Ragù della domenica: chef Barbieri mette questo ingrediente solo alla fine

Il segreto del ragù perfetto secondo Bruno Barbieri: il tocco finale che lo rende stellato.

Profumo di domenica, di cucina che abbraccia. Il ragù alla Bruno Barbieri è molto più di una ricetta: è un rito. E ogni rito ha i suoi segreti. In questo caso, il segreto non sta solo nella lunga cottura o nella scelta della carne, ma in quel tocco finale che trasforma un sugo in un capolavoro. Il cuore della preparazione è fedele alla tradizione emiliana, ma con alcune accortezze suggerite dallo chef Bruno Barbieri. Si parte con polpa di manzo macinata grossa, circa 400 grammi e pancetta fresca di maiale tagliata sottile. A dare struttura al soffritto ci pensano cipolla, carota e sedano in dosi uguali (60 grammi circa per ciascuno), tritati finemente e stufati lentamente in olio extravergine d’oliva.

ragù bruno barbieri
Ragù a prova di chef stellato: la ricetta di Bruno Barbieri

Quando il profumo inizia a diventare avvolgente, si aggiunge la carne. La regola d’oro? Farla rosolare senza fretta, fino a quando non prende un bel colore dorato. A quel punto, si sfuma con un bicchiere di vino rosso o bianco, lasciando evaporare l’alcol. Subito dopo entrano in scena la passata di pomodoro (200 g) e un cucchiaio di doppio concentrato, diluiti con un mestolo di brodo leggero, vegetale o di carne. La fiamma si abbassa, il coperchio si inclina e il tempo inizia a fare la sua parte: almeno due ore di cottura a fuoco dolce.

Carne giusta, scelta consapevole: il ragù di Bruno Barbieri spiegato passo passo

Tradizionalmente, a Bologna si usava la “cartella”, il diaframma del manzo, oggi raro da trovare. L’alternativa? Tagli anteriori ricchi di collagene: muscolo, spalla, sottospalla, pancia, punta di petto. Da usare anche in combinazione, per un sapore più pieno e una consistenza avvolgente. Quando il ragù è pronto e il fuoco è spento, arriva la parte più magica. Lo chef Barbieri consiglia di aggiungere un bicchiere di latte intero, per smorzare l’acidità del pomodoro e rendere il sugo vellutato. Ma non è finita qui.

 

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Una noce di burro, fatta sciogliere dolcemente nel calore residuo, regala una cremosità avvolgente. E poi il colpo di scena: qualche foglia di salvia fresca, da lasciare in infusione per un minuto appena. L’aroma è profondo, ma non invadente. Per chiudere, una grattugiata di noce moscata, il profumo inconfondibile che fa la differenza. Questo non è un semplice ragù: è un concentrato di memoria, tecnica e amore. Ogni passaggio ha il suo perché, ma sono le aggiunte finali a fare la magia. Un burro che si fonde, una salvia che profuma, una spezia che accarezza il palato. Il risultato? Un sugo da applausi, a prova di nonna e di chef stellato.

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