
Alberi e numeri i giardini della soprintendenza
Testo di Attilio Stocchi
n.1 luglio/agosto 2018
Un percorso, composto da due episodi intimamente legati tra loro, che guida il lettore attraverso un progetto di paesaggio urbano contemporaneo nel centro di Milano. Il primo rinsalda il sodalizio tra natura e spazio antropizzato, mostrando come tramite una precisa metodologia di disegno si possa ottenere armonia tra ambiente e costrutto umano. Il secondo dimostra come il lavoro sapiente dell’architetto, in stretta collaborazione con la Soprintendenza, sia in grado di rimettere in moto spazi di scarto, apparentemente abbandonati, restituendo alla città una nuova occasione di esperire appieno uno spazio che Brera e i suoi abitanti avevano dimenticato.
Deus Sive Natura
Ombre che stanno per nascere
Amo
Amo le piante.
Amo la forza della loro vita che viene da lontano, molto lontano.
Amo i loro nomi, scelti per descrivere qualità, aspetto o proprietà: Impatiens – per il disperdersi dei semi appena maturi; Vinca – per i sottili rami adatti a legare; Gladiolus (piccolo gladio), ecc. Fondamentale conoscerne il nome: ‘Nomina si nescis, perit et cognitio rerum’, insegnava Linneo Amo l’ombra che producono: il ‘sub tegmine fagi’ virgiliano.
Conosco
Ho imparato a conoscerne le differenze e la difficoltà di accostare i loro colori: i verdi – contrariamente alla vox populi – stanno raramente bene insieme: mai accostare il blu grigiastro degli ulivi ai verdi smeraldi dei ligustri; la forma delle foglie (quella dell’olmo piccola e seghettata, stona con quella robusta e invadente dell’ippocastano); la struttura dei loro tronchi (il fusto del bagolaro si sposa male con quella a placche del platano).
Ossigeno
Ogni qualvolta devo iniziare un progetto – per non farmi sopraffare dai problemi contingenti del cantiere (scadenze, vincoli economici, normative…) parto dall’ossigeno che le piante possono generare. Ascolto. E prendo tempo. Sia che le piante si trovino dentro l’area del cantiere, sia se possono costituire un bersaglio da traguardare, sia se nel ragionare se ne possono aggiungere altre. Parto per così dire a ritroso: da chi è più vecchio, da chi è venuto prima – su questa terra –.
Numero e nominio
Se le piante ci sono già, fisso a ogni albero una targhetta con un numero. E genero una semplice tabella: A20 Sambucus nigra, A21 Fraxinus excelsior, A35 Acer saccharinum…
Relazioni
Per diverse settimane cerco di ricordare il numero, il nome e memorizzarne posizione e distanze: A10 è vicino al muro perimetrale; A5 dista da A4… di circa 7 metri?
Creo trilaterazioni non per generare un rilievo, ma per stabilire amicizie tra alberi.Tutto questo mi aiuta anche per trovare un passo, un ritmo. Un incipit.
Alberi a Milano
Gli ultimi due progetti per Milano – permanenti e non effimeri – prendono le mosse da questo ascolto dell’albero. Nel padiglione Umbracula si è trovato un piccolo spazio, quasi abbandonato, a lato del Palazzo della Triennale. E attorno, quasi perimetro interno di sette alberi, ho disegnato un volume a forma di ellisse a lambirne i tronchi.
Nella Collina di Ermes in Palazzo Citterio elemento fondante è stato il desiderio di rispettare le piante esistenti e di creare attorno a loro degli spazi propri, quasi dei recinti. In un gioco di moltiplicazione, agglutinazione, questa forma di geometria/rispetto è divenuta disegno di ala, o fors’anche carapace di tartaruga: simboli entrambi di Ermes. E ho aggiunto quelle essenze che potessero entrare in risonanza con il mito del dio greco dal quale prende le mosse il progetto: allori, anemoni, ellebori, acanti e caprifogli.
Natura
La parola ecologia è così abusata da divenire stucchevole – e poi eco / oikia (da cui economia) vuol dire casa: termine che a me sembra non appropriato nel voler rappresentare un rapporto tra uomo e ambiente. La parola sostenibilità poi è davvero insopportabile e quasi sempre nasconde un brutto progetto. Amo la parola natura, participio futuro del verbo nascere che sprigiona la forza del regno vegetale e animale: emblema di qualcosa che vuol iniziare vivere.








