
Architettura e politica
Testo di Carlo Melograni
n.1 luglio/agosto 2018
Poco meno di un mese dopo lo scioglimento del Parlamento, è stata pubblicata il 5 febbraio 2018 la relazione sull’attività della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. Abbiamo chiesto a Carlo Melograni un commento sul rapporto tra urbanistica, architettura e politica e sulla bontà dell’indagine svolta
La fievole debolezza con la quale i nostri architetti e urbanisti richiedono quegli interventi politici che sarebbero necessari è riprovevole, ma la diserzione della politica in questo campo è imperdonabile. Tanto più, merita di essere giustamente molto apprezzato un segnale positivamente orientato in senso opposto. La relazione della commissione d’inchiesta presieduta da Andrea Causin e composta da una trentina di membri, affidata al deputato segretario della commissione Roberto Morassut, è stilata in due volumi: uno contiene la documentazione prevalentemente fotografica dei casi presi in esame; l’altro, con più di ottocento pagine, il resoconto delle indagini svolte.
Pur nella ristrettezza del tempo del suo lavoro – più o meno un anno – la Commissione ha compiuto un’analisi puntualmente approfondita delle situazioni di nove nostre città metropolitane (tra le quattordici nelle quali vive più di un terzo della popolazione italiana). Situazioni tra loro molto differenti, di cui ha rilevato con precisione le specificità dei problemi che ponevano singolarmente e ne ha prospettato di volta in volta soluzioni appropriate, senza però lasciarsi invischiare nei particolari dei casi esaminati. Anzi, ha saputo costantemente ricondurli nel quadro generale dei fenomeni indotti dalla globalizzazione nella trasformazione delle città del nostro continente. Tanto è vero che la Commissione si è convinta della necessità di considerare centrale una complessiva questione urbana.
Era necessario – riprendiamo una frase della relazione – se si voleva cogliere la profondità e il carattere strutturale di problemi e difficoltà di natura sociale, economica, urbanistica e culturale, non limitati, come spesso si fa genericamente, alle periferie … È una correzione necessaria non solo perché il degrado è anche diffusamente penetrato all’interno di alcuni centri storici – per esempio nelle città portuali di Genova, Napoli e Palermo – o perché in alcune città metropolitane trasformazioni radicali hanno investito piccoli comuni vicini ma distinti dal capoluogo. La ‘rigenerazione della periferia’ si sarebbe dovuta attuare con interventi da considerare non straordinari ma ordinari, compresi in un insieme complesso di azioni, da quelle per ridurre la disoccupazione giovanile ai piani della sicurezza. Con quest’ultimo occorreva impedire le occupazioni abusive di immobili, che generavano infiltrazioni della malavita e diffusione dello spaccio di droga. La Commissione mette in evidenza quante siano nella vita delle città le attività di competenza di istituzioni pubbliche, dalla realizzazione e gestione di infrastrutture, reti stradali, parchi, attrezzature per servizi di ogni genere, alla ricerca di soluzioni innovative per residenze e per case speciali destinate a studenti, anziani, immigrati. Azioni che hanno bisogno di essere incrementate e pianificate affidando pienamente alla mano pubblica il controllo rigoroso delle trasformazioni dell’ambiente che abitiamo.
Nel corso dell’inchiesta, così ricca di notizie, osservazioni, valutazioni e proposte pertinenti, sono stati convocati e ascoltati numerosi comitati e associazioni che hanno riferito esperienze ed esigenze degli abitanti; se non mi sbaglio, non è stato fatto altrettanto con i progettisti che si sono occupati di insediamenti periferici e con i dirigenti di enti che li hanno realizzati e gestiti. Una differenza che si potrebbe interpretare ancora come un sintomo della divaricazione tra architettura, urbanistica e politica. La relazione della Commissione è stata pubblicata quando il parlamento era stato sciolto. Quasi un lascito per coloro che sarebbero stati eletti e per i governi che sarebbero venuti successivamente. Spero che venga accolto e che non resti lettera morta. Considerando però le difficoltà della politica e – come ben notato da Goffredo Buccini in un articolo apparso lo scorso 19 maggio sul Corriere della Sera e dalle proteste di Andrea Causin – la quasi totale assenza della ‘periferia’ all’interno del contratto di governo recentemente stilato, ci sono tutte le ragioni per temere che i problemi della questione urbana non siano affrontati con urgenza, che è condizione necessaria per trovarne una soluzione.


