
L’Italia è proprio bella
Testo di Emanuele Orsini
n.3 novembre/dicembre 2018
In un momento storico di particolare difficoltà per il settore dell’industria delle costruzioni, Emanuele Orsini, presidente di FederlegnoArredo, lancia un doppio appello agli imprenditori perché si torni a fare squadra – in una filiera che vede insieme in un’unica visione: la formazione, la professione e l’impresa – e a puntare sul ‘saper fare’, sull’esperienza e sulla bellezza; qualità che ci riconoscono maggiormente all’estero.
La parola d’ordine è ‘creare’ sinergia tra le realtà del nostro territorio, così innumerevoli e diversificate, affinché si possa superare i vari impedimenti della burocrazia amministrativa e far ripartire questo settore di vitale importanza per tutta la collettività.
Anni fa, a differenza di oggi, era veramente molto difficile pensare di non lavorare nell’azienda di famiglia. Sono stato ‘programmato’ fin da piccolo a un tale compito e sono cresciuto senza aver la possibilità di fare un altro mestiere, allora era semplicemente così. Mio padre Carlo mi ha trasmesso tutta la sua passione, già in giovane età, portandomi con sé in fabbrica; ancora oggi, di ritorno dai vari viaggi nello stabilimento, sto bene quando sento il profumo del legno, legato per me ai ricordi delle prime conoscenze del periodo giovanile. Ho conosciuto veramente mio padre quando ho cominciato a lavorare con lui, prima lo vedevo onestamente ogni tanto, forse il sabato e la domenica. Oltre alla passione lui mi ha dato dei valori essenziali, come il senso del sacrificio, il peso della responsabilità, per i quali lo ringrazio, perché a un certo punto della vita, quando si deve essere pronti e preparati ad agire, il suo modo di lavorare e di rapportarsi alle persone è stato per me una guida insostituibile. Non so se io sarò così bravo con i mei figli – Valentina, Vittorio e Celeste – oggi, dove le parole chiave sono: “Fai quello che vuoi” e “Vivi la tua vita come vuoi essere, come vuoi fare”, ma penso che sia giusto così.
Ho cominciato a quindici anni a sporcarmi le mani in azienda e mio padre non mi ha risparmiato niente. Non c’era estate che lui non dicesse: “Tu fai venti giorni di vacanza, un mese di lavoro in azienda e un mese di studio”. Dopo gli studi in scienze giuridiche ho scelto dunque di entrare subito nell’azienda di famiglia dove ho fatto tutta la gavetta: all’inizio il lavoratore carrellista in cantiere, poi il preventivista, il responsabile commerciale, per continuare all’ufficio acquisti e alla fine ho capito che mi piaceva più il settore finanziario, mi piacciono i numeri quindi la parte amministrativa, fino a essere amministratore generale e nel 2008, in piena crisi edilizia, direttore generale per il settore legno. Il cambio generazionale effettivo non è stato semplice ed è avvenuto sei anni fa, quando da amministratore delegato ho cambiato la struttura secondo le mie esigenze cominciando a pensare al futuro, con piani di espansione da qui ai prossimi cinque anni.
La nostra azienda, Sistem Costruzioni, è divisa in tre parti: l’attività più redditizia è quella del legno; a seguire una parte di servizi chiamata comunemente ‘logistica’, che lavora per i grandi gruppi come Ferrari, Maserati, Lamborghini, dove delle figure specializzate affiancano il personale interno; poi una parte importantissima riguarda l’ambito immobiliare che ho gestito personalmente per quasi sette anni in un periodo in cui si costruivano, in modo tradizionale e non in legno, cento appartamenti finiti all’anno. Questo mi ha permesso di acquisire competenza e professionalità, rivelatesi molto utili quando è partita la realizzazione delle case di legno e in primo luogo nel passaggio da produttori di soluzioni lamellari e massicce a progettisti, poi costruttori e infine amministratori dei servizi proposti da quelle strutture. Nel corso di quasi trent’anni di attività sono stato protagonista e artefice con i miei soci dell’evoluzione di un’azienda di carpenteria in un’industria presente sul territorio nazionale e internazionale, con numerosi progetti per le comunità e il social housing. Questa è una visione totalmente diversa. Malgrado la crisi del settore edilizio siamo riusciti così, anno dopo anno, a crescere in modo costante e l’anno scorso abbiamo raggiunto il numero più grande, nel settore del legno, superando i nostri competitor.
‘Sistem’ è riuscita nel suo cammino a essere snella e flessibile per cui si riposiziona facilmente, in pochi mesi, secondo le richieste di mercato. La flessibilità deve essere la caratteristica principale soprattutto quando le richieste vanno dal portare le bottiglie dell’acqua alla costruzione e gestione del complesso residenziale di Maranello Village, collegato a Ferrari Auto e composto da un insieme di fabbricati e diverse zone polifunzionali per complessivi 25.000 m2. La progressiva e interessante crescita della struttura ha coinciso, volta per volta, con la ricerca e le realizzazioni di varie tipologie di lavoro, dai tetti in legno, ai palazzetti dello sport negli anni Ottanta, alle case in legno, ai primi fabbricati di scuole in legno e successivamente ai palazzi multipiano, e siamo stati sempre all’avanguardia. Siamo stati i primi in Europa ad affrontare il tema dei supermercati totalmente in legno e a capire che se si isolavano le aree con la presenza di frigoriferi, anziché avere un freddo micidiale nei reparti, si sarebbe risparmiato sull’energia da usare poi per il riscaldamento invernale. Altro argomento molto importante è stato la riduzione della tempistica, fatto non trascurabile per un investitore che vuole vedere il prima possibile i prodotti sugli scaffali. Successivamente è arrivata l’industria 4.0 che ha creato nuovi modelli di business e aumentato in modo esponenziale la nostra produttività. Tra i progetti ha avuto una particolare rilevanza la ricostruzione di numerosi edifici nelle aree colpite dai terremoti delle Marche, dell’Abruzzo e dell’Emilia-Romagna, oltre alla realizzazione di infrastrutture e padiglioni per Expo 2015.
Oggi l’interpretazione del prossimo futuro è puntata sulla rigenerazione e sulla ristrutturazione del patrimonio edilizio, però questi ambiti disciplinari non sono così scontati e inoltre non è sufficiente l’appello di Gabriele Buia, presidente dell’Ance, a favore dello sblocco dei cantieri, che si rivolge solo a una parte, certo necessaria, ma il tema vero da incentivare è sicuramente quello dell’edilizia privata che mette in campo una miriade di aziende e innumerevoli competenze che formano un prezioso tessuto sociale che l’Italia non può permettersi di perdere. Le opere private sono necessarie per restituire alle nostre città e ai nostri territori la bellezza e una vita migliore per gli uomini.
Da noi non c’è solo la qualità industriale, ma c’è tutto quello che serve a rappresentarla e supportarla. Ed è questa maniera di fare che dobbiamo trasmettere agli altri, ma siamo ancora troppo poco abituati a raccontare di noi stessi e di quello che facciamo. Sono difatti gli altri all’estero che parlano delle nostre capacità e tutti vogliono il made in Italy, sinonimo di grande qualità. Io soffro quando vedo antichi borghi, bellissimi, abbandonati, anche se sono ambiti dalla gente, ma le burocrazie comunali invece che avvicinarli alle persone, nel ristrutturarli li allontanano. Il nostro territorio è ricco di posti simili, ma la burocrazia e le procedure farraginose impediscono ogni cambiamento; si dovrebbero inventare nuove regole comunali. Si potrebbe allora smontare tutto, recuperare i materiali, ripulire e rifare; sarebbe possibile così eseguire una marea di lavori; oggi purtroppo siamo bloccati. Non è possibile che pochi uomini possano impedire una simile cosa e preferiscano vedere alcuni ruderi un po’ fatiscenti, seppure spettacolari, ma fermi nel tempo. In Italia si continua a ripetere del consumo zero del suolo mentre demolire un fabbricato, ricostruire e riqualificare è ancora un’impresa ardua. Bisogna far capire che quella cosa lì genera sviluppo, e probabilmente è anche un modo per non perdere le nostre preziose province. L’altro giorno ero a Maranello, comune noto per ospitare il quartier generale della Ferrari, con oltre 3.500 dipendenti, e firmato da illustri architetti – da Renzo Piano a Jean Nouvel – con altrettante opere architettoniche notevoli. La forma della porta d’ingresso alla città è data invece da quattro fabbricati sordi e sproporzionati. Basterebbe rifare quei palazzi per rendere attrattiva Maranello, dove comunque, ogni anno, passano circa 280.000 visitatori, un numero simile alle grandi città d’arte italiane. Penso che ci vuole un po’ di coraggio per fare le cose, ma è anche necessario avere da parte di chi ci governa gli strumenti che consentano di raggiungere obiettivi di crescita. Per quanto riguarda la rigenerazione urbana c’è il caso positivo di Milano, vero fiore all’occhiello per il nostro Paese, che registra una crescita vertiginosa. Roma invece si presenta oggi come una città in declino e non basta più una passeggiata ai Fori imperiali, sebbene rimanga un’esperienza indimenticabile, a riscattarla: lo stato di degrado e di incuria sono inaccettabili. L’offerta dell’hôtellerie è così bassa da mettere in fuga i turisti. Il turismo è certamente una prospettiva importante per il Paese, ma ha bisogno di maggiore qualità nei prodotti e soprattutto nei servizi e nella valorizzazione dell’ambiente. È evidente che servono nuove infrastrutture per l’ospitalità alberghiera, ma anche per la ristorazione e per la cultura. Ma come facciamo a non valorizzare questo straordinario patrimonio che abbiamo, il bel Paese che ci è stato tramandato? Come facciamo a rifiutare i soldi di generosi benefattori per mettere a posto alcuni monumenti? Come facciamo a non ripristinare le strade della capitale? Questa è anche l’immagine dell’Italia e dobbiamo prestare più attenzione a queste cose che possono procurare un danno notevole ai nostri territori e alle economie locali. In parallelo alla mia attività in Sistem Costruzioni, sono arrivate anche alcune cariche, tra tutte quella più impegnativa è di certo la mia nomina, confermata nel 2017, a presidente di FederlegnoArredo: una grande Federazione associativa che rappresenta, sin dal 1945, la realtà della filiera legno-arredo.
Da sempre ho vissuto la Federazione in maniera attiva, prima in qualità di presidente di Assolegno, vicepresidente di FederlegnoArredo, consigliere di AFI (Associazione Forestale Italiana), di Made Eventi e di FederlegnoArredo Eventi. A Milano, nella nostra sede, che chiamo il Palazzo-casa, è rappresentato il 5% del Pil nazionale, pari a un giro d’affari di 42 miliardi di fatturato, e le imprese associate impiegano 320.000 addetti. Questa vitale realtà economica avrebbe bisogno, oggi, di un dialogo aperto e diretto con la politica, non realizzato tramite intermediari; questa è una grande stupidaggine, perché non si comprende quant’è grande il sacrificio da fare per trovare la sintesi tra quelli che sono i vari planning importanti del Paese. C’è bisogno di un dialogo costante con tutte le realtà che compongono la complessità della nostra filiera per cogliere al meglio le sfide alle quali il settore è chiamato a dare risposte ogni giorno. Tornando a Federlegno, tre anni fa, quando mi sono insediato, c’era tanta tensione tra le aziende del Triveneto e quelle della Lombardia; in quel momento serviva qualcuno che, al di là del settore di appartenenza o delle competenze, riuscisse a tenere degli equilibri di dialogo. Ero il più giovane del consiglio e non ho mai acceso i fuochi su di me, anzi ho sempre cercato di spegnerli, ma qualcuno ha detto “ora tocca a te” e la storia è andata così: un presidente proveniente dall’area legno dopo circa 35 anni di prevalenza di quella dell’arredo. Questo è stato un segnale significativo che indicava il bisogno degli imprenditori di fare squadra in un momento di particolare crisi. Dopo Roberto Snaidero, sei anni alla guida di FederlegnoArredo, non era facile, difatti lui già con il suo nome raccontava una storia, a prescindere; dal nome viene subito in mente di cosa si occupa. Appena insediato ho capito subito che da solo non avrei potuto fare niente di serio e per questo la novità della mia consiliatura è stata la nomina delle presidenze divise per settore. Abbiamo individuato tre unità di business con addetti di prima qualità e le ho affidate a tre personalità rilevanti, appartenenti al mondo dell’imprenditoria: il Salone del Mobile a Claudio Luti, patron di Kartell; i Servizi a Stefano Bordone, capo di Kundalini e il Made Expo, la più grande manifestazione in Italia delle costruzioni e dell’architettura, a Massimo Buccilli, amministratore delegato di Velux Italia, e chi meglio di lui era in grado di presiedere questo settore?
In questa maniera abbiamo generato una struttura che invece di essere verticistica ha un’organizzazione orizzontale e credo fermamente che un’istituzione, un’associazione, in ogni modo una Federazione, debba essere per forza orizzontale, perché ognuno deve poter aggiungere un pezzo, aggiungere qualcosa. Riuscire a tenere insieme tutti i pezzi di questo gruppo – molto eterogeno – nell’intento di fare sistema, rappresenta il sacrificio maggiore ma anche la nostra grande ambizione. Dall’inizio del mio mandato mi sono adoperato per attivare un dialogo di ascolto e un continuo sostegno alle imprese associate facendo un vero e proprio giro d’Italia, andando in ogni provincia e ripartendo dal basso. Abbiamo fatto una sintesi delle richieste raccolte e cercato di dare una mano ai nostri associati. Al sud si ha il tema dell’ortofrutta, man mano che si sale ci sono le Marche specializzate sulle cucine e gli imbottiti, un settore in cui anche la Puglia gioca un ruolo importante, lì ci sono le persone e la manualità. Salendo si arriva poi in Emilia Romagna e in Toscana, che stanno avendo oggi una grande crescita. Su sollecitazioni del settore ortofrutta, stiamo per esempio lanciando un concorso di design sulle cassette che si usano per il trasporto delle merci, per presentare così il prodotto in un bel contenitore piuttosto che in una brutta cassetta di plastica monouso, come quelle attuali. Dobbiamo rimettere al centro il ‘saper fare’, l’esperienza e la bellezza, solo così diventiamo imbattibili, ed è per questo che ho deciso di ricominciare a programmare un nuovo giro del Paese, e stiamo già pianificando gli incontri nelle varie regioni.
Per concludere, penso che un cambiamento ci sarà, semplicemente perché è la società che lo chiede a gran voce; l’unica cosa che non sappiamo è come avverrà, ma se abbiamo una qualche idea, questo è il momento per realizzarla. Ho notato che abbiamo anche la fortuna di vivere un momento in cui chi sta nelle istituzioni, oltre che rispettarsi, si stima, e in questa maniera il sistema Paese lo stiamo realizzando in modo vero, dal basso, con una filiera che va da chi forma il progettista (l’università), a chi progetta (il professionista), a chi costruisce (l’impresa), avendo, tutti insieme, una visione unica e completa. L’energia vera è data dal lavorare insieme a formare squadre, senza mai perdere questo obiettivo di fronte comune.
Il testo è tratto da una conversazione tra Emanuele Orsini e Nicola Di Battista, Milano





