Mansion block, Hampstead Londra

Sul mestiere

Testo di Jonathan Sergison

n.1 luglio/agosto 2018

Il mestiere dell’architetto è il lavoro collettivo per eccellenza e ha, da sempre, cercato una teoria capace di sostenere 
il proprio fare. Da qualche tempo, ormai, questa ricerca teorica non sembra più necessaria, e neanche possibile da realizzare. Per questo motivo la nostra rivista propone ai lettori, numero 
dopo numero, due punti di vista che si confrontano su temi della nostra disciplina per ricostruire una base di condivisione per questo antico mestiere. 
Iniziamo con la ‘questione del mestiere’ e con Renato Rizzi e Jonathan Sergison che ci raccontano la loro maniera di lavorare per capire meglio lo stato dell’arte del progetto di architettura

Progetto

Il punto di vista iniziale diventa ora il punto di equilibrio finale. Non solo: il progetto o l’opera, che qui vengono considerati sinonimi, non possono stare sotto il nostro dominio. Ancora meno possono stare sotto il predominio del razionalismo tecnico-scientifico. Il quale non può spiccicare nemmeno uno stridulo sussurro, per non dire parola, sulle questioni relative alla forma. Il linguaggio è di pertinenza dell’uomo. Del suo innato humus, che va coltivato per celebrare la sua, e di riflesso, la nostra singolarità. Infatti, il punto di equilibrio del progetto sta nel perno della parola archi-tettura. Tra indominabile-dominabile, estetico-estetica. E la lista dovrebbe continuare. Sono sempre due direzioni opposte che comunque devono incontrarsi in quel punto. Quella analitica e quella contemplativa. Non può pendere un piatto più dell’altro. Per questo l’architetto, e il progetto, saranno sempre nel rischio. Immersi tra solitudine e isolamento. Questa è la gabbia nella quale dobbiamo scendere. Perché questo è il prezzo che ognuno di noi deve pagare per i doni ricevuti: la meraviglia del mondo. Quel mondo che vorrebbe ‘contorcersi dalla voglia’ (Franz Kafka) di specchiarsi nello stupore e nell’incanto delle (nostre!!) opere. Ognuno di noi deve riprendere e ricominciare una nuova storia di progetto adamico. Questo il premio per il nostro sacrificio.

Per un architetto oggi, qualsiasi affinità con un mestiere artigianale è un atto di resistenza. Dalla rivoluzione industriale ad oggi, siamo costantemente circondati da attività di costruzione di scala e complessità sempre maggiori. Il ruolo dell’architetto nell’era neo-liberale è minacciato da nuove professioni che hanno poco o nulla a che vedere con le tradizioni umanistiche delle quali, personalmente, ho profondo rispetto.

Ho finito i miei studi all’Architectural Association School of Architecture a Londra nel 1989, quasi 30 anni fa. 

Da allora, ho assistito a profondi cambiamenti nel modo in cui gli architetti lavorano e contribuiscono al processo di costruzione. Quando ero studente, negli anni 80, il disegno digitale esisteva già, ma sembrava uno strumento troppo laborioso e complicato per essere utile, e richiedeva ore di programmazione. Non ho mai imparato a disegnare al computer: non era richiesto dagli studi nei quali ho lavorato alla fine degli anni ‘80 e nei primi anni ‘90, e sono riuscito a evitare di imparare nei 22 anni successivi alla fondazione del nostro studio. Disegnare a mano libera, facendo schizzi a penna su carta o al tavolo da disegno resta per me l’unico modo di elaborare un progetto, insieme ai plastici che testano le proprietà degli edifici e degli spazi su cui lavoriamo. Nel nostro studio, tuttavia, molti dei miei colleghi e collaboratori passano la maggior parte del loro tempo a disegnare davanti a uno schermo di computer.

Le decine di migliaia di foto digitali che scattiamo sono archiviate su un server. La fotografia digitale non esisteva quando ero studente, e fotografare qualcosa significava non solo attivare l’otturatore, ma anche sviluppare i negativi e stamparli. È qualcosa che ho imparato a fare allora, e che ricordo con piacere.

Pur essendo diventato architetto in un’era analogica e continuando ad apprezzare i processi manuali, sono pienamente cosciente dei vantaggi della produzione digitale. Tuttavia, i disegni tecnici che produciamo digitalmente interpretano convenzioni che abbiamo sviluppato disegnando manualmente nell’era pre-digitale. 

Per rappresentare un progetto, un compito sempre difficile e costellato di dubbi, preferiamo forme di rappresentazione che evocano un’atmosfera attraverso disegni o dipinti, piuttosto che con immagini foto-realistiche. Spesso penso che l’esito di un concorso dipenda dalle decisioni prese riguardo alle modalità di rappresentazione, e in questo senso, il processo di produzione delle immagini è sempre estremamente denso di significati. Da studente, scoprii un metodo di

lavoro che veniva insegnato da Peter Salter, che lo aveva a sua volta imparato lavorando con Alison e Peter Smithson: il cosiddetto metodo strategy and detail (strategia e dettaglio). Anche se ci volle un po’ di tempo per strutturarlo in modo che potesse essere utile e applicabile in studio, è un metodo che utilizziamo tuttora. In primo luogo, cerchiamo di definire un concetto strategico per il nostro progetto. 

Poi cerchiamo una forma costruttiva appropriata e un metodo per costruire e dettagliare il progetto. Nel corso del periodo di progettazione, che è spesso piuttosto lungo, c’è un dialogo costante tra pensiero e pratica, tra strategia e dettaglio. 

È in relazione a questo modo di lavorare che penso all’idea di mestiere nel campo dell’architettura: l’elaborazione di concetti che sono sempre temperati dalla necessità di capire come realizzarli. Se lavorassimo a livello locale come facevano gli architetti in passato, il nostro lavoro non sarebbe così complicato, perché le possibilità dell’architettura vernacolare potrebbero essere apprese velocemente e applicate. Ma, oggi, i progetti a cui lavoriamo si trovano in tutt’Europa, e a volte ancor più lontano.

In Svizzera è ancora possibile costruire edifici con standard di qualità molto alti. L’industria edilizia è organizzata secondo modalità che si sono perse nella maggior parte degli altri paesi Europei. L’architetto è coinvolto non solo nell’elaborazione e nella produzione dei disegni esecutivi, ma anche nella gestione del processo di costruzione e nel coordinamento delle diverse competenze in cantiere. Anche se le battaglie che sono state perse in altri paesi Europei sono in corso anche in Svizzera, la società svizzera è conscia delle responsabilità collegate al processo di costruzione, e preferisce costruire bene, in modo da non far pesare sulle generazioni future i problemi di manutenzione di edifici mal costruiti.

Il risultato del modello anglosassone, che è dominato da professioni quali i project manager e i costruttori edilizi, il cui interesse primario sembra essere massimizzare il rendimento del capitale, è un paesaggio urbano costituito da una sequenza infinita di edifici mal progettati e mal costruiti. 

I sentimenti che Londra mi ispira sono di frustrazione e tristezza nell’assistere alla distruzione di quartieri che conosco e amo da sempre in conseguenza di decisioni avventate. Nell’architettura contemporanea, il ruolo dell’architetto è sempre più spesso quello di assemblatore di componenti. Sta diventando sempre più difficile utilizzare finiture a mano, e il livello di professionalità è in costante declino. E tuttavia, nonostante le difficoltà che incontriamo, continuo a credere che gli architetti che esercitano la professione oggi siano in grado di produrre edifici di qualità. Chiaramente non è possibile costruire come si faceva nel diciannovesimo secolo, quando il costo del lavoro era una frazione di quello di oggi ma sono spesso positivamente colpito dal lavoro di alcuni architetti contemporanei.

Capita a volte di trovarci di fronte a un edificio che ci tocca. Queste esperienze mi rendono più ambizioso nel nostro lavoro, e di questo sono grato ai loro autori. Agendo collettivamente, gli architetti possono forse mantenere un ruolo rilevante all’interno dell’industria edilizia contemporanea, ma questo richiede un movimento di resistenza, e non sono sicuro che la nostra professione creda sia possibile, o abbia ambizioni in questo senso. Per ora, siamo grati per le opportunità che abbiamo di costruire, e cerchiamo testardamente di agire in linea con le nostre convinzioni, secondo le idee e i principi in cui crediamo.

Mansion block, Hampstead Londra
Materiali progetto residenziale a Seebach, Zurigo
Studio Sergison a Zurigo
Progetti di Jonathan Sergison