Lorenzo Guzzini modello in gesso

Il mestiere tra arte e architettura

n.4 luglio/agosto 2019

Il racconto del giovane architetto Lorenzo Guzzini svela la storia di un progettista atipico: architetto e al contempo artista. La sua personale ricerca si può riassumere in una maniera di lavorare specifica, espressa pienamente da un costante e continuo lavoro sulle forme, a partire da modelli di studio. La libertà di questa ricerca, formale e materica, diventa nel lavoro il trait d’union tra le cose immaginate e la realtà della pratica e delle regole del cantiere

Ho iniziato a dipingere sin dai tempi del liceo; m’interessava molto il mondo dell’arte, tanto che, fino a quando non ho incontrato l’architettura, avrei voluto frequentare l’Accademia di Belle Arti. Mi sono detto allora: se faccio l’artista non potrò mai fare l’architetto, se invece mi formo come architetto, magari potrò continuare a fare l’artista. Mi sono così imbattuto nell’Accademia di architettura di Mendrisio. Ho trovato lì un approccio negli studi molto più umanistico che tecnico, e l’ho sempre considerato molto interessante. Ho avuto la grande fortuna, durante la mia fase di formazione, di conoscere delle persone di rilevante qualità, degli amici, dei maestri e mi sono accostato alla materia facendo sempre tantissimi modelli. In questi modelli, con l’indole artistica, ho sempre scavato a fondo cercando una sorta di astrazione in quello che stavo facendo: ricordo che i Mateus, per gioco durante le critiche, li definivano ‘sculture’, trovando tuttavia in questi oggetti il principio materico che dà forma all’architettura e alimenta l’amore verso l’architettura stessa e il riconoscimento di tutte le maestranze che ruotano intorno al ‘fare’ architettura.  

L’architettura è una cosa che tende alla rovina, mentre una scultura è sempre stata considerata un qualche cosa da proteggere, come il David di Michelangelo. L’idea di trasferire questa dimensione della distruzione e del tempo che passa, anche nella scultura, è un concetto che sto portando avanti nella mia ricerca. Finita l’accademia ho cominciato la professione, e le sculture/modelli sono diventate un po’ il supporto del mio modo di fare, che non è la rappresentazione della realtà in scala, ma semplicemente uno strumento per capire quello che mi circonda, astraendo gli elementi importanti e, quindi, facendo chiarezza. I modelli vengono lavorati in maniera più astratta possibile, fino a quando non avviene una sorta di evaporazione di cose secondarie, dove non resta che il contenuto. 

Questo è il mio approccio alla materia: faccio architettura non aggiungendo elementi, ma cercando di toglierne sempre di più, fino ad arrivare all’essenza dell’oggetto. La lavorazione di questi modelli è un allenamento che tiene la mente e l’attenzione focalizzate su qualcosa che è molto importante: l’atmosfera. La nostra maniera di lavorare è basata anche sulla ricerca e sullo studio dei materiali. La materialità e la deperibilità dell’architettura sono due aspetti che m’interessano moltissimo, perché differenziano l’architettura dall’arte. L’architettura è bella perché, pur essendo pretenziosa nell’essere per sempre, è quella cosa che ognuno consuma, per cui una porta si deve aprire, un pavimento lo si calpesta, cioè l’architettura è sostanzialmente erosa dalla vita. Mentre l’arte non è erosa dalla vita, una scultura la vedi e la lasci lì, anzi la proteggi.     

La materia è quindi un aspetto importante per la nostra ricerca. Ecco perché i materiali dei nostri modelli non sono il cartoncino bianco o il cemento finemente levigato, ma voglio che siano il più possibile materici, pesanti, ruvidi, come avviene in una rovina dove è ormai scomparso tutto il superfluo per lasciare affiorare la materia viva e il concetto dello spazio che era alla base della costruzione. Voglio che il materiale utilizzato esprima il 100% del suo essere materia: da come è tagliato, a come è posato, dal dettaglio costruttivo, da come cambia sotto la luce, da come prende l’acqua quando piove e da tutti gli altri momenti della sua vita che diventano fondamentali. Tutto ciò collabora a far sì che l’architettura come spazialità dia quella che io chiamo ‘atmosfera’ e che fa presa sulle emozioni delle persone. È un approccio immediato e secco, che si arricchisce con l’ascolto, che per me è uno degli aspetti più belli dell’architettura e che la distingue dall’arte. Ascolto il committente, il luogo, e cerco anche di ascoltare me stesso. Nel nostro atelier si sperimenta molto e facciamo anche tante cose che esulano dall’architettura, per poi tornare all’architettura stessa.  Più che da altre architetture, sono frequentemente influenzato dalla contaminazione di ambiti diversi – come il cinema, la scultura, le mostre d’arte – che possono arricchire l’architettura. Un altro principio molto importante per me è la leggerezza, che difficilmente trovo nella realtà che ci circonda. Tanta architettura, soprattutto in Italia, è parte di un contesto densissimo, di storia, di persone, di topografia, e il rischio è che questa troppa realtà contamini negativamente il processo progettuale e ne escluda molte potenzialità; quindi – riprendendo le Lezioni americane di Calvino – in un paese come il nostro, la Leggerezza, intesa non come superficialità ma come attenzione per non affondare e restare lucidi ai veri bisogni delle persone e del luogo, è una delle cose più importanti. Così si manifesta una realtà che cerchiamo di interpretare in maniera nuova, fresca. Si cerca di fare innovazione con la tradizione, ma non facendoci portare giù dalla storia. 

Nel mio lavoro, inoltre, do molta importanza alla luce, nel momento in cui rompe l’oscurità.  Mi interessa che all’ombra venga aggiunta, piano piano, della luce, piuttosto che togliere la luce a uno spazio per creare l’ombra. È quasi un processo inverso, simile a quello che adotto per le sculture, cioè la ricerca di una forma che è in effetti un vuoto, generativo dello spazio, che diventa reale. Mettere insieme i vari aspetti del mio lavoro (modelli, ascolto, leggerezza, luce) è un processo complesso che richiede molta pazienza. Ascolto il committente, perché una cosa bella dell’architettura è che si fa insieme agli altri, ma lo ascolto in maniera critica, facendogli capire e guidandolo in maniera molto rispettosa, su qualcosa che non conosce e che è il nostro linguaggio. Perché non si può essere architetti pretenziosi e chiedere a un cliente di capire immediatamente il perché delle nostre scelte progettuali e fare quello che noi diciamo a priori. Cerco di farlo innamorare di un’idea spaziale molto forte, da condividere, che ci guida durante tutta la fase progettuale e quella della costruzione. Credo che dobbiamo capire che ogni persona viene da una cultura e da un ambito diversi dai nostri ed è difficile raccontare una storia complessa come l’architettura in modo semplice. Si cerca quindi di instaurare un rapporto formativo in un percorso che gradualmente diventa sempre più complesso, ma che parte da un principio semplice, tipo l’esperienza più bella che ha fatto o la sensazione più bella che ha provato visitando un luogo.  

Oggi siamo circondati da un’architettura fatta di tante immagini, da contenitori che spesso risultano vuoti di contenuto. È complicato parlare di contenuti, perché nel momento in cui tutto deve essere immediato e semplice, è difficile comunicare tanta complessità. È facile, dunque, che l’architettura contemporanea diventi moda. Quando si guarda un’architettura e non si è architetti, difficilmente si va al di là della forma. Bisogna trovare il modo di far sì che la gente s’innamori di un contenuto, che è un fatto essenzialmente culturale. Ed è proprio questa la parola che secondo me dovrebbe ritornare un po’ più di moda. La nostra cultura è stata ridotta a un concetto troppo semplice, tra formalismo e immaginismo. E il problema grave è che il nostro mestiere non riesce più a farsi capire e a creare cultura con gli altri; vorrei che si parlasse di architettura non soltanto tra architetti. Questa è una cosa che mi interessa molto anche come atteggiamento da adottare in atelier: la comunicazione dell’architettura che superi il mondo dell’architettura.  

Infine, quanto detto sopra trova forse il suo senso compiuto nel concetto di tempo, fondamentale come dimensione, tanto che considero il tempo come la dimensione dell’architettura. Quando una buona architettura arriva nel mondo e diventa realtà, comincia a misurare il tempo in tre modi: misura il tempo cronologico, che scorre, quello che fa tendere l’edificio a diventare rovina; misura il tempo inteso come ciclicità della giornata – l’edificio sotto al movimento del sole che sorge e tramonta mette in scena una sinfonia di luci e ombre in movimento nello spazio progettato –; il terzo tempo che misura l’architettura è il tempo della persona che abita lo spazio, perché come una persona usa una casa fa sì che essa invecchi in una certa maniera o in un’altra. La prima sostenibilità dell’edificio è di chi lo abita, ed è un parametro che nessuno può controllare, se non la persona che vi abita.  

Il testo è tratto da una conversazione tra Lorenzo Guzzini e la redazione de l’architetto, luglio 2019

Crediti
Oggetto
Casa G
Progetto
Lorenzo Guzzini
Localizzazione
Como, Italia
Fase di progetto
2010 – 2013
Committente
Privato
Impresa
Balzarotti Srl
Dimensioni
Superficie 400 m²
Oggetto
Casa del Tè
Progetto
Lorenzo Guzzini
Localizzazione
Dizzasco, Como, Italia
Fase di progetto
2013 – 2015
Committente
Privato
Impresa
Bianchi Srl
Dimensioni
Superficie 100 m²
Oggetto
Casa Goma
Progetto
Lorenzo Guzzini
Localizzazione
Argegno, Como, Italia
Fase di progetto
2013 – 2018
Committente
Privato
Impresa
EdilStella Srl
Dimensioni
Superficie 320 m²
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Lorenzo Guzzini modello in gesso
Scorcio Casa G Guzzini
Pianta Casa G Guzzini
Sezione Casa G Guzzini
Vista Casa G Guzzini
Vista Casa G Guzzini
Scorcio Casa del Tè Guzzini
Dettaglio Casa del Tè Guzzini
Alcova Casa del Tè Guzzini
Pianta Casa del Tè Guzzini
Sezione Casa del Tè Guzzini
Vista Casa del Tè Guzzini
Vista Casa del Tè Guzzini
Vista Casa Goma Guzzini
Pianta Casa Goma Guzzini
Sezione Casa Goma Guzzini
Vista Casa Goma Guzzini
Vista esterno Casa Goma Guzzini
Zona giorno Casa Goma Guzzini