazione di una piazza urbana e definendo nuovi assi visivi con il palazzo vescovile di cui diviene padiglione ancillare come le torri cinese e giapponese che punteggiano gli angoli del suo giardino. L’eccentricità asiatica con sinuose linee curve viene ripresa nel progetto, trasformandosi in un nuovo belvedere sulla città e sui suoi dintorni. L’albero monumentale presente è perno intorno al quale l’edificio si avvinghia quasi fosse il vaso da cui entrambi prendono vita.
Cinque campate ad arco liberano l’edificio da terra, sollevandosi con una cortina in calcestruzzo bocciardato a vista. Una struttura complessa che si mantiene salda perché anello continuo solidale. Come un vaso, è stato gettato prima tutto il perimetro a un’altezza di 9 metri per poi consolidare le pareti libere con i due solai orizzontali fissati puntualmente sui bordi al fine di mantenere al minimo il ponte termico. Un’ardua costruzione dalla tecnica apparentemente semplice.
L’edificio è totalmente vetrato al piano terra così da permettere la visione sia dall’interno che dall’esterno del Palazzo Vescovile. L’arretramento delle vetrate permette di avere sul lato verso la nuova piazza un forte aggetto di copertura che definisce chiaramente l’ingresso e offre una zona protetta. Il piano superiore si presenta chiuso ed enigmatico nella sequenza delle sue superfici convesse, che solo a volte scendono come delle zampe a sostenersi. Una sorta di gatto siamese, accovacciato attorno all’albero.





















