Ha sfidato Hollywood e fatto infuriare la Cina: su Netflix il kolossal più discusso con Matt Damon

Su Netflix un film che doveva cambiare il cinema, ma che ha acceso una tempesta culturale tra Oriente e Occidente.

Netflix: un cast internazionale, una leggenda cinese e un’eredità bruciante

Matt Damon guida un esercito d’élite sulla Grande Muraglia per combattere mostri millenari. Non è una metafora. È The Great Wall, kolossal da 150 milioni di dollari. Il film è su Netflix. Riscoperto dal pubblico, discusso dalla critica, amato da alcuni e respinto da altri. Ma dimenticarlo è impossibile. Alla regia c’è Zhang Yimou, maestro del cinema cinese. Ha diretto capolavori come Hero e La foresta dei pugnali volanti. Qui firma il suo film più ambizioso.

Accanto a Damon, nel cast ci sono Pedro Pascal, Jing Tian, Willem Dafoe, Andy Lau e Zhang Hanyu. Una squadra globale, costruita per conquistare il mondo. Ma il mondo non si lascia conquistare così facilmente.

Netflix
Matt Damon in The Great Wall

The Great Wall racconta di due mercenari europei che cercano la “polvere nera” in una Cina antica e leggendaria. Ma si ritrovano in mezzo a una guerra contro i Taotie, creature mitologiche assetate di carne umana. La Grande Muraglia non è solo pietra. È un confine tra civiltà e caos, tra coraggio e distruzione. Ed è qui che Garin, l’arciere interpretato da Damon, diventa eroe.

Tra polemiche, flop e verità scomode: perché oggi The Great Wall va visto

Il film ha ricevuto critiche durissime. Damon finisce al centro della polemica. Perché un americano a salvare la Cina? si chiedono in molti. E questo sarebbe solo uno dei problemi. The Great Wall incassa 335 milioni di dollari ma non copre i costi. Hollywood tira il freno. La Cina si sente tradita. E il sogno di un cinema globale sembra svanire. Ma oggi, rivederlo su Netflix, ha un altro sapore. Perché dietro gli errori c’è una lezione. Una riflessione su come raccontare storie che parlino a tutti, senza perdere l’identità.

Le creature del film, i Taotie, sono ispirate alla mitologia cinese. Ma diventano alieni generici. La Muraglia è digitale. E la narrazione è spesso ingabbiata dai cliché di Hollywood. Ma c’è anche epica visiva, battaglie mozzafiato, costumi spettacolari, musiche che pulsano. E un messaggio che resta: serve più rispetto tra culture, più ascolto e meno imposizione. Nonostante tutto, il film ha aperto una strada. Ha anticipato coproduzioni come Kung Fu Panda 3, Warcraft e Mulan. E ha reso evidente il ruolo crescente della Cina nel cinema globale.

Oggi, a quasi dieci anni dall’uscita, The Great Wall torna a parlare. A modo suo. Con i suoi difetti e i suoi sogni interrotti. Ma con un coraggio raro: quello di osare. Guardarlo ora non è solo intrattenimento. È un tuffo in un’epoca di transizione. È capire dove il cinema ha sbagliato. E dove può ancora andare. Matt Damon, con il suo arco e i suoi dubbi, non salva la Cina. Ma forse ci aiuta a vedere il futuro con occhi diversi.

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