Il recupero dei chiostri di San Pietro a Reggio Emilia

n.6 novembre/dicembre 2019

Un sapiente restauro contemporaneo, nel cuore della città storica, fa incontrare ‘vecchio e nuovo’ per ricomporre tra ‘non finito’ e nuova edificazione un superbo spazio pubblico da donare ancora una volta alla vita collettiva della comunità
Foto di Kai-Uwe Schulte-Bunert

Il ‘non finito’ come strategia di progetto

Una lettura ormai obsoleta delle nostre città, contrappone i centri storici, luogo della conservazione, alle periferie, luogo di una più arbitraria sostituzione edilizia nel migliore dei casi. Per questo, nella città consolidata, capita raramente di portare a termine un progetto che racchiuda allo stesso tempo la complessità dell’intervento conservativo assieme alla sfida della sostituzione edilizia e a quella della riscoperta di uno spazio pubblico, come è accaduto nel nostro caso, dove un antico monastero inutilizzato da secoli viene oggi restituito alla città e alla pubblica fruizione, senza snaturare i suoi aspetti salienti: coniugando la conservazione con l’innovazione, la cultura con la tecnologia.
L’intervento ha riguardato il recupero dei Chiostri benedettini di San Pietro, uno straordinario complesso monumentale della città di Reggio Emilia, che come area militare dismessa, ha rappresentato una zona inaccessibile nel cuore della città storica fino al momento della sua riscoperta.
Per rafforzare la vocazione culturale strategica del complesso, il recupero ha coinvolto in un’unica operazione tre interventi strettamente correlati: il completamento del restauro conservativo del corpo monumentale rinascimentale, attribuito a Giulio Romano, per restituirlo alla pubblica fruizione come principale contenitore culturale della città; la rigenerazione urbana attraverso le demolizioni dei retrostanti corpi minori e la ricostruzione sullo stesso sedime del nuovo edificio dei Laboratori Aperti Urbani, in stretta relazione gestionale con il complesso monumentale e in continuità funzionale con l’adiacente fabbricato dell’antica Scuderia, anch’essa restaurata come parte integrante dei laboratori; la riqualificazione degli spazi cortilivi che insistono tra i fabbricati, riscoprendone il ruolo di attraversamento urbano, di spazio di relazione, di luogo nuovamente restituito alla città.
Originariamente l’ingresso al monastero avveniva dal sagrato della chiesa di San Pietro attraverso il Chiostro piccolo, per questa ragione denominato anche Chiostro della Porta, e solo in epoca recente si è consolidato sul lato opposto, attraverso il cortile di ingresso dalla via Emilia, dove un tempo si trovavano gli orti e le aree produttive del complesso monastico. Confermando l’accesso da questo lato, rimaneva la problematica della definizione di una rampa per consentire la più ampia accessibilità. In ragione di questi due aspetti, la rampa dialoga con le aree cortilive piuttosto che con il corpo monumentale, dal quale si stacca come elemento autonomo, contribuendo invece alla definizione del cortile di ingresso e dando forma all’ingresso al monastero. Ma l’aspetto di gran lunga più importante dell’intervento è stato l’aprire nuovamente l’accesso esterno dai due lati della via Emilia e da via Monte San Michele, consentendo quell’attraversamento urbano che era impedito da secoli, facendo letteralmente entrare la città e lasciandola fluire attraverso questi spazi ritrovati liberamente fruibili come tutte le strade e le piazze.
Il recupero del corpo monumentale è stato condotto attraverso il completamento del restauro conservativo e l’adeguamento della dotazione funzionale per una fruizione di eccellenza. Vista la natura dell’insieme, ma anche per la complessità dell’edificio che testimonia un momento di incredibile vivacità della architettura monastica, il nostro operato è stato condotto con il massimo rigore. Concettualmente il progetto ha mantenuto in filigrana non solo i segni delle trasformazioni che il complesso ha subito nel tempo, evitando di riportarlo a una condizione falsamente originaria e oggi irriproducibile, ma anche il carattere di non finito che i secoli ci hanno consegnato, come la parte basamentale, alla quota ribassata del Chiostro grande, oggetto di un dibattito tra gli storici su quale fosse la quota del pavimento nel progetto originario.
Tale spazio ci restituisce oggi, in maniera del tutto naturale, senza forzare la lettura storico-critica di un completamento mai avvenuto, la condizione ideale di un’arena o di una cavea naturale ribassata rispetto al portico del Chiostro grande, posta alla stessa quota delle aree cortilive retrostanti. Tale condizione ne permette non solo una fruizione in collegamento con gli spazi esterni, ma anche un utilizzo privilegiato per eventi culturali. Il progetto ha poi scelto marcatamente di rivelare il ‘non finito’ anche nella finitura muraria della parte basamentale, lasciando in filigrana sotto una velatura di calce tutte le tracce delle trasformazioni stratificatesi.
Risulta evidente, oltre al non finito in senso altimetrico, il non finito in senso planimetrico, poiché il complesso era destinato a un ampliamento verso est, come dimostra chiaramente lo stato attuale della grande parete che delimita il corpo monumentale: a tutti gli effetti un fronte con bucature pronte a essere riaperte al momento di ampliare i corridoi a servizio delle future celle. Questo aspetto ha consentito, dal punto di vista concettuale e metodologico, di considerare lo spazio retrostante autonomo rispetto al monastero, con il quale pure mantiene, grazie alla quota ribassata del Chiostro grande, un rapporto diretto. Tale rapporto viene rimarcato dall’unica apertura che dalla quota del piano rialzato affaccia sulle aree cortilive, verso l’edificio dei laboratori e la scuderia, consentendo di percepire i muri di cinta del monastero, oggi recuperati, riscoprendone la tessitura muraria di antica fattura, protetta con una velatura a grassello di calce.
Un tempo la costruzione delle grandi ‘fabbriche’ durava secoli ed esse erano, in un certo senso, entità dinamiche che lasciavano in eredità alle generazioni successive la possibilità di proseguirne l’operato, adeguandolo perennemente alle trasformazioni che il fabbricato richiedeva. Risulterebbe errato immaginare tali fabbriche, laddove ci sono consegnate dalla storia con le molteplici trasformazioni che hanno subito, come entità staticamente congelate a uno stato ‘originario’, per il continuo protrarsi e sovrapporsi di azioni subite nel tempo, come nel caso dei Chiostri di San Pietro appunto, che ricalcano la casistica di altri complessi coevi di grandi dimensioni, in parte mostrando il non finito e in parte i segni di trasformazioni stratificate che vanno interpretati con attenzione. Il progetto ha accolto e fatto proprie entrambe le situazioni, intervenendo anche laddove vi erano elementi mancanti che richiedevano scelte e materiali metodologicamente coerenti con il fabbricato. Lo sforzo maggiore è stato verso la ricerca di un equilibrato rapporto tra i nuovi materiali inseriti e quelli attentamente restaurati.
Il nuovo edificio dei laboratori, a un solo piano con ballatoio, definisce il completamento a nord del complesso monumentale e idealmente il limite verso la città novecentesca. Concepito come sequenza di tre grandi spazi seriali, è improntato alla massima flessibilità interna anche in relazione agli spazi esterni e ai cortiletti che favoriscono la ventilazione naturale. La facciata sud consente il massimo apporto dell’illuminazione naturale, controllata attraverso un sistema in policarbonato e listelli di legno, da cui emergono le testate dei setti in calcestruzzo per denunciare la scansione degli spazi interni. Tutte le strutture murarie sono in calcestruzzo bianco dilavato e lasciato a vista. La vetrata che corre per tutta la lunghezza dei laboratori consente la vista ininterrotta del muro perimetrale dell’antico monastero ed esclude la vista della parte superiore, sottolineando un ambito protetto e racchiuso nel cuore della città. L’aspetto seriale, la nuda struttura, il ritmo della facciata nella ripetizione dei suoi elementi e nell’interrompersi dei listelli all’emergere della testa delle travi, la contrapposizione tra superfici più o meno materiche; tutto questo concorre a richiamare un dialogo a distanza con l’ordine monumentale dell’antico edificio.
Il recupero della Scuderia, posta sul lato terminale delle aree cortilive in direzione est, è stato condotto con gli stessi criteri. Anticamente adibito al ricovero dei cavalli e oggetto di molteplici trasformazioni nel tempo, è stato completamente restaurato e conservato, sia nello spazio voltato al pianterreno sia nella spazialità unitaria del piano superiore, con la copertura lignea in parte restaurata e in parte ricostruita ex novo. Nelle facciate l’intervento ha riscoperto le bucature originarie, rimarcate al pianterreno con imbotti metallici e l’antica tessitura muraria trattata con una velatura a calce. In testa al fabbricato e nel punto in cui converge con l’edificio dei laboratori, si è ripristinato il cortiletto un tempo murato tra i fabbricati e il più antico muro che originariamente cingeva il bordo esterno delle aree retrostanti del monastero.
Il progetto si completa con il recupero delle aree cortilive come nuovi spazi pubblici restituiti alla città, precedentemente piazzali asfaltati e spazi di risulta derivanti dal prolungato utilizzo dell’intero complesso a caserma militare. La definizione dei nuovi spazi pubblici si è raggiunta non solo attraverso la riscoperta dei collegamenti tra il corpo monumentale, la scuderia e le aree retrostanti, ma anche attraverso la piantumazione di grandi alberature e la realizzazione di un sistema di illuminazione che contribuiscono, assieme, a definire gli ambiti recuperati, mentre la nuova pavimentazione in calcestre rimarca la continuità dello spazio pubblico. La pavimentazione è il risultato di una miscela di frantumato di cava con materiale di provenienza locale che dona una colorazione nocciola. La sua resistenza ne consente la carrabilità in via eccezionale per il carico e lo scarico legati agli eventi che si tengono negli spazi esterni. La stessa pavimentazione prosegue in maniera ininterrotta nel Chiostro grande ricucendo spazi interni ed esterni del complesso attraverso una continuità materica che dà unitarietà, anche percettiva, all’insieme e tiene i diversi edifici in un dialogo a distanza, il cui suolo è l’elemento fondamentale di connessione.
Per rimarcare l’aspetto di suolo naturale da cui affiora la parte basamentale del Chiostro grande e per rafforzarne il carattere di non finito, si è lasciato un distacco tra la pavimentazione in calcestre e l’ultimo tratto di muratura grezza; distacco definito da una canalina a sfioro che consente il deflusso dell’acqua piovana, dietro alla quale e fino al muro si è stipata ghiaia di piccola pezzatura. Il Chiostro grande ribassato, così pavimentato, diventa ancor più chiaramente un interno o una grande sala senza copertura, rimarcando un’intenzione implicita nella natura formale del chiostro come stanza all’aperto. L’immagine dell’incompiuto, tramuta e trasmigra verso quella del non finito michelangiolesco, ritrovando una propria compiutezza formale.

Crediti
Il recupero dei Chiostri di San Pietro
Localizzazione
Reggio Emilia
Progetto
Zamboni Associati Architettura
Gruppo di lavoro
Andrea Zamboni, Maurizio Zamboni, Alessandro Molesini, Daniela Conti
Committente
Comune di Reggio Emilia
Inizio e fine lavori
2017-2019
Imprese
Tecton Società Cooperativa, Società Cattolica Costruzioni Spa
Strutture e sicurezza
Alberto Calza e Nello Tafuro (Cairepro)
Impianti meccanici
Giuseppe Nizzoli
Impianti elettrici
Cavazzoni Associati
Photo credits
© Kai-Uwe Schulte-Bunert © Alessandra Chemollo
Testo di
Andrea Zamboni
Per tutti i disegni e i materiali riprodotti
© Zamboni Associati Architettura
interno chiostri di San Pietro a Reggio Emilia
foro aerea Reggio Emilia
Pianta complesso San Pietro a Reggio Emilia
sezioni complesso San Pietro a Reggio Emilia
maquette progetto dei chiostri di San Pietro a Reggio Emilia
scorcio del chiostro grande San Pietro a Reggio Emilia
vista frontale serliana San Pietro a Reggio Emilia
Arco del chiostro di San Pietro a Reggio Emilia
porte in ottone San Pietro a Reggio Emilia
porta ottone San Pietro a Reggio Emilia
porta ottone San Pietro a Reggio Emilia
servizi igienici San Pietro Reggio Emilia
porta ottone San Pietro a Reggio Emilia
infilata stanze San Pietro a Reggio Emilia
stanza del complesso di San Pietro a Reggio Emilia
stanza complesso di San Pietro a Reggio Emilia
foto ante operam complesso San Pietro a Reggio Emilia
corte d'ingresso San Pietro a Reggio Emilia
Chiostro d'ingresso San Pietro a Reggio Emilia
assonometria chiostro ingresso San Pietro a Reggio Emilia
Rampa complesso San Pietro a Reggio Emilia
Chiostro d'ingresso San Pietro a Reggio Emilia
chiostro d'ingresso San Pietro a Reggio Emilia
Stato di fatto San Pietro a Reggio Emilia
dettagli San Pietro a Reggio Emilia
nuovo spazio pubblico San Pietro a Reggio Emilia
nuovo spazio pubblico San Pietro a Reggio Emilia
spazio coperto chiostro San Pietro a Reggio Emilia
spazio nuovo chiostro San Pietro a Reggio Emilia
veduta esterna chiostro Sen Pietro a Reggio Emilia
scorcio ingresso San Pietro a Reggio Emilia
sezione chiostro San Pietro a Reggio Emilia
spazi interni laboratori del complesso di San Pietro a Reggio Emilia
cortili interni del complesso di San Pietro a Reggio Emilia
cortili interni del complesso di San Pietro a Reggio Emilia
cortili interni del complesso di San Pietro a Reggio Emilia
scala interna del complesso di San Pietro a Reggio Emilia
scorcio chiostro San Pietro a Reggio Emilia
aula interna chiostri san pietro
dettaglio interni San Pietro a Reggio Emilia