Robert De Niro in Joker: la leggenda che trasforma un cinecomic in grande cinema.
Oggi, 13 maggio 2025, Robert De Niro riceve la Palma d’Oro onoraria alla carriera durante la cerimonia d’apertura del Festival di Cannes. Un momento simbolico per la settima arte, ma anche l’occasione perfetta per riscoprire una delle sue interpretazioni più sottili e sottovalutate degli ultimi anni: Murray Franklin in Joker (2019). Un ruolo che, a prima vista, potrebbe sembrare secondario. Ma basta grattare la superficie per scoprire un piccolo capolavoro di citazioni, rovesciamenti e raffinatezze narrative. Perché quando De Niro entra in scena, anche un film già forte come Joker cambia pelle.

Murray Franklin è il conduttore di un popolare talk show televisivo. Apparentemente gentile, rassicurante, quasi paterno. Ma sotto quella patina di empatia si nasconde il volto più lucido (e crudele) del sistema mediatico. È lui che, con una risata sprezzante in diretta, spezza definitivamente l’equilibrio mentale del protagonista Arthur Fleck (Joaquin Phoenix). E proprio qui sta il colpo di genio: De Niro interpreta l'idolo, colui che rappresenta il successo, il modello. Ma anche il giudice, lo specchio deformante che riflette la frustrazione di un outsider. Il suo Murray non ha bisogno di urlare o aggredire. Basta una smorfia, uno sguardo, per far crollare tutto.
Un cerchio che si chiude con Scorsese: guarda Joker e il ruolo chiave di Robert De Niro
La presenza di De Niro in Joker è molto più che una semplice partecipazione d’onore. È una citazione colta e voluta di due capolavori firmati Martin Scorsese: Taxi Driver (1976) e Re per una notte (1982). Nel primo, De Niro era Travis Bickle: un tassista solitario, alienato, perso nella giungla urbana. Nel secondo era Rupert Pupkin: un comico frustrato, disposto a tutto pur di ottenere 15 minuti di gloria. In Joker su Netflix, De Niro diventa il volto rispettabile che i suoi vecchi personaggi avrebbero sognato di essere. E che ora, ironicamente, subiscono il contraccolpo della rabbia sociale che lui stesso aveva incarnato. Un passaggio di testimone simbolico e potente. Dall’outsider al bersaglio, da chi urla nel vuoto a chi subisce l’urlo.
La scena del talk show è il climax emotivo di Joker. Un faccia a faccia che mescola cinema, teatro e psicologia. Due generazioni a confronto: da un lato, il metodo rigoroso e misurato di De Niro. Dall’altro, l’approccio istintivo, viscerale di Joaquin Phoenix. È uno scontro reale e simbolico. Un duello che incolla allo schermo e trasforma la narrazione. Perché senza quella scena, senza quel De Niro, Joker non avrebbe avuto la stessa potenza. Chi ama il cinema classico troverà in Murray Franklin un elegante gioco meta-cinematografico. Ma anche chi cerca solo un film coinvolgente e visivamente potente resterà colpito da quanto Robert De Niro riesca a elevare l’intera produzione con pochi, centellinati gesti. In un’epoca in cui il confine tra blockbuster e cinema d’autore si fa sempre più labile, questa interpretazione è la prova che una grande recitazione può fare la differenza. Che anche nei cinecomic può vivere l’anima del grande cinema.